giovane critica - n. 17 - autunno 1967

durre quella situazione generale di proletarizzazione in termini di coscienza antagonistica operante sul piano sociale, occorre dunque rendersi conto che sarebbe vano pretendere che la sola enunciazione del problema in termini generali, o degli obbiettivi macro-politici che vi sono connessi, abbia in se stessa la capacità di catalizzare - su posizioni attive di lotta - coloro che nella realtà sono coinvolti dal problema stesso 12 • D'altra parte, questo è chiaramente visibile anche nei contatti con individui già fortemente « politicizzati »: non è raro incontrare compagni la cui conoscenza delle tesi politico-teoriche di « sinistra » e il loro accordo dichiarato con esse, sono completi, e che pure appaiono frustrati dalla difficoltà di tradurre tale posizione in termini adeguati alla situaziom: ( locale o settoriale) in cui vivono. Pochi militanti italiani, francesi, tedeschi, ignorano del tutto - oggi - la tentazione piu o meno velleitaria di « andare in America Latina ». Nella misura in cui tale stato d'animo, invece di tradursi in tentativo di azione politica concreta ( oppure, ovviamente, in una reale emigrazione), diviene mitizzazione delle esperienze fatte altrove, consumo di una letteratura senza alcun tentativo di assorbirne i dati « universali », allora esso non è che uno dei possibili volti della proletarizzazione, controllabile e strumentalizzabile senza eccessive difficoltà - qualora si usino gli accorgimenti adatti - dalle burocrazie del « movimento operaio », che non a caso mantengono in merito un atteggiamento di sostanziale silenzio. Nei compagni che vivono piu seriamente quel dilemma, esso si traduce poi a livello teorico nel cosiddetto problema dell'« esistenza di condizioni rivoluzionarie obbiettive » ( che fa il paio con quello - di cui s'è parlato - della diminuzione di evidenza immediata delle proposizioni marxiane). Potrebbe apparire poco importante entrare in merito a questo problema, se ce lo si trovasse tra i piedi soltanto nella forma in cui se ne servono i burocrati nei loro funambolismi ". Esso diventa piu serio, se può costituire una via di evasione per forze disponibili alla via rivoluzionaria. In via puramente teorica, la migliore risposta potrebbe essere una nota affermazione di Marx, ripr~sa poi da Lenin : « Sarebbe del resto assai comodo fare la storia universale, se si accettasse battaglia soltanto alla condizione di un esito infallibilmente favorevole »". L'idea che Marx sottintende, e che Lenin esplicita nella sua prefazione, è che la « condizione rivoluzionaria » decisiva è costituita proprio dall'esistenza, sul piano sociale, d'una forza politica del proletariato, organizzata a fini eversivi. Ogni dubbio o esitazione di fronte ai compiti che scaturiscono da questa impostazione, come l'idea che altrove sia piu facile fare la rivoluzione, sono segni o d'una scarsa coscienza dei problemi da affrontare, o d'una visione « eroica e trionfale » - prettamente piccolo borghese - del.la rivoluzione, oppure di sostanziale attaccamento alla piccola nicchia che la società borghese - almeno nelle sue fasi democratiche - concede a chiunque si accontenti di fare l'ideologo. Basta leggere le pagine di Debray sui danni provocati nel movimento rivoluzionario latino americano dall'affermazione dei « caratteri peculiari e irripetibili » della rivoluzione cubana, per rendersene conto. 5 Ma neppure la consapevolezza dell'insufficienza del- • le enunciazioni teoriche generali del problema c degli obbiettivi di massima, è sufficiente a dare una risposta alla domanda « che fare? ». Poiché anche rispetto a tale problema è possibile trovare numerose vie di evasione sul piano teorico, provocando e moltiplicando « fratture politiche » che altro non sono - per quanto a volte abbiano il pregio di far sentire molto eroici e leninisti i protagonisti - se non un segno di impotenza, di esitazione ad affrontare con pazienza, umiltà e perseveranza i compiti pratici, i problemi tattici, tecnici, di linguaggio, che un lavoro d'organizzazione ( l'unico attraverso il quale si possa pretendere all'« universalità ») impone. L'impossibilità di scindere prassi e teoria nel compito rivoluzionario, appare ancora una volta chiara - in apparenza paradossalmente - nell'importanza che acqu.i- - 13

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