giovane critica - n. 21 - autunno 1969

rei dare l'impressione di condividere le posizioni ad es. sostenute allora da F9rtlnl, mutuate da Luk8cs. Posizioni che andavano al di là del problema di evitare la subordinazione agli Interessi della burocrazia di partito, per cui finivano per non rinnovare l'organlzzazlone del lavoro teorico nel movimento operalo !asciando la politica al poHtlcl e rivendicando la sclen• za agli specialisti produttori di cultura. Perciò le posizioni di Fortini se da una parte per linea diretta saranno la matrice dell'elltismo e dell'illumlnlsmo del gruppi eterodossi. dall'altra avalleranno. anche se Indirettamente. le concezioni tecnocratiche e anche consumistiche della ricerca e del lavoro teorico. Discorrendo ora di quelle sue posizioni, Fortini dice appunto: • L'idea di quel lavoro era d'una comunità di appartati che, certo, collaborasse alla causa del soclallsmo ma di quello an, che anticipasse o prefigurasse alcun! comportamenti •· Affermazione nella quale è del tutto saltato li problema del rap. porto lavoro teorico e partito. Le obbiezioni allora mosse da Morandl a questo tentativo di fare dello Psi (non di un partito In generale ma di un par• tlcolare partito In un determinato momento storico) lo strumento attraverso il quale queste posizioni passassero nel movimento di classe, parvero appunto zdanovlane e Invece non lo erano in quanto sollecitavano un tipo di organizzazione e di lavoro teorico che non saltasse Il movimento di classe ma lo modlflcas• se molecolarmente dall'Interno utllluando appunto il nuovo strumento organizzativo. 5 Questa non vuole essere una relazlone e tantomeno una rassegna ma solo una conversazione dalla quale 1 fare emergere da un gruppo di esperienze direttamente vissute alcune llnee di proposta metodologica generale sulla quale discutere, Del resto le scelte Individuai! non sono mal tali. ma sono scelte politiche che In una concezione polltlca trovano la loro co\locazlone e spiegazione. Lascio quindi cadere numerose altre lnizlative di storia del movimento operalo per !imitarmi a parlare della esperlen• za della Rivista stOf'lca del socialismo. Compio In questo modo certamente una Ingiustizia verso Il lavoro di altri compagni, ma la Rivista storica del socialismo forse plU di ogni altra iniziativa ha cercato di superare alcunl llm\tl del precedente modo di fare storia. Il fllologlsmo e l'eclettismo innanzi tutto. per una storiografia che realizzasse compiutamente l"unione tra pen• alero storico e pensare polltlco, tra ricerca e operare mllltante. SI trattava di superare la storiografia subalterna e porta ordini della burocrazia politica e di evitare la storiografia elitaria che al eleva a coscienza della classe. La Rivista storica del socialismo ha avuto Innanzi tutto Il merito collettlvo, al quale ho già accennato. di avere salvato l'autonomia degli studi sul movimento operalo e di essersi opposta alla loro dispersione come settori speciallstlcl nel generico problema di un rinnovamento della storiografia Italiana. Ma essa ha avuto un altro merito (al quale tiene In modo particolare anche se è stato portato avanti in modo contraddittorio e confuso e anche se su questo problema è poi caduta). quello di tentare una risposta teorica e polltlca alla crisi del '56, alla crisi dello stallnlsmo e del frontismo Internazionali e quindi dl elaborare In alternativa una nuova strategia unitaria e una nuova strategia del potere di classe. che si svolgesse all'ln• terno del movimento operaio, lo rinnovasse senza rotture lrri· medlablli, senza finire su posizioni anticomuniste o sulle posi• zioni delle diaspore comuniste. Ouesto compito la rivista lo ha assolto solo In parte In quanto in essa si sono accavallate diverse linee senza mal fondersi, per cui nel passaggio dalla polemlca distruttiva verso Il precedente modo di fare storia al momento costruttivo richiesto dal nuovi livelli di lotta del movimento operalo queste linee vennero fuori nella loro lnconcUlabllità. Personalmente credo che la rivista abbia sofferto in modo particolare dalla non ma, turazlone e dalla non omogeneità dl una IJnea di sinistra comu• nista, per cui questo apporto nella rivista rimase sempre contraddittorio e confuso, da un Iniziale comunismo ltberalizzante che riscopriva I valorl democratici del sociallsmo storico a un finale bordlghlsmo che deduceva l'operare dalla scienza del te~ stl e non dalle esperienze creative della organizzazione e della lotta. La rivista lavorava su una prospettiva che vedeva la convergenza di due filoni polltlcl su una posizione di unità di classe. prospettiva che alla lunga si rivelò lllusorla (anche per i ritardi lmpllclti nel movimento operaio), in quanto se l'uno portò alla costruzione del partito politico, l'altra si perse nel meandri del mlnorltarlsmo entrlsta e in seguito nel guazzabuglio delle diaspore comuniste. Per quanto riguarda Il mio apporto personale, l'indirizzo che vi ho sostenuto e Il contributo specifico che vi ho portato si mossero In queste due direzioni: definire una polltlca unlt. ria che preparasse nel movimento operalo un'alternativa allo stalinismo senza rompere con le organizzazioni di massa, che - nella situazione di allora - avrebbe significato rompere tout court con Il movimento operalo: definire una politica di c:lasse, che fosse Il completamento della precedente, che po· nesse In modo nuovo, rispetto agli esempi storici che avevamo davanti, Il rapporto del Partito con le masse, Il rapporto con le Iniziative di classe che autonomamente sorgevano a livello della organfzzazlone del lavoro teorico e delle lotte ope• - 35

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