più rappresentare indicazioni di metodo di studio e di lnterven10 politico. Qui escono fuorr questioni molto complesse e SOtlill, posizioni mollo frastagllate che non si sono ancora decantate, per cui io mi limito ad osservazioni 3ttinenti strettamenle ad alcune posizioni di riflesso che si hanno nel campo degli studi sul mov1men10operaio Noto innanzi tutto che in ques1e posizioni - il capitale, il monopolio non è solo la fabbrica. è la società. è il quartiere, il ghetto. le zone sottosvilupp.:ite, la manipolazione ecc. - in queste posizioni nelle quali è mischiato un po' di Marcuse e un po' di Un Piao v1 è una matrice che poi è anche alla base di un.i posizione politica che tira conclusioni opposte e cioè è a11a base delle posizioni della destra comunista, ad es. dello ultimo Lukacs che tende a vedere esclusivamente l'uomo come consumatore e non come produttore. e ad es. di Amendola che pretestuosamente evidenzia l'esiguità numerica del proletariato di fabbrica nel grosso della massa proletaria e degli interessi popolari offesi dal monopolio sui quali tende a costruire una politica popolare. Sia nelle prime come nelle altre posizioni vi è un concetto sbagliato di fabbrica e di proletariato di fabbrica e del loro ruolo: vi è un concetto volgare di fabbrica, quasi un concetto populista Né Marx né Lenin hanno inteso Il concetto di fabbri• ca e di proletariato di fabbrica in quel senso volgare e reslritlivo. Anzi la polemica di Lenin era proprio contro Il popt.1llsmo che usava argomenti numerici come li usano ora Amendola o i • marxisti•leninlstl • e marcava il ruolo politico del proletariato industriate che andava ben al di là della fabbrica in senso stretto per toccare il lavoro casalingo, il lavoro fabbrica.campo, il lavoro di fabbrica fuori sede, le appendici della fabbrica. la fabbrica verde e cioè gH effetti del capitalismo nelle campagne. ccc Non è poi tanto strano che Amendola coabiti su questo punto con Un Piao, in quanto te due posizìoni hanno una comune matrice nella concezione terzintcrnazionalista del potere, !a democrazia popolare. • Chi è il popolo? - si chiede Mao - In Cina. nella fase attuale, è la classe operaia, i contadini. la pie• cob borghesia urbana e la borghesia nazionale •. Ma non solo nella Cina della dittatura democratica popolare, anche in Fran• eia e ln Italia dai fronti popolari alle nuove maggioranze. A questo punto non vorrei dare l'impressione che non ci rimanga da fare altro ora per l'Italia che quello che hanno fatto Marx-Engels per !"Inghilterra e Lenin per la Russia. Ouando Marx•Engels scrivevano le loro pagine, Il proleta• rlato industriale era in formazione e le lotte che sperimentava non erano Ione per il potere ma lotte per la riforma della legislazione sociale e il partito che lo organizzava era Il partito car. tisia, appunto il partito della riforma. Quando Lenin scriveva tra 40 - il '96 e il '98, il proletoriato di fabbrica russo oltre che essere un ., angoletto • nella massa del contadiname. non aveva nemmeno tradizione di lotta e le tesi di Lenin erano in un certo senso avveniriste, in anticipo di 7-8 anni sul 1905. Cosa vogllo dire con questo. Voglio dire che noi dobbiamo appllcare creativamente le indicazioni di Marx e di Lenin e non fermarci a studiare la struttur.i del capitale o la rivoluzione Industriale, o fermarci a studiare la condizione umana e sociale del proletariato nel processo produttivo e nella vita sociale. ma dobbiamo porci i problemi del potere: cioè i problemi del• la organizzazione operaia e dc! suo uso strategico. Ma dobbiamo porceli non nel senso deteriore con cui vanno avanti presso alcune sette comuniste, cloè non in senso filologico-commemorativo e burocratico, cioè non con analisi sottili del testi e con operazioni politiche che tendano a ripor• tare ti movimento alle origini: ma dobbiamo porceli in modo che le indicazioni strategiche escano dalla conoscenza del processo capitalistico. dalla conoscenza della condizione operaia e corrispondano alle esigenze dei nuovi live\11 delta lotta. E' un interscambio dialettico non dato una volta per tutte ma che la lotta ricrea, per cui non è possibl1e definirlo a priori specie nella situazlone attuale in cui Il movimento operalo ha superato una serie di posizioni storiche ormai consumate ma non è ancora rluscito a darci. se non embrionalmente, esempi generalizzati e consohdati di nuovo potere. E' un interscambio dialettico difficile da definire a priori, ma che per le indicazioni a-negativo che abbiamo deve evitare sia !'operaismo o 11movimento spontaneistici che possono essere momenti subalterni e corpor11tivl di lotta, come anche il buro cratismo che Ignora il rapporto tra Il movimento delle masse e lo sbocco organizzativo e tende a riportare tutto alle teste e alle parole d'ordine dei dirigenti e degli apparati politici. Questo è un punto che chiama In primo plano una questione oggi molto sentita dal movimento operaio e cioè Il problema della nuova organizzazione e quindi è anche un punto che sottopone a critica e a verifica tutta una elaborazlone teorica e una prassi che sono state del vecchio partito rivoluzionario seconda e terzinternazionallsta. Il bisogno di evitare Il vacuo idealismo oppure la insicurezza di una posizione dialettic:;i che ripone nei Uvetll delle lotte e nei livelli di potere la verità rivoluzionarla; come pure il desi• derio di trovare una risposta sul :oro terreno alle scienze borghesi della società, tendono a portare a un uso marxista dello strutturalismo oppure alta elaborazione di un marxismo a-dialettico e scientlsta. Non è possibile accennare quf in modo organico all'influenza positiva che Il dellavolplsmo ha avuto come antidoto ad un marxismo metodologo e l'influenza positiva che ha avuto per
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