giovane critica - n. 17 - autunno 1967

trasformazione:. o meglio, la sua trasformazione calcolata, preveduta, al di qua di ogni rivoluzione possibile. Spet• tacolarità dell'esistenza e delJa scienza ( delle scienze): lo uomo della scienza e l'uomo del senso comune sono enltambi reificati. Necessariamente il filosofo è " speculativo n e lo scienziato è " naturale n, nella loro separatezza dalla praxis e nella assolutizzazione della loro separatezza; si " aprono » al mondo-mercato per modificarlo ac• celiandolo, o si " chiudono » nella loro estraneità metodologica. Ma sempre meno la loro « scienza n sarà neutrale; condannata ad essere apologetica ( malgré eux), o assiologica. La razionalità è-sarà ( sempre piu) la repressione del desiderio, la giustificazione della realtà esistente, l'apologia ( diretta o indiretta) del progresso quantitativo, l'estensione della ideologia ( e l'abolizione della utopia), come generalizzazione a un tempo dell'" economico » e del modo di pensare impersonale, astratto, ccoggettivo ». La società della ratio è la società dell'economicità; e viceversa. La ratio economica coincide con la ratio scientifica, la scienza-tecnica con il potere esistente. Si « realizzano »., nell'àmbito dell'industria-tecnica, la quantificazione dell'esperienza come metodo scientifico e l'identificazione di sapere e potere ( il mito ideologico-scientifico, baconiano). L'analisi della razionalizzazione ( dal Lukacs giovane, a Weber, dall'Husserl della Krisis al Marcuse di One-dimensional Man) è ancora aperta e attuale. Già Marx aveva definito e spiegato perfettamente in alcune pagine del Capitale, la tendenza alla feticizzazione come tendenza « al razionale » nella società borghese-capitalistica. La razionalizzazione è alienazione e reificazione, « cattiva unità » di scienza e industria, di dominio tecnico della natura e dominio " razionale » sulla società, che divide praticamente scienza e praxis sociale, e finisce per identificare praxis e praxis scientifico-tecnica. Per Weber ( che costituisce, ancora, il modello metodologico ed epistemologico " egemonico ») il " disincanto del mondo » è « il destino del nostro tempo », di fronte a cui non resta che accettare metodologicamente la serie o catena di: « liberazione dalle illusioni ». « neutralità avalutativa ». « disincanto ", « dc- ~tino ». Le scienze urnanc della società "razionalmente» non trasformabile sono, di fatto, ancora weberiane. Si rifiutano di vedere la feticizzazione di questa razionalità, la sacralità di questa profanità. Gli restano la scienza come " mestiere " e " il demone che tiene i fili della vita ». La « lotta dei valori » è solo " demoniaca "· La « onestà >l è proporzionale al silenzio metodologico, e politico, sui " demoni ». Le domande sono quelle" di tutti i giorni "· Attesa e fervore sono esorcizzati. Il perché e il per chi sono dissolti nel come della scienza. Anzi si deve rifiutare di rispondere al " senso ,, ( e ali'" uso i>) della scienza, che non può decidere neppure del suo " valore >l. l\'la la sua autosufficienza è diventata il egno della sua eteronomia. La scienza è diventata << tecnologia ,,. Possiamo ripetere ( con il Freund) che " la posizione di Weber è quella dell'individualismo che esita tra le due versioni dell"attività: pro• meteica cd epimeteica >>: o meglio. che è la giustificazione metodologica della «esitazione». Detto altrimenti: la scienza-tecnica. separata dai bisogni e dal lavoro e risolta in « servizio del capitale >>, esprime perfettamente ridentità di dominio razionale sulla natura e di dominio razionale sulla società. E' questa identità « contraddittoria » che bisogna rompere, cominciando a scoprire la contraddittorietà di questa identità. Siamo arrivati al punto in cui possiamo e dobbiamo distinguere tra « due » scienze e tra due tipi di industrializzazione. E' la società capitalistico-industriale totalizzata che ci porta a vedere dentro la scienza-ideologia; ed è la scienza-tecnica che ci porta a vedere dentro l'industria-potere. Anche la scienza ( come interrogazione su se stessa: il perché, il per chi, il come) è diventata feticistica. on si pensa come strumento per un fine: la liberazione dell'uomo, attraverso l'abolizione dei rapporti sociali di produzione, e la soppressione tendenziale del plusvalore. E si pensa, invece, e si pratica, come separazione dal lavoro e a servizio del capitale, in funzione dell'aumento di plusvalore e non in funzione delJa liberazione del lavoro; come strumento per aumentare i beni di consumo attraverso lo sfruttamento del lavoro - 37

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