giovane critica - n. 17 - autunno 1967

( del la, oro che tende a fare del [ine dei produllori la produ,ione e la rnoltiplicazione « indeterminata ne« estraniata>) di oggetti-cose). Le « -cicnLe urna ne » tendono, anch ·esse, a « razionaliuar-i "· \ cngono meno alla pratica dialettica di dirno,trare la conuc-,ionc tra il fine di possedere ( nel ,en,o di dominare e di manipolare) e le forme del pen- -icro ra,ionaliaato, e di dimostrare il processo di « astrazil)nc dalla realtà del corpo n e « la so tituzione dell'irnpul,o a,tratto a tutta la realtà n. Di\'cntano scienze dei « ,alori di •cambio,, e non dei « valori d·u·o n (nelb prete-a di una loro radicalità antropologica strutturale), dei bi,o!!ni ,11perf/11i. non di <1uclli necessari. E. vero. l'uomo « fau,tiano " non limita i ,uoi bisogni, che sono ,torici. non-naturali, ,i riproducono e si accre,cono continuamente. ( E per quc,to alcuni psicanalisti « dialclli- ,:; >1 ... o..t.cngono che in \larx n1anca una « teoria dei bisC'• !!ni " come teoria della corporeità.) Ma i bisogni sono de- ,iderio e non artificialità. scelta e non costrizione. Si tratta di -tabilire una scclta-dcci,ione « politica" dei bi- ·ogni e del circolo tra espansione delle Corze produttive ed e-pan,ione del proceoso cli produzione; i tratta di decidere q11alitatirn111e11te dell'estensione quantitativa dei bi,ogni. ( E. qui la sfida cinese alla civiltà industriale " dei consumi.) I bisogni sono storici e non naturali; ma sono ,celta del necessario deciso. non sono la coazione al superfluo non deciso. La scienza deve essere « arte di u,arc ». cono•ccnza dei bisogni e dei prodotti-bisogni non di quelli che oggi si chiamano « i consumi "· Rapidità, inutilità, ob olescenza dei consumi. I consumi « morti "· Escremento. e non ali\nento, evacuazione e non nutrimento, se ,·ogliamo impiegare le metafore psicanalitiche. Lo uomo faustiano non deve cedere all'uomo conformista dei consumi, robot del benessere, riLJesso indefinitamente ripetuto della falsa socializzazione. Anche qui lo scambio degli e<1uivalenti è « guida d'azione e standard di moralità ,,, come scrivono Sweezy e Baran, a proposito del Monopoly Capitalism. Questo vale per beni materiali e per quelli cultu38 - rali. Si ha ancora l'illusione che la cultura sia indenne dal quid pro quo. E' il pudore, e il privilegio, degli « intellettuali "• o la fede colpevole-innocente dell'uomo-massa cli fronte a questo preteso rifugio fuori del mercato. E. l'orgoglio-condanna degli intellettuali e delle loro« ideologie "· la cui radice pro[onda è nella divisione sociale ciel lavoro. Dice perfettamente Adorno: « il puro valore d'uso, di cui i beni culturali nella società capitalistica devono con ervarc rillusione, viene sostituito dal puro valore di scambio. che si assume ingannevolmente, proprio come tale, la funzione di valore d'uso ». Si può negarlo. ncll.àmbito della cultura che si è fatta, e si fa industria culturale ( e « industria della coscienza», dice Enzen- ,bcrgcr) e cultura di massa, manipolazione delle intelligenze e delle coscienze al consenso verso il Sistema, produttore della cultura come sistema « proiettivo » e « protetti, o" dei bisogni arti[icali? Nella totalizzazione industriale tutto si fa-è merce, danaro. capitale: il lavoro, la natura, il pensiero, il lingua~gio ... Dice, amo, la « realtà " come rapporti tra gli uomini e gli oggetti, e rapporti degli uomini tra loro. Gli oggetti non sono i « prodotti n in cui l'uomo si og• gctti,·a producendosi e aHermandosi; la relazione tra uomo e oggetto non è di possesso-uso, di utilità-bisogno ( e cli soddisCazione dei bisogni), di « appropriazione " ( appropriazione, da parte dell'uomo, dell'oggetto e di se stesso, cioè produzione-e-autoproduzione per l'uso). E' una relazione alienata, di possesso di un « sostituto n, di un « equivalente » reificato, che non corrisponde, che non appartiene all'uomo, e che invece si appropria dello uomo. O meglio: appartiene ai proprietari dei mezzi di produzione, ai « padroni " del loro uso, delle regole. del contratto e « codice » dell'uso. Ai patroni che « usano » altri uomini come merci, il cui valore d'uso è di esser.:: valore di scambio. E' una relazione duplicemente alienata: alienazione del rapporto tra uomini e loro prodotti e alienazione del rapporto tra uomini-merce e uomini-proprietari. La prima alienazione è, già, nel rapporto di

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