giovane critica - n. 17 - autunno 1967

di ristornt le forti sov,•enzioni ministeriali; dall'altro, senza creare nuovi quadri tecnici, trasferi nella sua produzione l'intera categoria degli attori teatrali e costruì i suoi programmi a misura di questa disponibilità. Il secondo: Il teatro arebbe dunque una specie di scuola professionale. Il primo: Dica pure uu collegio svizzero, con una implacabile strullura educativa. Il secondo: E la televisione si sarebbe appoggiata al teatro per la sua vernice educativa e per la sua debolezza industriale. Il primo: Esattamente. Per le stesse ragioni la televisione non si appoggiò al cinema. Con questa industria si instaurò una sorta di coesistenza pacifica, anche se oggi ritengo sia avviata un'escalation televisiva di grandi proporzioni. Il secondo: Questo spiegherebbe la nuova linea sindacale degli attori teatrali, non piu concentrata sui problemi del teatro, sollecita invece al mantenimento reale dei privilegi televisivi, contro la tendenza cinematografica. Il primo: Benissimo. Badi bene, sono considerazioni importanti queste, perché danno ragione della natura particolare dello spettacolo italiano. Con un 'analisi piu approfondita si potrebbe arrivare a capire perché non esista nel nostro paese una televisione cinematografica o « televisiva » e una industria teatrale piu articolata, se non piu ricca. Il secondo: D'accordo, ma siamo usciti fuori tema. Il primo: Non direi, dal momento che siamo riusciti a stabilire la natura e l'entità dello spettacolo industriale, di quello che siamo abituati a chiamare teatro. Il secondo: E con questo? Il primo: Le dirò francamente che mi sembra paradossale, io questa situazione, concepire il « teatro libero » come un « teatro alternativo ». Il secondo: Lei ha paura delle parole o forse è ancora prigioniero di pruriti « populisti »; sarebbe quella la sua alternativa~ Il primo: E' lei a giocare con le parole. Un 'alternativa evidentemente non può essere altro che politica e questo a Ivrea ve lo siete dimenticato. Occorre però un 'analisi; su questa siamo molto indietro. L'alternativa classica, Piscator Brecht per intenderci. purtroppo non mi sembra piti attuale. I! secondo: Meno male. Il primo: Tralasciamo, non saremmo d'accordo sulla valutazione. Il punto è che l'organizzazione della classe non si pone piti come alternativa e d'altro canto il luogo, la collocazione del teatro nella nostra società sono mutati; il teatro non è piti al centro dello associazionismo. Questi sono i motivi di fondo per cui non credo piti alla linea tedesca, come non credo al teatro di partito, una prospettiva che i responsabili comunisti ci hanno abituati a non considerare: una tentazione di meno. Il secondo: Il Partito comunista ha dato a Quartucci tre milioni per il suo ultimo spettacolo. Il primo: Vede? che le dicevo? Il secondo: Lei però si ostina a nascondermi il suo concetto di alternativa. Il primo: Per parlare come i suoi amici, le dirò che non credo alle alternative, ma alle alterità, alle diversità. Ma di queste parleremo piu tardi. Il secondo: Va bene, lei capirà allora perché abbiamo cercato di indirizzare il nostro lavoro nella creazione di un « circuito libero ». Il prin.w: Non capisco invece. Il teatro che voi avete bat• tezzato « nuovo » e che tutti noi abbiamo conosciuto a Roma, a Milano, a Genova o altrove ha radici sta• bili. direi anzi che è l'unico teatro veramente stabile che il nostro paese abbia conosciuto, ed è qui il suo pregio. Toglierlo al suo pubblico, tecnico o snob se vuole, significa dimezzarlo, annullarlo. La sua funzione si è sviluppata nel rapporto costante con gli spettatori, al di là, sempre, dello spettacolo confezionato. Due ore di Quartucci o di Bene non sono nulla, sono merce. Diventano merce soprattutto se tolte al loro pubblico, buttate a casaccio ( o pianificate) - 57

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==