giovane critica - n. 24 - autunno 1970

Dalla « dichiarazione II di Pio Baldelli di fronte al Tribunale di Milano Ho accettato di assere dlrenore responsabile dl tona ;. conti,..• perché le vigenti leggi Italiane sulla stampa Jinpangono come responsabile un professionista Condivido l'Impostazione dal periodico. pur non avendo partecipato alla redazione del vari articoli comparsi nel tempo dalla mia dlr&llone. In p.11rl/colare,non ho parta.:lpato In alcun modo ella redazione del singoli articoli su Plnelli a la sua mor1a, ma sono d'accordo sulla posizione assunta. Per Il se. gUflnt9 motivo: la versione ufficiale del falll risulta assolutamente Inverosimile. Al sulci.j d! Plnelll non crede nessuno: PlH' numerose ragioni, tra c~ - la figura e il p.11ssatodi Plnelll: la sua biografia politica è nota e verificata: è la biografia di un militante che ha sem• pra lottalo per g!I Interessi della classe operaia; - l'Innocenza legata all'alibi: gli lnauirenti proclama,ono che l'allbl ara franato. e Invece alle prova del falli l'alibi ha di una persecuzione privata. di un con1O personale fra un gruppo di mll11&ntel un commissario di polizia o certi sgenti, ma dl Impedire (n ogni modo che un momento primario di una trama politica feroce venisse messo In disparte, cadendo nell'Indifferenza e nell'Inerzia dell'opinione pubblica. Per que sto scopo si possono correre, come accusati. anche dei rischi personall, cercando la coerenza tre le cosa che si dicono e le cose che si fanno La morta 1'.\finelli svela, dunque. un momento partlco• larmente slgniflc~l~o della lotta di elesse che si combaue oggi nel nostro paese. e diventa un sintomo tragico della violenza proprie del sistema basato sulle leggi del proli!to Tale sistema di potere tuona da ogni pulpito contro la violenza, ma vive praticando quotidianamente quelle vlolenza clas• siste che torchi• e degrada l'uomo dell'Inizio al termine del• l'esistenza. Il potere di classe la violenza con gli armamenti, ratto aaldamente: --------. - le pluralità di dichiarazioni contraddit• !a guerra. le galera e la tortura. ma an• che con I poter! della cultura prenolata. torla del funzionari di polizla: 24 con l'Impiego bugiardo da! meul di In - l'orlenlamento palesemente prestabl· 111o ad Incolpare a precipizio gU anar. chlcl lttU1nl: - l'nclualone della difesa dalle lnda• glnl. Oua■ tt lnveroslmlgllanza ha fallo ,eapfll(llra dai gran patta dell'opinione ~. a IIOI\ 1010 In Italia, la varalo- • dal aulcldlo. Ne c:on•egue che a .... prooaeeo non "PPNIHnto 1ltro .... - VU:I, una IHllmonlanza fra - di qwallll coaclenza polltlc:e di giovane critica formazione. con ~elezione nella scuola, con la rapJJffSaglla e l'esclusione. con gli •omicidi bianchi• nel campo del lavoro, con lo sfruttamento, Il rauismo. l'Invasione colonlatlsUca e neocòt!inlall• stica, con l'Ingiustizia praticata col CO· dici e senza I codici, con l'uso • neu• 110 • della scienza e delle tecnologia, predicando le dlfterenze sociali come AUTUNNO 70 ... ......,. circ:e la morta di Plnelll. .. ---,evnlaua dalla ucclalone di Plnalli a'inquadre, neces• .......... In Uni 1Pl&11Hl0ne pollllcll. coma le IHB&te di un ....._ Dttsttl bi mor1a di Plnelll costltultce l'anello debole • - ..,...,.. vloltnta Jnternulonale. • IDlla .W llllllll8llto dqll ettentttl, la perfe11one tee- .._ dli dllPOlltlvl a la prepar■zlone operativa cha --■tr.lD gll H8CUIOrl, la • cop1rtu11 • prapa• • • un'orgin~• cha facci■ capo ella ....... , ttc~JfliilliNI poUHcl , decltlona JIII' ,,......,. la •■11'11(11, poi non compl8+ lii --- OOIIINto I IIIOIM dell1 morte 111rchltcl Oluaappe 1'11111E11. anche l'acçe,. .... P IIIOMII• lnortmlntto, mediante llrtlcoll IU IIUtl1ID areomento. Non al trattava necessarie disuguaglianze di biologia Ml trovo dunque qui. al rendiconto del tribunale. perché sono persuaso che l'Intellettuale - lnsegnanta o scienziato o giudice o prete o allro che sia - possa essere utile oggi alla causa dalla giustizia solo riconoscendo la Identità della sua situazione con quella delle classl oppresse e Impegnando la sua cosclonza politica ad snallzzare questa sltunzlone di violenza quotidiane e a partecipare alla sua tmsformnlona ri· voluzlonarla La condizione base che conseote l'esercizio plano della giustizia consiste. Infatti, nell'abolizione dello sfruttamento Par noi Plnelll significa ! proletari e Il raggiungimento di un livello maturo di coscienza da parte della elesse operala. Sa• 111, la crescita e la duraua dello scontro di classe o BO!· lrarre Giuseppa Pinelll alla dimenticanza In cui lo si vorrebbe .eppeHlre un'altra volta Pio hldeltl

1. Poche parole sulle ragioni dl questo numero. l'inter• ven10 di Vittorio Foa è stato da noi sollecitato affinché. dopo Reggio e dall'interno del movimento operalo or• ganlzzato. egli ci rispondesse su un tripllce ordine di temi: 1 I fatti di Reggio costituiscono un campanello d'allarme per Il movimento operaio. Qual è stato il significato politico dell'atteggiamento del Pci e In quale suo quadro complesslvo si colloca? 2 IO anni fa. aprendo Il n. 1 dei Quaderni rossi, tu indicasti, Innovando sulla prassi largamente maggioritaria del movimento operalo. un'omogeneità di segno e di obiettivi tra le lotte del nord e le lotte del sud. In che senso va riaffermata cggl quella proposizione? 3 Cosa pensi del giudizio espresso da alcuni gruppi minoritari secondo I quali I fatti di Reggio sono 01T:ologhlai fatti del 1905 in Russia: un prete alla testa di questi ultiml. del fascisti .illa testa della rivolta di Reggio? 2 La rubrica .. classe teoria partito • si divide In due par• ti. Ull prima. dedicata al rapporto tra Istituti di potere 1 e direzione politica complessiva nell'esperienza storica e nella prassi attuale del movimento operalo. è stata interamente organlzzeta e redatta dal Centro Studi Marxisti di Roma, e 9iù precisamente dgl compagni Silvano Andrlani. Edy Arnaud. Franco Bonifazi, Santina Caria. Carlo Cicerchia, Fabrizio D"Agostini, Giovanni Della Seta. VeHa Di Pietra, Pino La Barbera, Vanni Plerlnl, Giselda Rosati, Luisa Rosati, Franco Scarnati. Ad essa si collega Immediatamente 1'artlcolo di Franco Russo. Articolo che da noi era stato sollecitato come recensione al recente libro di Claudio 01 Toro e di Augusto I11umlnati. Mentre pero condividiamo appieno le critiche rivolte al'impostazlone del libro del due compagni romani, dissentiamo da Russo quanto alla natura delle critiche rivolte al Manllesto: critiche che giudichiamo pleonastlche nella loro sostanza teorica e malevole nella loro sostanza politica. La slima che abbiamo di Russo cl ha comunque Indotti a lasciare l'articolo. secondo I suoi desiderata, cosi com'è. la seconda parte, purtroppo risultata plU scarna di quanto non fosse stata progettata, è Invece dedicata agli attuali sviluppi politici del Psiup. Non condividiamo l'atteggiamento di altri compagni cho attendono con animo un po' da becchini che Il Pslup esali l'ultimo sospiro. A noi sembra difatti che questa morte sorebbe gravida non solo dell'ignavla di alcunl dirigenti. ma di Irrisolti problemi reall della sinistra itallana. di una sua non avvenuta chiarificazione. L'articolo del compagni di Piacenza offre Il quadro complesslvo del lavoro di una • Federazione mllltante •· l'articolo di Asor Rosa offre Invece al dibattito che speriamo poter continuare. alcun! temi strategici generai!. 3. Il dossier su lotta continua è un vero e proprio • documento •. Credo siano fin troppo evidenti i motivi del nostro dissenso nei confronti di Lotta continua. Le 08· servazioni di Della Mea. che talvolta retticano di almeno 180' il discorso originario di Lotta continua, cl sembrano molto importanti. Restano. certamente, dentro un'Impostazione generale di cui. ripetiamo. non condividiamo due o tre presupposti iniziali (primo fra tutti quello secondo cui Il Pcl. il Psiup e I sindacati siano l'arma pili raffinata in mano alta borghesia). 4. Da quanto detto sopra credo risulti chiara l'ambizione attuale della rivista, la sua fisionomia non univoca ma individuabile. Un terreno non neutro su cui si confrontano un campo di forze e un arco di problemi. Altre soluzioni, tipo formulare dei peana in onore di quella o quell'altra famlgllola politica o Il dotto pensatoio che elabori per non si sa chi. ci sembrano soluzioni politiche e pubblicistiche Insostenibili quando non ridicole. 5 E da ultimo. chi paga cotanto senno? Credo dovrebbe dirsi in testa a qualsiasi pubblicazione. anche se di 1 estrema sinistra e per scansare equlvocl. E' presto detto Nessuno degli autori è pagato. Gratuiti. ovviamente. I 45 giorni di lavoro a tempo pieno dello scrivente. buoni i prezzi tipagraflcl • merldionall •. All'attivo abbiamo non un solo abbonamento sostenitore; un numero di abbonati che va riducendosi. probabilmente a causa del lungo lasso di tempo che Intercorre fra un numero e l'altro: un contributo annuo della Presidenza del Consiglio del Ministri di L. 96000. detratte tasse: cospicue vendite in libreria malgrado il riflusso generale che sta subendo una certa pubblicistica di sinistra. Tali vendite ci permetterebbero di arrivare a pagare la tipografia e le spese di spedizione. Questo se tutte le librerie pagassero e pagassero dentro llmlti di tempo ragionevoli e non anche più di un anno dopo la fatturazione. Questo numero perciò non sarebbe uscito: non per mancanza di .- eroi •, ma per mancanza del • poi •. I denari contati. Se Invece esce lo dobbiamo a un uomo che penso meriti di figurare - non tanto per Il gesto ma per la sempllcltll, con cui l'ha fatto - nella orlma pagina di Giovane critica. Quest'uomo è mio padre. -1

Certo. vicende come quella di Reggio Calabria lasciano segni profondi dentro di noi (per • noi. intendo la sinistra tradizionale cui appartengo). tante e cosf grosse sono le cose rimesse in discussione. La via democratlca e pacifica alla so• luzione dei problemi meridionali è come annichilita da un moto che ha portata insurrezlonale; gli obiettivi tradizionali del movimento operaio (nforma agraria e industrializzazione) sono soverchiati da obbiettivi teoricamente risibili. come quello del • cai><> luogo • regionale. eppur sostenuto da una grande partecipazione popolare: l'ente regione. vantato come nuovo e decisivo strumento di mediazione fra l'individuo e Il vecchio Stato oppressore. si rivela decrepito non appena venuto al mondo, e cosi via. Non è esagerato parlare di una grave nostra sconfitta. del resto già anticipata a Battipaglia, di una crisi profonda delle organizzazioni di sinistra che hanno lasciato nelle mani di una destra clientelare e fascista gll strumenti essenziali della protesta e della lotta popolare. Ma quale è la lezione dei fatti, l'insegnamento che ne viene ricavato? Anche se forse è presto per un discorso approfondito. qualcosa si può già vedere. Il discorso riguarda in modo premlnente il partito comunista che, fin dalla sua nascita. è la forza che ha dato il maggior contributo alla elaborazione di una politica meridionalistica della classe operaia. Il partito • reagisce •. riconosce il rovescio subito, cerca di analizzarne i moventi, riaffonda lo sguardo nelle condizioni della città e della campagna e Individua linée di azione, come dimostrano gli articoli di Alfredo Relchlin su Rinascita, la sua relazione al comitato centrale del 19 ottobre e lo stesso convegno di Palermo del quadri comunisti meridionali. Relchlrn parla correttamente di nostra responsabilità per non essere riusciti a spezzare Il legame subalterno fra masse e sfruttatori e rlcorda che • la miseria e la disgregazione del Sud non sono solo Il prodotto di una dimenticanza antica ma 2Dopo Reggio di Calabria derivano dall'attuale intervento politico ed economico del capi· talismo monopolistico di Stato •. Affermazioni importanti In un contesto politico che ha quasi sempre visto nel capitalismo di Stato (partecipazioni statali per l'industria ed enti di sviluppo per l'agricoltura) lo strumento preminente per la soluzione della questione meridionale. La critica nei confronti del capltalismo di Stato non è piU solo una critica tecnica. relativa agli strumenti adottati, ai modi di Impiego e agli obbiettivl dello sviluppo (Incentivi o investimenti diretti, servizi o beni. settori di base o manufatti. rapporto capitale-addetto eccetera). ma lo In• veste come tale. cioè come capitalismo. nel quale (e non nella carenza di capitalismo) viene Identificata la fonte del sottosviluppo. Reichlln non si limita quindi a una faclle condanna della destra eversiva e del suoi complici romani, ma riconduce la rivolta alla politica generale (e quindi anche meridionale) del gruppi dirigenti e dei loro governi e quindi. In sostanza, alla politica di concentrazione finanziarla e Industriale al nord. E con riferimento a questa politica Reichlin denuncia nel decreto congiunturale (Il • decretane •l uno specifico strumento di oppressione del mezzogiorno per Il potente aiuto che esso fornisce ai processi di concentrazione. Infine le proposte positive sono Interessanti anche quando, come nel caso dell'oblettlvo dell'occupazione, appaiono vaghe e bivalenti. Ma nuovo è il discorso sull'autogoverno come organizzazione della lotta, sul • nuovi Impulsi • richiesti per l'organizzazione del partito e delle organizzazioni di massa. sulla ricerca di elementi unificatori della lotta. La prima domanda che si affaccia di fronte a nuove rlfles• slonl e nuovo llnguagglo è quella delta loro compatlbllltà con la linea politica generale. In che misura la proposta politica di cambiare • segno • alla rivolta merldlonale, di lavorare per met• tere un segno di e.lasse al posto del munlclpalismo reazionario.

si concilia con un quadro generale di mediazioni Interclassiste al livello statale? Sorge subito il dubbio che in quel quadro generale una proposta di dislocazione degli obbiettivi si risolva in una pura e ·semplice Uquldazlone del movimento, non di quel movimento, ma del movimento In generale, Con la rottura eversiva dl Reggio Calabria la borghesia locale, non senza preelse connessioni con forze politiche centrali, ha cercato di egemonizzare te masse scatenandole contro lo Stato e vi è riuscita, fuorviando quindi gli obiettivi di classe, e ciò al fine di affermare e di consolidare Il proprio potere locale nei confronti dei lavoratori e in quelli del concorrenti borghesi. Ma questo tipo di operazlone può riuscire a strumentalizzare a fini conservatori gli stessi partiti operai, sollecitati a combattere l'eversione di destra ricorrendo agli strumenti dello Stato. Il risultato pit) amaro di tutta la vicenda può essere proprio il concorso della sinistra per riconvogliare nell'alveo dello Stato. solo apparentemente contestato. Il movimento di fondo. La debolezza delta politica della sinistra si manifesta non solo nello spazio lasciato all'i• niziativa della destra, ma anche nel suo contributo oggettivo e lnvolontar\o a ricomporre la tradizionale autorità dello Stato, autorità di classe, autorità storicamente nemica e oppressiva. Colpisce l'apparente fatalità di questo processo subalterno del movimento operalo, o almeno l'estrema difficoltà di contrastarlo, difficoltà le cui radici non sono certo in Calabria ma nella politica generale. In proposito sembra del tutto fuori luogo il trionfalismo con cui gll eventi di Reggio sono esaltati da sinistra, per esempio da lolla Continua. Non basta un fatto di lotta per qualificare un movimento, e neppure basta un fatto di lotta conlro lo Staio. Quando lo Stato viene attaccato non in quanto strumento di oppressione di classe, ma per conto della borghesia agraria e burocratica al fine di averlo pili docile al proprio servizio, si dà solo un aiuto alla borghesia. l'Ipostasi dell'urto diretto, indipendentemente dal contesto storico-sociale. porta all'Incapacità di discriminare in tema di violenza, cosi come l'Identificazione di singoli episodi di lotta con l'intera classe operaia porta a non vedere le contraddizioni, sia pure Indotte dal capitale, nelle quali la classe operala si trova ad agire, Ma la stessa lotta Continua aveva scritto. sul convegno di Vibo di fine settembre: • l'assemblea popolare appare uno strumento utile di organizzazione e di decisione, nella misura in cui al suo Interno è chiara la direzione proletaria •. l'accenno polemico verso il sindacato, che traspariva da quel testo, non potrebbe tanto plU valere quando la "direzione" è nelle mani del vescovo, dell'agraria. della burocrazia parassitarla? Forse che Reggio non ha riproposto drammaticamente la necessità di verificare 1e stratificazioni sociali urbane, le vlrmalltà di coa• gulazlone reazionaria del ceto medio, le sue capacità egemoniche nel confronti del popolo, la stessa struttura del popolo In una situazione di estrema esiguità della classe operaia urbana? l'Identificazione di proletario con combattente e il trtonfalismo Ininterrotto non fanno fare un solo passo avanti alla classe operaia. Anche cardinal Ruffo aveva con sé il popolo - contadini calabresi e lazzari napoletani - ma Il suo trionfo fu una reazione sanguinaria. Sul piano nazionale è in pieno svolgimento una operazione riformistica di lungo respiro da parte della grande borghesia Industriale e finanziaria. Il quadrilatero del potere monopolistico privato e pubblico - Flat, Pirelli, lri ed Eni - aveva manifestato In primavera delle Inclinazioni di marca reazionaria, di fronte al perdurare della tensione nelle fabbriche. Ma la situazione si è chiarita nel corso dell'estate, con la formazione del governo Colombo, • aperto • a sinistra come lo fu il governo Fanfani prima dell'ingresso del socialisti net governo Moro. e questa volta • aperto .. ai comunisti e pieno di riconoscimenti verso i sindacati. la scelta del grande capitale per una (pur graduata e controllatissima) apertura a sinistra, sempre tenendo a portata di mano una operazione di desl'ra (che gioca come riserva strategica e al tempo stesso come strumento di ricatto verso le sinistre) va forse ricollegata a valutazioni capitalistiche sulla urgenza di una ristrutturazione industriale. sotto la pressione di Impulsi interni e Internazionali. Si tratta di ritardi da colmare sul piano tecnico e ancor piU su quello organlzzativo aziendale e della divisione nazionale e internazionale della produzione. ritardi che la lotta stndacale degli ultimi tre anni ha messo in luce. Questa operazione riformistica non ha evidentemente nulla a che vedere con una poUtica di riforme. Essa si configura come un programma complesso, molto affidato alla esperienza pratica, ma centrato all'Ingrosso su due elementi. Il primo è una razlonalizzazione della spesa, esigenza assai sentita dalle masse lavoratrici, specie per quel che riguarda la spesa edilizia e quella sanitaria, ma anche assai avvertita dai gruppi capltalistlcl plU avanzati, che denunciano il divario fra razionalità delrim• presa e Irrazionalità delt'ammlnislrazione pubblica e che sanno per esperlenza che In ultima anallsl Il costo dei disservizi sociali finisce per ricadere sulla produzione (come compressione del salari e conseguente tensione sociale). Il secondo elemento è quello della stabllità nell'esercizio produttivo. cioè del riprJ. stlno nelle Imprese di una nonnalità che non vuol dire neces. sariamente mancanza di lotte, ma vuol dire livello quantitativo di lotta e tipo di lotta che non mettano In discussione Il potere padronale: un certo margine di lotta non solo è consentito ma può persino apparire conslgllebile, come scarico della tensione operaia, come • collaborazione confllttuale • che significa una dlsciplina della lotta. Cosi nella struttura come nella soprastruttura, cioè nel rap. -3

porti dello schieramento pohuco. la carattenst1ca principale del nuovo nform1smo è proprio l'organizzazione del dissenso. A differenza dal riformismo d1 settanta anni or sono, quando la borghesia progressista, sotto la guida dt G1olitt1, sollecitava un appoggio aperto de, socialisti. o differenza anche dall'apertura al partito sociahsta di Nenni che portò at governo di centro. sinistra, oggi si collabora concordando il modo d1 fare l'opposizione. Questo spiega perché è declinata ia prospettiva • con• ciliare • tanto cara alla sinistra DC. cioè l'accordo diretto Ira democnsttanl e comunisti. e s1 è invece sempre pili affermato il partito socialista 1t&hano la cui mediazione è necessaria proprio nella misura in cui è necessaria un'opposizione che sappia collegare Il governo del paese a1 movimenti delle masse. Non pili dunque la prospettiva di una nuova maggioranza enorme, che comprenda tutto l'arco che va dalla destra democristiana ai comunisti, ma un nuovo rapporto fra maggioranza e opposi• zione che determini e rispetti le regole del gioco. cioè non metta in pericolo l'equilibrio generale promosso, come oggi si dic~. • dal programmatore pubblico democratico •. che vuol dire dai grandi gruppi insieme con un governo che abbia la fiducia della maggioranza parlamentare. I socialisti sono oggi i garanti di questo nuovo rapporto. Qualcuno può ancora sognare un go. verno • conciliare •, altri possono sognare una spaccatura della democrazia cristiana che dia vita a uno schieramento bipartitico. laburista e conservatore (tesi di questo genere hanno corso nel Psi e nel Psiup sotto il nome di • area socialls1a •J. L'ipotesi pili probabile, se non altro perché già in atto, è quella d1 una onesta regola del gioco. in cui sono fissati i limiti dell'opposizione e il governo deve tener conto delle esigenze proposte dall'opposizione. Ma se è chiaro quello che l'opposizione dovrebbe dare non altrettanto chiaro è quel che dovrebbe dare la maggioranza. o meglio. per essere piU precisi, quello che può dare la maggioranza. La maggioranza e il suo governo possono. entro certi limiti, ridurre l'impiego degli strumenti repressivi, sensibillz. zarsi di pili alle esigenze popolari attraverso l canali dell'opposizione. mettere i sindacati in tutte le commissioni e comitati in cui si prendono, o si crede di prendere, decisioni (a comin• ciare d3lle regioni aperte), tamponare con misure di emergenza le situazioni esplosive. razionalizzare (anche qui entro limiti abbastanza ridotti} la spes3 pubblica. Ma vi sono due cose che maggioranza e governo non possono fare, nonostante tutta la possibile volontà dei socialisti e dei dinamici leader democri• stlani, e non lo possono fare con governi quadripartiti come con governi bipartiti. La prima è quella di cambiare la condotta del padrone in fabbrica, quella condotta che costruisce giorno per giorno la resistenza operaia e giorno per giorno accumula la car1ca che farà dissolvere l'esperienza riformistica: la secon4da è quell.i d1 cambiare la logica di un meccanismo di sviluppo concentrnto, nel quale il sottosviluppo det sud è un aspetto In• s1,;ind1bileda uno sviluppo generale affidato all'incentivo del profillo. Solo per promettere alcune riforme razionalizzatricl, solo per poter mettere un poco (molto poco) di ordine nella spesa pubblica, il governo Colombo ha dovuto far precedere te • rl, forme • dalle misure anticongiunturali del • decretane •. economicamente superfluo e politicamente necessario, emblema di una politica e al tempo stesso condizione pratica per attuarla, garanzia che i meccanismi fondamentali sono intangibili e saranno anzi potenziati. Non a caso, proprio sul decretone si è vantato un nuovo modo. costruttivo, di fare l'opposlzlone e un nuovo modo. aperto, di tener conto delle richieste della opposizione I fattori di liquidazione, o di crisi, del nuovo riformismo prima che nello schieramento politico si trovano nella resistenza operaia e popolare a una condotta capitalistica in fabbrica e fuori. che è irrlduclbile se non con la lotta. Ma la consuma• zione di una esperienza riformistica può avvenire nella demo• ratizzazione e nella confusione, e magari preparare altre pili organiche esperienze dello stesso tipo, se la crisi non è assi, st.ta da una forte luce politica. La borghesia riformistica può. nonostante la sua politica dei redditi e quindi di controllo salariale. consentire ad alcune aree particolarmente avanzate una certa dinomica salariale. allo stesso modo essa può • mettere nel conto • delle esplosioni periodiche e ribellistiche in alcune aree disperate del sud. La nozione di ghetto, ormai Inseparabile da quella di società opulenta, non Involge solo la localizzazione degli •esclusi•. ma anche la delimitazione politica delle loro rivolte. Questa delimitazione S3rà inevitabile non solo quando le esplosioni siano strumentalizzate dalla destra (che per quec:ta via refntegra il potere del vecchio Stato), ma anche nel caso di una presenza della slnlstra, però episodica e superflciale. senza una strategia antiriformistica di lungo respiro e di dimensione nazionale Reggio di Calabria ci sollecita a ripensare parecchio del nostro passato. Per quali rilgioni il movimento operalo ha subito, o non ha sufflcl,mtemente contrastato. le politiche di intervento dello Stato italiano nel sud' per quali ragioni il sistematico fallimento di quegli interventi (di quello • settoriale• come di quello • programmatorio •). fallimento cui hanno senza dubbio concorso le lotte operaie e popolari, non ha dato spazio o un'alternatlva di movimento a livello generale? a parte la lotta per l'eliminazione delle gabbie salariali. forse la sola lotta che abbia preso di petto l'accumulazrone del capitale, le azioni sono state generalmente frazionate e saltuarie, subendo cosf 1a logica del sottosviluppo imposta dal capitale. In breve spazio è lecito solo porsi delle domande. Quanto ha pesato la teoriz•

zazione di due fosi distinte del processo rivoluzionarlo. quella del completamento della rivoluzione democratica borghese e quella della rivoluzione socialista? Una parentesi: è bene ripe· tere che questa teorizzazione non è di Gramsci ma di Stalin e degli stalinisti nel vari paesi. Gramsci ha teorizzato le alleanze della classe operaia per ricondurre ad unità politica I diversi ritmi delln lotta di fronte al diverso sviluppo delle forze pro. duttive nel sud e nel nord, ma questo nel quadro dl una lotta per la rivoluzione soclollsta. E singolare e inaccettablle sembra il destino che si vuole Infliggere da pili parti, e per opposte ragioni, a Gramsci, interpretato come un comunista ben edu• cato o un socialdemocratico illumlnato, che non voleva saperne della rivoluzione socialista. Tornando al nostri:' discorso. lo schema della rivoluzione borghese incompiuta deve aver pesato molto. Dentro di esso si annida loglcamente il mito della Impresa, e della sua efficienza e produttività, come strumento non sostitulblle di svi• luppo capltallstlco e quindi di sviluppo senza aggettivi. Allora puoi chiedere tutto, allo Stato e ai padroni. a condizione che non tocchi l"equilibrio fra ricavi e costi nell'Impresa. il santua rio dell'lncentlvazlone del profitti. TI è solo consentito di chle dere che lo Stato abbellisca quel santuario e tu resti cosi a mani vuote. ,n bllico fra la propaganda massimalistica e il trade--unlonlsmo. Nel complesso intreccio di strumenti dell'intervento statale nel sud (Incentivi, spesa pubblica. poli di sviluppo, intervento diretto dell'industria di Stato. enti di sviluppo eccetera), noi cl siamo battuti per la riforma agraria e per l'industriallnazione, ma In quel contesto abbiamo sempre evitato di affrontare il problema dell'impresa. della contraddizione fondamentale fra la sua organizzazione e Il suo modo di funzionamento da un lato e gli Interessi soclati dall'altra. E di fronte alle macroscopiche manifestazioni di quello contraddizione abbiamo cercato di uscire per la tangente aggrappandoci ancora all'impresa, ma questa volta all'Impresa di Stato oppure allo Stato come impresa. cioè allo Stato capitalistico tout-court. La stessa Cgll. che ha voluto la lotta per ellminare le zone salariali e ha lanciato la parola d'ordine delle commissioni comunali per Il controllo del lavoro bracclantlle e dei plani di zona per la trasformazione agraria. la stessa Cgil cho oggi è cosr Impegnata, sopratutto In Calabria e in Sicilia. contro le • unioni sacre • e le alleanze interclassiste. ha trovato e trova difficoltà a sottrarsi a posizioni di pura d· chiesta allo Stato In tema di spesa pubblica e di Investimento Industriale. Negli ultlmi anni i comitati regionali di programmazione (e lo stesso pericolo vale oggi per l'ente regione) hanno elaborato richieste (materializzate In decine o centinala di ml• gliela di posti di lavoro) che entrando In concorrenza l'una con l'altra hanno alimentato Ininterrottamente il ruolo di arbitro e di corruttore del governo centrale. S1a ben chiaro che si tratta quasi sempre d, richieste ciascuna di per sé presa, giustissime, ma che nel loro msieme finiscono con l'accantonare la discriminante sociale per far luogo a quella territoriale. Anche quando. come nella relazione di Sebastiano Valastro della Cisl al convegno unitario de, sindacati siciliani del 19 aprile 1970. la colpa dell'arretratezza è attribuita ai monopoli e allo Stato che cerca la Integrazione europea anziché quella nazionale, la giusta inwizione del problema non arriva a indìcare delle soluzioni di mo. vimento: si chiedono spese, si chiedono investimenti, e attorno alla sacrosanta domanda di occupazione si costruiscono nuovi contrasti e ccntraddizioni, come quella del quinto centro siderurgico. L'occupazione nel sud, obbiettivo globale e unificante delle lotte, cosi come proposto dal compagni comunisti, chiede una riflesslone. I comunisti per primi dichiarano insufficienti le soluzioni puramente quantitative e fanno richiamo alla qualità dell'obbiettivo. Effettivamente, come obbiettivo quantitativo, quello dell'occupazione presenta I rischi già ricordati: un volume di spesa da ripartire e una base per lo scatenamento del mu· nicipalismo su cui si reggono le fortune di parte della borghesia del sud e le sue- suggestioni interclassiste. Ma come obbiettivo di qualità è difficile da organizzare in modo da avere insieme la funzione unificatrice e la concretezza delle lotte articolate. Pur con notevoli difficoltà potremmo dire che non imporra se il quinto centro de11'1talslder sarà installato a Reggio oppure nella Sicilia occidentale e che respingiamo impostazioni municipalistiche, ma è infinitamente pili difficile dire che non vogliamo affatto il quinto centro nel sud, non vogliamo un sud fornitore di materie prime e di semilavorati e di fonti di energia all'in• dus1ria manlfatturiera del resto del paese, e che perciò al posto di quei milleduecento miliardi con duecento millonl per addet10. per un totale di seimila nuove unità occupate, vogliamo nel sud. e adesso e non fra cinque o dieci anni, sei stabilimenti (uno per regione) per duecento miliardi l'uno con venti milioni per addetto, che vuol dire diecimila nuovi occupati per ciascuna delle regioni interessate. Questo obbiettivo è molto pili difficile. e non solo perché i milleduecento miliardi per un nuovo lm• pianto a ciclo Integrale sono già belli e pronti e vengono agitati come esca polltica sopra le regioni del sud e sono comunque assai pili faclll da spendere che cifre minori in attività manifatturiere differenziate, con bassa composizione organica del capitale: ma anche perché per noi è molto dlfflclle attuare forme di mobilitazione unitaria città-campagna. occupati,dlsoccupati, quali sono necessarie, e in modo continuativo e pressante, per affrontare i problemi di un'industria integrata nell'amblente di lavoro, nella quale non contano solo I miliardi che arrivano da Roma o da Milano (per poi tornarvi rapidamente). ma gli uomini che vogliono cambiare la loro condizione di lavoro e di vita. -5

Reichlin awerte che l'obbiettivo dell'occupazione è aggiuntivo e non sostitutivo degli altri obbiettivi delle lotte articolate, e in particolare di quelle salariali. e· una precisazione importante perché solo con una impostazione qualitativa si evita di limitarsi a una richiesta allo Stato e si promuove invece una mobilitazione articolata e diffusa che pone il reddito di lavoro nelle sue diverse componenti (occupazione, salari, condizioni di lavoro. redd,10 contadino, pensioni eccetera) come varlablle indipendente e non come risultato subalterno delle scelte del capitale. Una impostazione qualitatrva è la sola a rendere possibile un'azione unitaria fra operai e contadini. Il diritto all'occupazione ha un senso se l'azione che esso provoca non è solo 1nd1retta. come pressione sullo Stato. ma è azione diretta, che ant1cip:l con la h1tta la realizzazione e non Si limita a chiedere. Su questo punto, del ruolo dell'azione diretta. costiluiscono indicaziom positive cosi le lotte nelle grandi aziende avanzate per il controllo sulla cond,zione di lavoro (quallfiche, incentivi, orario e ambiente di lavoro) coi nuovi strumenti di base. do\le al negoziato sindacale si :lrriva attraverso una modificazione delle condizioni di lavoro già autonomamente decisa e attuata dai lavoratori. come pure le impostazioni delle lotte agrarie fondate sulla formulazione di piani di zona e sulla azione diretta per realizzarh. lo sforzo fatto nelle regioni meridionall per dare vita sui problemi delta trasformòzione agraria alle forme di lotta che nella scorsa generazione furono cosi estese ed efficaci sui problemi della terra e del lavoro. Naturalmente ci vogliono poi i soldi dello Stato e degli altri che ne dispongono. ma bisogna che questo discenda da uno stato di necessità creato dalle lette. tale da meuere in crisi gli equilibri e i dosaggi del sistema. A modo loro. e dentro il sistema, i grandi gruppi monopolistici non fanno altro: essi prendono le decisioni, le at• tuano, e lo Stato segue. In ventà, solo orendendo di petto l'impresa capitalistica e le conseguenze sociali delle sue scelte è possibile dare all'alleanza fra operai e contadini un respiro nuovo e diverso. quello di una lotta in cui fin d'ora l'operaio e il contadino lottano per CJJmbiaree cambieno nella lotta la loro condizione precedente. le contraddizioni dell'impresa capitalistica possono diventare un terreno di unificazione delle lotte La prima contraddizione riguarda la divisione funzionale del lavoro. Essa prolunga nella fabbrica la struttura dis'criminatoria della scuola e Inoltre prolunqa se stessa nella società consolidandosi come divisione sociale. e non solo funzionale, del lavoro. E' attorno alla divisione del lavoro. come embrionale discriminante classista, che si è maggiormente accesa la lotta nelle grandi fabbriche, con un arco di rivendicazioni che sono certo sindacali ma esprimono al tempo stesso una domanda politica finora rimasta senza risposta e una carica politica che sarebbe delittuoso lasciar di, 6sperdere. E non c'è politica riformistica, per quanto raffinata, che possa superare questa contraddizione fra presunta razionalità capltalistica aziendale e Irrazionalità sociale e possa quindi eliminare questa fonte di contestazione permanente. La seconda contraddizione riguarda le .. diseconomie • esterne alla fabbrica, cioè I costi vivi o gli impedimenti che l'impresa, in partlcolare la grande impresa, impone direttamente o tramite altre imprese alle masse popolari. Il sottosviluppo del sud è una delle diseconomie esterne. la piU grande di tutte, dello sviluppo del monopoli. E' su questo terreno che bisogna riuscire a costruire un'azione diretta, la sola che consente di non scindere il momento politico da quello economico. e quindi di dare respiro politico alle lotte soclall. Due sono oggi. all'interno del movimento operalo. le ten• denze da combattere con decisione in quanto fautrici di rottura e divisione. La prima è quella tradeunlonistica che tende a chiudersi neHe zone piU avanzate. fruendo dei margini che il capitale può conceder~ e quindi rispettando tutti i parametri del sistema: anche quando questa lotta settoriale e chiusa si pre• senta nella forma della articolazlone. essa contiene in se stessa la disarticolazione. cioè la rinuncia alla lotta unitaria. La 1econda tendenza. colorata di radicalismo populista, vorrebbe fermare le zone avanzate. tacciandole di corporativismo, e sviluppare nelle zone arretrate un'agitazione di tipo tradizionale. In realtà il solo modo serio di combattere le tendenze corporative nelle zone e nei settori piU avanzati non è quello di frenare il movimento. ma al contrario quello di sospingerlo politiclzzanrlolo al massimo. di esaltare in esso la conquista degl! strumenti di base. la liquidazione del vecchi confini divisori fra apparati sindacali. la definizione di rivendicazioni avanzate che Investano il controllo sulla organizzazione del lavoro. Il corporativismo non si combatte con il conservatorismo ipocrita che fa appello all'unità di classe per fermare le punte avanzate, si fa portando il grosso al li\lello delle punte. La contrapposizione fra salario e occupazione è nella realtà, come debolezza nostra. Dobbiamo tradurre in azione pratica la nostra convinzione che la dlsoccuptizlone non si affronta nella sfera della distribuzione, ma In quella della produzione del plusvalore e che anche all'Interno del sud. anche, nelle zone plU arretrate. una lotta per l'occupazione non è possibile se non è collegata a quella per Il salarlo, contro il sottosalarlo, per l'emancipazione del contadino dal dominio capitallstico per il controllo delle condizioni di lavoro degli occupati. cosi dell'Industria come dell'agricoltura. E' molto difficile pensare ad altre vie per la costruzione di una strategia oolltlca che non sia una astratta ln\lenzlone Intellettuale. che sia espressione del contrasto di fondo delle lotte soc/all. Vittorio Foa

Rendere più precario il sistema e, dunque, inesistenti margini Caro Giampiero, ti avevo promesso un articolo sul margini di ruormlsmo, di cui oggi potrebbe disporre l'Iniziativa capita• listica. influenze e vicende privane varie ml hanno reso impossibile questo lavoro, ma non volendo mancare del tutto all'impegno, ti propongo di ridurre l'artlcolo alla forma di lettera: consente a me piU ampi margini (appunto] di approssimare e a te di cestinare. la richiesta di scuse al lettori è owla. 1 La questione del margini, tradizionale nel dibattito interno al movimento operalo è ora, tra \'altro uno del 1 punti che le Tesi del Manifesto propongono alla discussione. sostenendo che margini. in senso proprio. quasi non ne esistono. Ritengo che la questlOfle vada presa un po' con le molle: voler gludlc,re dell'attuale situazione misurando l'ampiezza o ristrettezza oggettive del margini ml pare sbagllato: sarebbe. al pili, una meccanica derivazione della famosa affermazione di Marx secondo cui un sistema soclale non scompare fino a quando è In grado di far progredire la società nel suo complesso. fino a quando cioè - nel caso nostro - ha margini di riformismo: di svlluppo economico-sociale, di ricambio sociale In• terno ei suol equilibri fondamentali e. quindi. di allargamento della base di consenso. Il problema, piuttosto. è - a mio avviso - quello di vedere se il sistema capitalistico nel suo complesso è a un punto di svolta, cioè dl crisi. nel senso che non se ne può ragionevolmente prevedere un ulteriore sviluppo lineare. In termini ancora meno sfumati, la questione è se non si debba ritenere che l'aculrsl del contrasto di classe su scala Internazionale e Interna stia portando a un bivio: tra processo di transizione rivoluzionarla e fase nettamente Involutivo-reazionaria. Il raggiungimento di questo grado di tensione. la compresenza di spinte rivoluzionarle e reazionarie In equlllbrlo instablle, la mancanza di una prospettiva lineare di espansione capitalistica equivalgono. in fondo, a quel che si intende con la formula • mancanza di margini riformistici •. Del resto. in Italia e in questo momento. discutere dei margini non è poi tanto arbitrario. La politica di • espansione produttiva attentamente qualificata • propos1a oggi da1 Pci. non avrebbe - per lo stesso gruppo dirigente - valore alcuno. ove non si fondasse sul giudizio che il capilalismo italiano ha da• vanti a sé margini di espansione. di ricambio organico e di progresso. In fondo. non ti pare che sia proprio questa fiducia nelle capacità progressive del capitalismo (vi è taluno che pen• sa che il capitaHsmo posso liberarsl anche delle pastoie borghesi) a Impedire al Pcl di enunciare la sua attuale linea con una terminologia di plU diretta risonanza lenlnlsta, e lanciare, per esempio, lo slogan. • Sviluppare fino in fondo le forze produt• Uve e la democrazia? • Penso che ci arriveremo. magari quando le opportunità offerte dalla repubblica borghese saranno In via di piU rapido esaurimento. e io credo che in !talla la democrazia borghese sia arrivata a questo punto di svolta. 2. A livello Internazionale I punti di svolta. o di acutizza· zlone del contrasto. sono evidenti in molti settori. Negli Usa la fine del lunghissimo periodo di prospe· rità keynesiana. attivata dalle amministrazioni Kennedy e Johnson e dalla generalizzazione dell'intervento militare e paramilitare coincide con una fase di acutluazlone del contrasti Interni della quale è difficile prevedere lo sbocco: la crescita delle varie forme di contestazione e la svolta a destra, che si sta operando nel corso dell'at1uale campagna elettorale tutta incentrata sulla difesa dell'ordine. non sono senza slgnlflcato. D'altra parte la crisi. per ora latente ma niente affatto superata. del sislema monetarlo Internazionale (cioè di una decisiva com. ponltnte cfell'equilibrio Imperialistico successivo alta seconda -7

guerra mond,ale) fa incombere sul sistema capitallslico e su tutta l"area del cosiddetto • terzo mondo • una Ipoteca di profonda instabihtà e d1 acuti scontri intestini. Per quanto possa appame paradossale. ma non tanto rn rapporto alla specifica natura del capitalismo. con la fine della guerra fredda è venuta meno una delle condizioni di relativa pace all'interno del mondo capitalistico. che - finalmente digeriti tutti gli inputs di progres• so conseguenti alla seconda guerra mondiale - si trova ora a ri• fare i conti con se stesso e con la sua antica-rinnovata anarchia. In quesIa chiave di ripresa delranarchia capltalistlca, credo vada considerato il reingresso a pieno titolo della Germania OC· cidentale sulla scena politica e lo stesso accordo tra Germania e Urss. Reingresso della Germania e rapido invecchiamento morale del deterrente nucleare prospettano, già nel medio periodo. una aggravata ripresa dei tradizionali contrasti lntercapitalistici. Rispeuo alla tesi contenuta negli ultimi scritti economici di Stalin, la variante. non secondaria, sarebbe data dal coinvolgimento in questi contrasti della stessa Unione Sovietica: ciò anche nella misurJ in cui la presenza cinese mette in crisi il bipolarismo Urss-Usa. La prospettiva di pianificare con consenso un allargamento dell'egemonia copitalìstica appare tanto plU Illusoria quando si considerino alcuni tratti caratteristici dell'attuale situazione del cosiddetto • teno mondo •: a) verificata Jmpossibilltà di marginalizzare o integrare que• sta area, rispetto alla quale la dlscronia dello sviluppo occidentale appare sempre pili insuperabile: b) consolidamento della Cin2 come forza di contestazione generale e crescente diffusione di linee ispirate alta strategia maoista. tra i movimenti di liberazlone e le forze rivotuzlonarie di tutto il mondo: c) liquidazione in Asli: delle prospettive di sviluppo democratico nazionale: questo processo è reso trasparente dalle diverse parabole dì Sukarno e di Sianuk e dalla crisi. oramai pres. soché definitiva. degll equllibri socio.politicl In India: d) crisi dell'aggregato stabilizzante (e non solo in senso greuamente conservatore) costituito dal • mondo arabo ,._ Questo sommario richiamo di alcuni dati della situazione internazionale dovrebbe servire da supporto alla tesi che • non esistono nella situazione mondiale spazio e forze capaci di ga· rantire uno sviluppo pacifico e una stabllizzazione democratica•. Ouesta prima conclusione. che ritiene di fondarsi su un contesto correlato di fattori oggettivi e soggettivi, tende a mettere in evidenza che. a quasi trentanni dalla fine della seconda guer• ra mondiale siamo nuovamente in presenza di una forte desta• bilizzazione degli equilibri mondlall, tale da non far ritenere improprio qualificare quella attuale fase di crisi rivoluzionaria. Ciò non significa certo che la rivoluzione sia In fondo alla prospet8tiva Nevskij, serve solo a dire che in questi trent'anni la vecchia talpa ha nuovamente ben scavato e che sarebbe disastroso per 11proletariato il progetto d, rendere abitabili e confortevoli quei cunicoh. 3 Per l'Italia la linea di ragionamento non è diversa, ere• do anzi che una sintesi valida sia quella contenuta in 1 una delle Tesi del Manifesto, la 124 per l'esattezza: " Il fatto che tutte le politiche della borghesia e del riformismo si dimostrano, di fronte alla crisi attuale, impratlcabill e controproducenti non vuol dire che il capitalismo italiano sia ormai alle corde e non esista soluzione alcuna se non la rivoluzione da un lato e la repressione violenta o Il eaos dall'altro. Ma vuol dire: a) che abbiamo di fronte un periodo ancora lungo di crisi, nel corso del quale possono crearsi le aggregazioni soggettive e le condizioni oggettive per un nuovo equilibrio capitalistico, ma nel corso del quale continueranno a riproporsi sia Il pericolo di una controffensiva reazionaria violenta sia le occasioni per la costruzione di uno schieramento rivoluzionario e di una alternativa vittoriosa; b) che un nuovo equilibrio capitalistico di tipo dinamico deve scontare una sconfitta del movimento dt classe al suoi livelli attuali, una crisi storica delle sue organluazloni e uno sconvolgimento dell"attuale quadro Istituzionale; c) chei questo sviluppo sarebbe ancora pili distorto che nel passato, con accentuati caratteri autoritari e un aggravamento degli squilibri sociali e della concentrazione di potere. COf\l una Immagine approssimativa. si può dire che il capitalismo italiano ha per il futuro due alternative: quella di un relativo ristagno, al margini del sistema mondiale (di tipo "inglese" in un qua, dro politico piu repressivo); o quello di un dinamismo stimolato da tensioni crescenti (di tipo "giapponese"). Fuori dell!II realtà è l'ipotesi di uno sviluppo capitalistico "democratico" condizionato dal peso politico della classe operala (di tipo "svedese") •· A parte Il richiamo (ormai archeologlco dopo gll scioperi di Svapparaala che hanno rivelato una realtà operaia assai lontana dai miti del soclallsmo scandinavo) alla Svezia. ciò che si af. ferma è l'impossibilità In Italia di uno sviluppo capitalistico nel quale 1a classe operala non sia piU di oggi subalterna e sfruttata Alla base di un tale giudizio vi è l'analisi dell'attuale crisi e delle posizioni che le varie fone polltiche sono venute assumendo nel corso di questo 1970. In questa analisl Il dato dl fatto di partenza è assai chiaro ed evidente: mai negli ultlml venti anni le lotte operale avevano

colpito la produzione tanto duramente come nell'autunno del 1969 e mal dopo la fase di masslma concentrazione delle lotte vi era stato un rallentamento dei tassi di produttività comparabile con quello· avutosi nel primo semestre del 1970. Il rallen• tamento della produzione questa volta non nasce da una caduta della domanda interna o estera. né da una perdita di competltl• vltà sul mercati lnternazlonali, né ancoro da una politica mone• tarla deliberatamente deftazlonlstica. né da una piena utilizza. zlone delle capacità produttive. Le condizioni oggettive erano tall da consentire già net1'1ndomanldella concluslone della ver• tenza dei metalmeccanici una ripresa produttiva senza precedenti, tanto plu che co.mefacevano rilevare gU esperti le imprese avevano liquidato le scorte. Il fatto è che le lotte, questa volta, hanno colpito il mecca• nismo capitalistico nel suo punto piU vitale. la fabbrica. Il ral• lentamento dell'economia italiana nasce ovviamente da un complesso di cause che tutte traggono origine dal modo stesso In cui è avvenuta la espansione, ma caratteristico dell'attuale crisi - e In ciò sta la sua qualificazione soclale - è che essa ha il suo epicentro nel rapporti di lavoro In fabbrica: la crisi attiene oltre e assai plU che al costi di produzione, alla orga• nlzzazlone capltallstica della produzione all'Interno dell'azienda. I padroni avrebbero accettato - e Petril11 l'ha detto esplicita• mente - un puro aumento del costi, una modificazione. ln sostanza. che Incidesse soltanto sul llve111salarlall. ma !asciasse all'imprenditore (nella sua accezione plU purificata di organizza• tore dell'impresa) la possibilità di rlstabillre l'equl1ibrlo tra costi e ricavi, ma oggi è proprio questo dell'organizzazione e della disciplina del lavoro di fabbrica il punto dello scontro di classe. Nel discorsi del grandi managers dell'industria e del polltlcl, nelle relazlonl al bilanci delle società come In quella del ministri economici, o nella presentazione del primo • decretone • il lelt-motlv è - ben a ragione - quello della necessità di arri• vare, al plU presto. alla • normallzzazlone del rapporti di lavoro In fabbrica • (la democrazia ltallana su questo punto non ha avuto nessuna esitazione ad adottare la formula usata da Breznev per reprimere la primavera di Prag3: Il • reallsmo •. checché se ne dica. continua ad essere l'esperanto del padroni). La preoccupazione di • normalrzzare • non è Immotivata. si è detto, poiché specifico dell'attuale crisi è la sua diretta derivazione dal livello raggiunto dal contrasto di classe: pur In mancanza di una organizzazione rlvoluzlonarla si pub ritenere che oggi In Italia vi è In embrione, a llvello soclale, una crisi del ra~ porti di potere. Il nodo che Il capitalismo !tallano deve sclogllere è. direttamente. quello del rapporti di produzione. La attuale crisi non pub essere affrontata con gll ormai consueti strumenti keyneslanl di sostegno della domanda perché la domanda è già sostenuta. e un suo ulterlore gonfiamento renderebbe l'Inflazione italiana pii.i rapida di quella degli altrl paesi capitalistici, liquidando rattuale posizione di relativo equilibrio Internazionale. D'altra parte curare l'attuale crisi con I salassi delle ml· sure deflattive questa volta sarebbe plU pericoloso che nel 1964: Il salasso risch!erebbe di uccidere Il cavallo. E clò fondamen• talmente per tre ragioni: a) dopo oltre sei anni di fiacca negli Investimenti l'apertura di una fase recessiva potrebbe accrescere perlcolosamente le distanze tra Il capitalismo italiano e quello degli altri paesi. A seguito delrautunno - per fare solo un esempio - la quota di partecipazione delrltalla al commercio mondiale è scesa dal 5,12 al 4,37. L'esigenza di recupero sul terreno della produtti• vltà e della competitività internazionale è fortissima e rende• rebbe estremamente pericolosa una pausa recessiva. a parte Il fatto che non tutti i capitalisti sarebbero disposti a pagarne paclflcamente il prezzo. b) la situazione del mercato del lavoro è considerevolmente diversa da quella del 1963·'64.Le strozzature nell'offerta di mano d'opera (conseguenti a emigrazione. sistema scolastico. loca• llzzazione delle Industrie. etc.) per tipi di lavoro. llvelll di qualifica. zone territoriali sono evidenti e consistenti. Ciò comporta che la formazione. sia pure provvisoria. di un esercito Industria· le di riserva possa realizzarsi solo raggiungendo un grado di recessione considerevolmente plU elevato di quello del 1964. cl i orobleml lnleml della società Italiana toccano ormai limiti di tolleranza vicini al massimo. Rigidità dei consumi prl• vati. elevata domanda di consumi soclall. consistenza delle spinte anche meramente corporative. ridotte capacità di manovra della pubblica amministrazione e della spesa pubblica. scarsa solidftà della compagine polltlca di governo. sono tutti fattori che sconslgllano a ogni capitalista che abbia un po' di senso polltlco di Intraprendere Il percorso delta recessione. La recessione presenterebbe. ancora oggi. molte analogie con le bombe di MIiano: un tentativo di forzatura eccessivo e troppo arrischiato per potere avere un consenso sufficiente. Oueste considerazioni non vogliono portare alla conclusione che slamo ormai a uno stabile blocco della produzione: riprese della produzione ve ne potranno essere, ma Insieme ad esse si avrà una ripresa delle tensioni soclall. tali da mantenere an• cora a lungo una situazione di equlllbrlo lnstablle, di sostanzlale crisi. dalla quale peraltro Il sistema si sforzerà continuamente di uscire. non attraverso vie normali o tecniche {che appaiono oggi lmpercorrlblli). ma politiche. E qui si ripropone la questione del famosi margini di riformismo. che un':ila consistente, se non magglorltarl3, delle forze dominanti no11'economlae nella polltlca punta oggi a costrulrsL Se la crisi si configura come crisi di potere, sia pure In -9

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