Appena saputa la morte del Che, i1 noslro primo pensiero fu: doveva morire proprio adesso che era dh1cntato piU indispcnsahile che mai? Non vi era alcun aiuto e alcuna liberazione? Era un uomo malato, soUriva di asma e di reumatismo. Non lo si sarebbe potuto portare al sicuro? Non c'era in nessuna parte un posto per lui in cui egli avrebbe potuto Ia,·orare quale cervello organi~ zatore, guida deUa Rivoluzione? Si pone la domanda: Si i.· sacrificato? Ha scelto la sorte di un martire? Noi non abbiamo bisogno di santi. Noi ri(iutiamo la venerazione mistica che circonda di un'aureola la morte espiatoria. Noi rifiutiamo l'immagine di Cristo, la deposizione dalla Croce, l'attesa deUa resurrezione. Ciò che rimane è la morte del Che, il tradimento, l'imbostata, un cadavere lacerato. Siamo complici di questa morte? Siamo noi i tra• di tori? Oppure eravamo solo prigionieri della nostra vita di tutti i giorni, indiHercnti, fiduciosi e noncuranti di quella lontana Rivoluzione? Abbiamo evitato di prendere posizione? E perché l'abbiamo e\•itato? Forse perché il campo sul quale egli combatleva si trovava cosi lontano? Se è cosi, allora abbiamo qualcosa da imparare dalla sua morte, Egli, che era piU indispensabile di qualsiasi altro, ci mostra ciò che lui riteneva come l'unica cosa giusta. Lo dimostrò col proprio corpo: Se non lo fate voi, allora lo laccio io. Egli non aveva una grande opinione della propria indispensabilità. Un minatore boliviano che si univa alla guerriglia non gli era meno importante. Ha mostrato: l'unica cosa giusta è prendere un fucile e combattere. Dopo la sua morte pouiamo girare la domanda come Che Guevara! vogliamo, la risposta rimane ed è molto semplice. E' una risposta che .:accenna alla nostra sconfitta ed alla nostra viltà. Lo sappiamo, si è S\•iluppala una grande dispula sulla questione del come deve essere condotta la battaglia rivoluzionaria in America Latina. Lo sappiamo, li i comitati centrali di molti partiti comunisti sono contro la guerra per bande. Essi sono dell'opinione che il tempo non sia ancora maturo. Favoriscono una tattica prudente. diplomatica; calcolano la possibilità di poli1ici1.zare dalle città. nttra,•erso paziente lavoro, la popolazione delle campagne. Si abbandonano ad una illusione: l'illusione della coesistenza pacifica. Come St' fos,e possibile coesistere con uno sfruttatore armato sino ai denti. Che Guc,•ara e con lui i guerriglieri dell'America La1ina ritengono l'azione diretta e immediata come l'unica via possibile. Essi sanno che niente altro che la bat111gliaarmata inchioda il loro nemico. Solo la violenza rivoluzionaria può aiutare. E sanno che è necessario ser• virsene anche se essa procura sconfitte e perdite pesanti. Ne sono consapevoli: ogni allimo di lrcgua. che viene concesso al nemico, lo fo pii, forte. Sanno anche: se essi stessi vengono debellali altri li seguiranno e por• teranno avanti la battaglia. Per questa ragione ciò non è eroismo; per loro è una cruda realtà, il pane giornaliero degli aUamati. I capi di partito possono progettare ciò che vogliono; nelle montagne si radunano sempre piU guerriglieri per continuare la Rivoluzione neUa Rivoluzione. La cosiddetta lingua deUa ragione non ha alcun potere 11uqueste azioni. Esi!te una sola po!!ibilità: combattere invece di morire di fame, invece di vivere come uno schiavo. -7
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