giovane critica - n. 22/23 - primavera 1970

obiettivi e in termini d1 alleanze, un'1potes1 concreta di superamento non capitalistico della questione meridionale nel quadro d1 una stratt!gia generale di passaggio al socialismo. Non è un caso che proprio nel Mezzogiorno. ove plu acute si presentano le contraddizioni cop,talistiche, e perciò potenzialmente più gr.ivi sono le tensioni sociali, 11movimento abbia avuto. n~t corso degli anni '60, un punto di debolezza e non eh forza E' significativo comunque il fatto che la ripresa del dibatti· to nel mo\11men1Ooperaio sia awenuto in concomilanza con la ripresa delle lotte nel Mezzogiorno: essa cioè è s1ata solleci• tata non già dalla disposizione ad un ripensamento in condizioni d1 riflusso, ma dalla necess11àdi far fronte al nuo\11problemi che lo S\liluppo dt:I movimento operaio va ponendo. L'elemento piu s1gnif,c3tivo delle recenti lotte operaie e bracciantili è stato inf.1111 IE• tendenza a trO\lare una base unitari::i nella volontà d1 affermare un potere di controllo. tendenza che tuttavia ha trovato e trova impedimento a generallzzarsi. sopratutto fuori dei posti di lavoro, per il fatto che ciò implica un ancora non avvenuto adeguamento della strategia g~- neratc del mO'llimento operaio. Già durante lo svolgimento delle lolle per il rinnovo dei conlratti, in conseguer,zo del peso che in esse vi hanno avuto nel Mezzogiorno i braccianti. ed ora nel corso delle lotte per 1e riforme, le organizzaziom meridionali del movimento operaio stanno operando per allargare gli ob1e1tivi ed il fronte della lotta, investendo i problemi dell'occupazione e dello sviluppo. Alcuni elementi nuovi e positi\li sono emersi nel corso di questa azione; l'allargamento del fronte di lotta nelle campagne ai coloni. scesi in lotta su rivendicazioni convergenti con quelle dei braccianti e !"intervento nelle lotte. ancora limitato ad alcune zone. degli studenti che. nella misura in cui hanno dato alla loro azione contenuti riferiti alla spec!hca condizione dello studente meridionale. hanno trovato anche il terreno unitario con la classe operaia ed i contadini Per quanto queste lotte pongano spesso obiettivi di controllo delle 1rasformazioni in atto da parte della classe operala e dei suoi alleati, il quadro generale della lolla per le riforme in cui esse awcngono rischia di riportare la lotta per lo sviluppo del Mezzogiorno nell"alveo d1 una pressione per un rafforzamento dello sviluppo caJ)italislico, strumcntalizzabile da questa o quella componente del fronte padronale e governativo. Senza voler tirare 1e somme di un dibattito che è tuttora in corso, appare evidente in esso il rischio. peraltro già mani• festatosi nella condotta pratica delle organizzazioni meridionali. di sostenere effettivamente la linea dei grandi investimenti 12 - nei settori • ad alto contenuto tecnologico •. con la mobilitazione delle popolazioni in chia\le campanilistica per la distribuzione di essi tra le diverse zone del Mezzogiorno, oppure di opporsi a questa linea in nome delle esigenze di salvaguardia e d1 sviluppo della piccola e media industria privata esistente nel Sud. Per cui l'affermazione che di recente si è andata generalizzando nel d1bat11todel Mo\limento operaio d'opposizione, che !a soluzione della questione meridionale non può essere vista in termini di estensione e di completamento della Rivoluzione democratico-borghese. rischia di vanificarsi nei fatti. C'è tuttavia in quella affermazione, cosi come nelle altre che ne conseguono e che consistono nell'abbandono della tematica del sottosviluppo. del cosiddetto sviluppo autonomo ed autoproputsore del Mezzogiorno, fondato sulla utilizzazione delle locall risorse naturali (affermazioni che con chiarezza sono lette in alcune comunicazioni presentate nel recente Convegno del. l'Istituto Gramsci) un indubbio progresso rispetto a tesi che per altro ancora pesano all'interno del Movimento operaio. Ma il prospettare una soluzione che affida lo sviluppo delle forze produttive meridionali al capitalismo di Slato. di uno Stato che. allargando la base della democrazia, muta la sua natura. rischia oltre che di essere velleitario. di far rientrare per la finestra quelle soluzioni riformiste che si erano \/Olute bandire dalla linea del Movimento operaio. Non è certo questione di negare né le esigenze oggettive dello S\liluppo. né il ruolo dello Stato, quanto la prospettazione di un rapporto tra movimento ed istituzioni democratico-bor• ghesi che affida al primo il compito di premere per modificare in senso democratico la natura delle seconde, e a queste Il compito di intervenire ne11arealtà del Mezzogiorno per modificarla. Se infatti il rapporto tra mo\limento e istituzioni non viene fondato sulla nascita di organismi autonomi del fronte rlvoluzionario che di per sé non rappresentano certo un allargamento della democrazia borghese. quanto invece un elemento di profonda contraddizione al suo Interno tate da prepararne Il rovesciamento, si rischia di la\lorare per il Re di Prussia. Proprio la consapevolezza di avere spesso nel passato, In un modo o nell'altro, lavorato per il Re di Prussia, consapevolezza che affiora nel dibattito In corso, testimonia la crescente disponibilità delle forze piU coscienti del movimento operalo a riconsiderare l'azione fin qui svolta anche In rapporto alle nuove esigenze poste dalle lolle. e re11dequindi estremamente utile ogni iniziativa diretta ad approfondire questo riesame.

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