giovane critica - n. 20 - primavera 1969

tà capitalistica). profondamente radicata, e opportunamente ra• mlficata nel popolo e sopr3tlutlo tra il proletariato. Per contro. una caratteristica evidente di tutte le esperien• zc rivoluzionarie fallite, dalla Comune. ai tentativi del 1920-21 in Germania e in 1t:ili.1.all'Indonesia di oggi (il termine • fallita ,. non suoni dispregiativo: valgono per esse i giudizi espressi da Lenin sul 1905 russo), è la carenza di vera organizzazione, nel senso detto sopra. o addirittura la sua inesistenza. al di là delle intenzioni e delle impazienze idealistiche dei quadri impegnati nella lotta. Da questi esempi è doveroso trarre innanzitutto una conclusione. che ci tocca da vicino come militanti: nelle pi(I re-' centi lotte di m:usa svoltesi nel nostro paese. i compagni impegnati (si parla di quelli "realmente" impegnati, non di coloro che si sono limitati a suonare le trombe o a teorizzare le bai• taglie e le motivazioni altrui) non hanno tenuto nel dovuto conto - nella pratica di ogni giorno - quell'insegnamento dell'esperienza. o addirittura, in certi casi. si sono lasciati trasci• nare dall'entusiasmo del momento a considerarlo superato. Ciò è apparso grave sopratlutlo in campo studentesco, dove - pur essendo in corso un processo di proletarizzazione di ampi gruppi. nell'ambito di un processo analogo e piU vastO' che colpisce in questo momento notevoli strati della piccola, borghesia - la persistente influenza residua della classe di origine. e soprattutto l'ambiguità ogget1iva della collocazione sociale del gruppo nel suo complesso, ostacolano ancora una demistificazione radicale dell'individualismo e delle concezioni trionfali. volontaristiche e facilone della rivoluzione. E dunque chiaro che quei compagni che hanno ritenuto op• portuno sottolineare drasticamente le esigenze organizzative, nella misura in cui in questo modo hanno "costretto" nei fatti anche coloro che non sono disposti ad accettare la loro impostazione a porsi il problema in modo concreto. e non piU soltanto accademico. attendista. retorico. hanno svolto una funzione positiva. forse decisiva, in questa fase dello sviluppo della lotta di classe in Italia. Ed è anche abbastanza chiaro, ormai, che il problema dell'organizzazione rivoluzionaria è il tema centrale col quale nei prossimi anni i sinceri rivoluzionari esistenti in Italia dovranno misura~si, non soltanto teoricamente, ma com. misurando ad esso le proprie scelte pratiche dì vita e dì lavoro politico. 3. Considerando le cose in modo dialettico, però, è nostra convinzione che - per quanto possa sembrare paradossa• le - i compagni che oggi hanno posto il problema saranno anche a Hvello politico i meno capaci di partecipare e di dare, apporti positivi al processo che hanno contribuito ad avviare. Non si parla qui di successi o insuccessi quantitativi lm• 2mediati, che tutta l'esperienza rivoluzionaria del passato, a cominciare da quella bolscevica, mostra poco rilevanti, e che andrebbero comunque verificati in termini di composizione di clas• se. Né ci si augura (si spera che sia "chiaro") che quella pre• visione si riveli esatta. I: però necessario sottolineare alcuni motivi di grave disaccordo, che fanno si che quei compagni appaiano, a volte, là dove agiscono, "un pesante ostacolo" al pieno sviluppo delle-- energie rivoluzionarie attuali e potenziali. Non a caso tali motivi riguardano proprio - a livello sia pratico sia teorico - il ''concetto di costruzione dell'organizzazione rivoluzionaria". Scrive Lenin, in un saggio sul pensiero di Marx: "Soltanto la valutazione oggettiva di tutto l'insieme dei rapporti reciproci di tutte le classi di una data società, senza eccezione, e - per conseguenza - anche la considerazione del grado di sviluppo oggettivo di quella società e dei rapporti reciproci tra essa e le altre società, possono servire di base a una giusta tattica della classe d'avanguardia. Inoltre tutte le classi e tutti i paesi devono essere considerati non in una posizione sialica, ma dinamica, ossia non in stato di immobilità, ma in movimentDI (movimento le cui leggi derivano dalle condizioni economiche di esistenza di ogni classe). A sua volta il movimento non deve. essere consider,to soltanto dal punto di vista del passato. ma anche da quello dell'avvenire. e non secondo il volgare intendimento degli evoluzionisti, che scorgono soltanto le trasfotma• zionl lente. ma dialetticamente ... In questo brano risultano chiare alcune idee di grande valore, per cii!, che riguarda la genesi dell'organluazione: a) che il • radicarsi tra le masse ,. è un processo dialettico, risultante dallo sviluppo contemporaneo del lavoro politico di penetrazione e agitazione da un lato. e dalla ca.. pacità di generalizzare le esigenze delle masse alla luce di una analisi "scientifica" di tutte le variabili il cui gioco determina le loro condizioni presenti (compresa una analisi delle masse stesse in termini di classe): b) che un certo margine di volontarismo interviene "soltanto" nel momento In cui - presa coscienza delle condizioni concrete - si •decide,. di lavorare al fine di sviluppare l'organizzazione rivoluzionarla, ma "non deve assolutamente intervenire" (se non come sforzo di coe• renza nel perseguire l'obbiettivo) "nel processo di genesi dell'organizzazione stessa": c) che la realtà della classe, come quella della società ca· pitalistica, non è statica ma dinamica. e dunque il radi· carsl saldamente nelle masse non può essere concepito come operazione "pedagogica" cioè come sovrapposizione meccanica di una • teoria ,. preesistente e sempro

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