giovane critica - n. 17 - autunno 1967

e « Le forme moderne della lotta operaia, nei paesi a grande capitalismo, portano lutte come ricco cooteouto della propria spontaneità la parola d'ordine della lotta coot.ro il lavoro, come unico mezzo per colpire il capitale. Di nuovo, il par• t1lo ~i presenta come organizzazione di quello che nella classe già c'è, ma che la rla,1:e da sola non riesce ad organizzare n (M. TRONTI, Operai e capitale, cit., pp. 260-61). 30 - raie del '56 la vitalità di una esperienza come quella dei Quaderni rossi è stata di cercare di partire dall'interno delle lotte operaie per arrivare alla teoria, e non da una teoria tradizionale che l'evoluzione delle forze sociali rende sempre meno verificabile, come è il caso delle minoranze storiche tcrzinternazionaliste, o da un approccio di tipo culturale che resta esterno alla realti1 cl i classe. Tuttavia questo sforzo di porsi all'interno delle lotte evidenziandone ed isolandone gli elementi politici, in polemica con posizioni economiciste tipo Lombardi o Foa, tende a divenire un rifiuto della teoria economica in quanto tale ed è proprio Classe operaia che finisce per realizzare organicamente questa tendenza idealista presente già in tutte le prime analisi dei Quaderni rossi. Di qui un rifiuto sostanziale di alcuni presupposti fondamentali del leninismo: a) per quanto riguarda lo stato. Infatti nella misura in cui il rapporto di fabbrica padrone-operaio è non solo in potenza ma in atto il rapporto politico fondamentale, è a livello di fabbrica cioè in ultima analisi a livello di lotta economica che si deciderà la questione del potere. Non a caso, né contraddittoriamente, Tronti conclude il suo libro teorizzando il rifiuto del lavoro come futura espressione della rivoluzione operaia'. Il problema della distruzione dell'apparato statale e dell'organizzazione illegale del partito di conseguenza si vanifica. b) per quanto riguarda l'imperialismo. Nella misura in cui la classe operaia viene posta come motore di-

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