giovane critica - n. 18 - inverno/primavera 1968

essere fatte in questa direzione dovranno essere giudicale infantili o mistificatrici. Resta ]a considerazione piU importante: se la ritua• lità è una ( la) condizione, il primo problema in ordine d"importanza diventerì, l'uso ( i molti usi possibili) ciel rito. Liberiamoci dunque dalla fnlsa problematica del rito e consideriamo che possono esistere diHercnziati luoghi di spettacolo e differenziati modi di creare lo spettacolo (sia come attori che come spettatori). Il problema a questo punto diventerì, non tanto quello della liberazione del linguaggio in astratto, quanto quello dell'uso del linguag• gio. Si rende necessario anche qui un esempio: una delle bandiere nel nostro teatro di avanguardia è stata la rinuncia ( decomposizione) al personaggio, a vantaggio dell'altore o del momento emozionale. Ebbene, già in Brecht, noi troviamo la decomposizione del personaggio, personaggio decomposto, eppure unitario nella misura della sua utilità politica. Per un teatro t< politico », ricollegare il teatro alla vita ( Living), non dovrà signilicare la riscoperta biologica dell'uomo, né il riscatto dello spirito teatrale, ma l"uso politico delle leggi teatrali. Cercando la ritualità buona si negherà la ,,ita ( rapporti di classe), come tcn1ando di rompere la ritualità non si potrà far altro che c!òiahareil caso, una utopica spontaneità di sentimenti, in definitiva la nostra alienazione gonfia di latte decadente e tecnocratico appunto. Eliminata l"alternativa rito-non rito caratteristica di visioni del mondo esistenziali, paradosso moralistico della cultura borghese, viene a riproporsi il problema dell'integrazione. Nella mentalità corrente, mi pare che l'integrazione sia piti una parola che un concetto, tanto che si sentiranno decorare di non integrati, allo stesso livello, i falliti e i rivoluzionari, i disadattati e i sottoproletari, per non toccare il caso narcisistico degli intellettua1i. E' uno spazio, piti che ambiguo, senza limiti, che sarebbe ingiusto negare a certi nostri teatranti d'avanguardia, consentendo ]oro di mettersi l'anima a posto. Ai fini del no• stro discorso, però, esso sarà inefficace. Per questo, nel precedente articolo, ho preferito far riferimento al concetto di mercificazione, ideologicamente sicuro e piU utile ni fini del nos1ro discorso. Nessun teatro politico dovrà essere merce. E' un·ac<1uisizione irnporrnn1c: il Living, per esempio, comunemente giudicato non integrato, ri~ul. tcrà poi appartenere ai massimi esempi di mercificazione teatrale. Da i1ui nasceva l'esigenza di individuare le caratteristiche del nuo\'o t< teatro politico» nel totale decentramento e ncll'antiprofcssionismo, di immaginare cioè <1ucl teatro ruotante su cardini opposti a <1ucllì del teatro politico \'Olgare: pellegrinaggio degli operai al !empio, ovvero gita in campagna degli attori. Tro1>po comodo, troppo eroico, troppo narcisistico portare un astrailo teatro <l'impegno agli operai, ai contadini e pedino agli studenti. Che il teatro di quartiere lo facciano i quar1ieranti, il 1catro di paese i paesani, il teatro di fabbrica gli operai. Compito dei teatranti poli• tici sarà ,,ucllo di creare le condizioni per questa autofecondazione. E' questo il punlo in cui la batlaglia per il teatro 1>olr:I combaciare con la battaglia per la « politici1..zazionc " del 1eatro. Un primo slogan dunque potrebbe essere: meglio la filodrammatica. di Artaud. Un secondo: l'unico modo per sah•are Brecht sarit quello di recitarlo male (,·cdi gli sciagurati effetti della perfezione adamantina di Strehlcr). Un terzo: non sostituiamo all"Enal, l'Arei, ma faccia• mo della « ricreazione ,, un momento di battaglia. Basterà questo per rompere il tessuto fascista della filodrammatica. La psicologia del rito ci ha abituati a contrapporre un officiante, un uomo con doti eccezionali ( lo spirito dell'artista e del prete) alla massa, per definizione priva delle stesse. In un tempio lo spirito si compra, nell'altro ci verrà regalato sotto forma di ostia e di acqua benedella. Questa psicologia, in teatro, non si potrà rompere facendo agire.reagire il pubblico, come tanti ci hanno detto, dai futuristi agli artodiani. La p!icologia del rito si romperà solo quando io potrò officiare la messa, e tu potrai recitare di (ronte a un pubblico uguale a te. Senz.a lo spirito, il rito diventerà un 'altra cosa, diventerà ( po• - 19

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