giovane critica - n. 17 - autunno 1967

GIO ; iNE CRITICA .•. 17 autunno· 1967 I nostri conti con Gramsci Prospettive e problemi di "Classe Operaia" La scuola di Barbiana e la scuola di Carmichael Osip Brìk · Claudio .A,l e/dolesi Stefano Merli Giovanni Al ottura Vittorio Rieser Gianni Scalia Mario Tro,eti Classe partito teoria ' \ mm· JH~ I Un inedito cli , l dorno I ':; ,· .r

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• classe partito • teoria 1 In particolare nel lucido e stimolante articolo di FEDERICO STAME, La pralu,a ,ociale, n• H; e cfr. anche T1ZIANO SALARI, Quakhe precùcaione, editoriùe del n• 15-16. . Il rapporto masse -organizzazione 1 Nei recenti numeri di Giovane critica 1 sono emersi due temi di discus- • sione, collegati tra loro, che hanno una grande attualità politica: da un lato, il rapporto tra teoria e « pratica sociale », dall'altro, l'analisi critica delle esperienze dei gruppi e gruppetti di « sinistra estrema » in Italia. Il problema del rapporto tra organizzazione e masse è, nell'uno come nell'altro caso, l'aspetto cruciale da discutere. L'esperienza dei gruppetti di sinistra italiani 2 Analizzando la situazione della lotta di classe in Italia ( e in altri paesi • europei), si può fare subito una constatazione: mentre al livello dell'elaborazione teorico-strategica e dell'organizzazione « politica » si esprimono posizioni alternative da sini tra alla linea del movimento operaio ufficiale, l'organizzazione concreta dell'antagonismo di classe, nelle sue espressioni immediate e pratiche, resta tuttora monopolio delle organizzazioni ufficiali. A questo livello, gli elementi che sfuggono al controllo delle organizzazioni ufficiali non sono per questo organizzati da qualcun altro, e restano quindi inutilizzati per possibili sviluppi politici. In questa luce, l'elaborazione strategica 'alternativa' dei gruppetti di sinistra si rivela in sostanza come una illusoria libertà di procedere sul terreno dell'astrazione: poiché essa non ha radici nel terreno concreto su cui .-merge, nelle sue forme iniziali e spontanee, l'antagonismo di classe. -1

23 Le ragioni ,toriche di questa situazione sono molteplici. Da un lato, il • sorgere di una parte dei gruppetti di sinistra in fasi di « riflusso rivoluzionario» ha contribuito a questo distacco: in situazioni di conflitto c,plo,ivo è più facile superare lo svantaggio iniziale della mancanza di una organizzazione già consolidata ed aCfermata. E anche se molti di questi gruppi si ,0110 sviluppati quando i conDitti di classe ( negli anni '60) ridivenivano piu. inlcn,i. si tratta\'3 pur sempre di conflitti sindacali, in cui l'azione delle organizzazioni « riconosciute » era indispensabile per il successo, e in cui i fermenti più poli,ici e rivoluzionari avrebbero potuto essere portati alla luce da una sistematica azione organizzativa, ma non erano spontaneamente cosi forti ed espliciti da creare auto110111ame11te le basi per una nuova organizzazione. Inoltre, una nuova organizzazione doveva fare i conti con una d1iplice schiera di organizzationi riformi,tiche: non più soltanto quelle socialdemocratiche tradizionali, ma quelle che erano sorte come alternativa alla degenerazione delle prime, cioè le organizzozioni comuniste; e questo fatto, con le false alternative o con la sfidul'ia ulteriore che creava, costituiva un ulteriore ostacolo alla saldatura tra settori (·on,istenti della spinta di massa e nuove stabili forme di organizzazione. Quali d1c sian(> le ragioni storiche di questo distacco, comunque, ciò che ci interessa cli più è ,·ederoe le co11segue11:e. 4. a) La prima, più generale conseguenza è che il livello di coscienza di classe finisce per venir considerato come un dato, su cui la forma principale di intervento pratico diviene il commento: si commenta la co- •cienza di classe, pili che contribuire a formarla. Cosi, a seconda dei casi, la coscienw di classe viene vista come già compiutamente antagonistica. padron:i delJa stretegia, e bisognosa soltanto di una tattica, cioè di un'organizzazione ( è il caso di Classe Operaia); o come di per sé !rade-unionista ( nella massa) e bi- •ognosa quindi di una strategia che le venga dall'esterno, dal partito ( è il caso della ripresa di temi leninisti osservabile in molti gruppi). b) li problema però viene solo apparentemente ridotto a un problema di <Jrganizz,,zione: perché il problema della organizzazione è proprio quello che ,·iene evitato nella pratica di que te posizioni. Infatti, posizioni piu. o meno « spontaneiste », alla Classe Operaia, dopo aver per un po' sperato che la spinta delle masse ( « la strategia n) si coagulasse spontaneamente attorno ai punti di riferimento offerti dai gruppetti di sinistra, hanno ora riversato sul partito esistente e dominante del movimento operaio, il Pci, il compito di divenire 'la tat- !ica' che organizza la classe operaia rivoluzionaria. A loro volta altri gruppi, che :i richiamano a posizioni leniniste, o finiscono per autoproclamarsi « partito ri-

2 Cfr. sugli aspetti deteriori del • metodo dei gruppetti •• le oasenuioni di T. SALARI nell'art. cii. voluzionnrio n, senza per questo avere un eHcttivo legame con le masse. o rinviano piu in là la formazione del partito, senza però definirne concretamente il processo di formazione ( o, al massimo, lo definiscono io rapporto al recupero di una certa quantità di « quadri n e non io rapporto alla situazione delle masse). e) Soluzione astratta del problema dell'organizzazione e rinuncia ( nei fatti o anche teorizzata) ad intervenire praticamente, sistematicamente, per sviluppare i fermenti di rivolta delle masse io elementi di coscienza antagonistica sono io realtà due facce dello stesso fenomeno. E ad essi si collega strettamente un altro aspetto: cioè il dogmatismo e l'astrattezza nei metodi di conoscenza della situazione di classe. L'inchiesta, la raccolta di dati di cono ceoza giorno per giorno, caso pei- caso, vengono rifiutati come « deformazioni sociologiche » proprio perché vengono visti come metodo di conoscenza globale di una situazione òata, e non come strumenti di orientamento di un lavoro pratico quotidiano, in cui si cerca di intervenire continuamente sul livello di coscienza e di organizzazione operaia, di cui tali strumenti di conoscenza danno alcuni « io1lizi » da verificare oell'esperie11za pratica. Al rifiuto di questi strumenti di indagine corrisponde spesso la scelta di un metodo te filosofico n ( per non dire idealistico) di conoscenza della classe operaia, in cui la sua situazione reale viene dedotta da alcuni concetti, o altre volte di un metodo « tradizionale », io cui la ma situazione reale viene dedotta da analisi di momenti passati della storia del movimento operaio. d) Infine, il settarismo, la polemica e le distinzioni sottili tra i gruppetti è un altro aspetto di questa situazione 2 : ioaozitutto perché la polemica interna, a livello intellettuale, diviene il principale criterio di verifica delle posizioni, in assenza di una verifica data da un lavoro organizzato a livello delle masse; e, piu in generale, perché nel mondo astratto delle te strategie alternative » elaborate a priori le dimensioni si deformano, l'importanza reale delle cose comincia a sfuggire e l'affermazione di un gruppo rispetto a un altro diviene a volte piu importante dell'avvio di un lavoro a contatto con le masse. 5. Queste osservazioni non intendono essere la critica cli un « gruppetto » ad altri « gruppetti »: ché si ricadrebbe allora proprio nel settarismo che si è denunciato. Le distorsioni a cui abbiamo accennato hanno, in misure, forme e tempi diversi colpito un po' tutte le forze della « sinistra eretica ». Sembra ora diffondersi una crescente « coscienza autocritica » di tale situazione - non strettamente delimitata da confini ed etichette di gruppo - e una ricerca di un nuovo metodo di lavoro. Si tratterà quindi di discutere non su quale gruppo, meglio di altri, sappia esprimere tali esigenze, ma su quali siano alcuni criteri-guida in questa direzione. -3

' La geoeralizzabilità di questo metocfo si inquadra in una piU vasta re,·i• ,ione del problema del rapporto tra li- ,·elJo di 1:, iluppo e rivoluzione, a cui i rinesi hanno potentemente contribuito: es-..:,as1 inquadra cioè nel rifiuto di stabilire un rapporto meccanico tra questi due termini; la possibilità rivoluzionaria viene quindi definita in base ai rapporti di forza tra le cla&Si antagooistiche 1 e può quindi sorgere anche in paesi di bas•o li,•ello di .. -iluppo. Questa posizione si può ovviamente far risalire a quella leninista: ma è dei cinesi l'elaborazione di una teoria piU ricca e coerente sulle condizioni necessarie perché il processo rivoluzionario, iniziato in un"arra sottosviluppata, non subisca una in, oluzione di tipo capitaHstico. Queste condizioni possono sintetizzarsi nel termine di « rivo1uzionc ininterrotta •, ,•ista sia nella sua dimensione internazionale ( l"area in cui si è preso il potere e solo un·« area occupata dalle fon.e ri- \·oluzionarie » in continua lotta con I1area capitalistica) c-he nella sua dimensione interna (l'u edi[icazione del socioli~mo » è vi~ta come uo procesao di lotta di cla 11se anche all"interno, e di questa lotta sono permeate tutte le istituzioni della sorietà socialista. partito compreso). " Da « Alcune questioni riguardanti i metodi di direzione » (l O giugno 1943), in Cira:ioni dalle opere del pre,idente Mao T.e-lung. Casa Editrice in Lingue Estere, Pechino 1967, p. 137. s Da u Sul governo di coalizione •, ( 2 I aprile 19-15) in Cira,ioni, cit., pp. 135-6. 4Utilità del penaiero di Muo Tsc-tung 6. Da questo punto di vista, il riferimento al pensiero di Mao Tse-tuog non è arbitrario, né è soltanto un generico « omaggio ». Esso costituisce infatti la Conte piti ricca ed organica di indicazioni generali di metodo sul rapporto tra organizzazione e masse, Queste indicazioni sono valide al di là delle differenze nei livelli di sviluppo e nelle situazioni specifiche: varierà la composizione di classe delle masse organizzabili, e con essa i contenuti immediati della lotta, ma i criteri con cui !"organizzazione deve riferirsi alle masse per sviluppare la capacità rivoluzionaria sembrano generalizzabili'. 7. La formula « dalle masse alle masse » sintetizza efficacemente il metodo di Mao: « In tutto il lavoro pratico del nostro Partito, q-ua1siasi direzione giusta è necessariamente basata sul seguente principio: dulie masse alle masse. Questo significa che bisogna raccogliere le idee delle masse ( disperse, non sistematiche), tonccntrarlc ( attravero lo studio trasformarle in idee concentrate e sistematiche), quindi portarle di nuovo alle masse, diUondere e spiegare queste idee finché le masse non le assimilino, vi aderiscano fermamente e le traducano in aziooe; e verificare in tale azione la giustezza di queste idee. Poi concentrare ancora uno volta le idee delle masse e riportarle quindi alle masse perché queste idee siano applicate con fermezza e fino in fondo. E sempre cosi, indefinitamente, come una spirale senza fine; le idee ogni volta saranno piU giuste, vitali e ricche. Questa è la teoria marxista della conoscenza••· « L'autoritarismo è un errore in qualunque tipo di lavoro, perché, andando oltre il livello di coscienza politica delle masse e violando il principio dell'azione volontaria delle masse, riflette quella malattia che si chiama precipitazione. I nostri compagni non devono credere che tutto ciò che essi capiscono sia capito dalle larghe masse. Solo andando fra le masse e 1 onducendo un'inchiesta, possiamo scoprire se esse hanno capito e sono pronte a passare alla azione. Agendo in questo modo, possiamo evitare l'autoritarismo. Il 'codisrno' in qualunque tipo di lavoro è anch"esso un errore. perché, non rnggiungcndo il livello di coscienza politica delle masse e violando il principio di guidare )e masse nella loro avanzata, riflette una altra malattia chiamata lentezza. I noslri compagni non devono credere che tutto ciò che essi ancora non capiscono oon sia ,·11pito dalle masse »5 • « Per stabilire un legame <'On le masse. dobbiomo agire in conformità con i loro bisogni e i loro desideri. Ogni lavoro fatto per le masse deve partire dai loro bisogni e non dal oesiderio di una qualsiasi persona. per quanto bene intenzionata. Capita spesso che 1e masse abbiano obiettivamente bisogno di unn certa trasfom1nzione, ma che, soggettivamente. non abbiano ancora coscienza di questo bisogno, e che non abbiano né il desiderio né 1a deci- •ione di compierla. lo tale caso. dobbiamo attendere con pazienza. Potremo realizzare questa trasformazione solo quando. in seguito al nostro lavoro, le masse saranno per )a maggior parte divenute coscienti di questo bisogno e acquisteranno il desiderio e la decisione di rea• lizzarlo. In caso contrario, ci allontaneremo dalle masse. Qualunque lavoro che richiede la partec-ipazione delle masse div<'nlerà qualcosa del tutto formale e fallirà se le masse non

• Da « Il fronte unito nel lavoro culturale• (30 ottobre 1944), in Cil<I• zioni, cit., pp. 132-33. ' L'esperienza storica della rivoluzione cinese mostra infatti una flessi• bilità in questo senso: le forme di orga• nizznEione politico.militari sviluppatesi durante la lotta rivoluzionaria nelle campagne erano assai diverse dall'originario modello di partito •trettamente leninista formatosi nelle c.ittà. • Dalla prefazione e poscritto a • Inchieste nelle campagne • ( mano-aprile 1941), in Cit,uioni, cit., pp. 243-44. • Ciò non significa che tale •tile di polemica sia •empre seguito nella poli• tica del Pcc: nei documenti della rivoluzione culturale abbiamo e,empi sia di polemica • cbiarilicatrice a livello di massa • sia di polemica priva di riferimenti chiari e piti vicina allo stile stalinitta. hanno preso coscienza della necessità di questo lavoro e non sono disposte a farlo. [ ...] Si tratta qui di due principi: il primo riguarda i bisogni reali delle masse e non quelli nati dalla nostra immaginazione; il secondo riguarda i desideri delle masse, che devono decidere <la sole e non noi per loro ••. Da queste citazioni emerge, in particolare, una duplice indicazione cruciale: a) il livello di coscienza politica delle masse non è un « dato », che si può utilizzare ( strumentalizzare) ma non modificare: il lavoro di direzione politica <'Onsiste anzi in buona parie in una continua trasformazione di questo livello di coscienza; b) corrispondentemente, il lavoro di direzione non può essere totalmente « esterno » alle masse, opera di una ristretta avanguardia che utilizza la spinta rlelle ml.!sse in vista di obiettivi cli cui esse sono magari inconsapevoli: solo se questi obiettivi rappresentano realmente il concentrato e la sistematizzazione delle aspirazioni delle masse l'azione di guida dell'organizzazione ha concrete possibilità di successo. Ciò significa che il rapporto avanguardia-massa. la distinzione organizzativa tra i livelli ( r, quindi, le stesse caratteristiche dell'organizzazione « di avanguardia») sono molto meno cristallizzate e definibili a priori'. 8. Questo criterio fondamentale si riflette in una serie di altri aspetti del metodo di lavoro elaborato e realizzato da Mao. Uno di questi riguarda appunto il ,netodo di conoscenza della situazione di classe; e qui è nettissimo il rifiuto di ogni metodo astratto di conoscenza « dedott1, dai concetti », e l'insistenza sui metodi empirici la cui precisa destinazione pratica libera dai rischi di « sociologismo » fine a se stesso. « Tutti coloro che svolgono un lavoro pratico devono condurre inchieste alla base. Per coloro che conoscono la teoria ma non conoscono la situazione reale, è ancora piU neeessario procedere a tali inchieste, altrimenti non saranno in grado di unire la teoria alla pratica. Nono~ .;tante eh~ l'asserzione 'senza inchiesta non si ha diritto di parlare' sia stata derisa e tacciata di 'gretto empirismo', ancora oggi non rimpiango di averla Catta, al contrario, insisto nel dire che senza inchiesta non si può avere il diritto di parlare »8 • Un altro, non meno attuale ed utile data l'esperienza dei « gruppetti di SJDJ• stra » in questo campo, è lo stile della polemica interna. L'esperienza politica di Mao è tutt'altro che scarsa di lotte di frazione e polemiche interne: ma l'aspetto che colpisce è che i termini della polemica, il suo oggetto e il suo stesso linguaggio, hanno sempre un preciso riferimento alle masse, sono comprensibili per queste e - soprattutto - sono chiari/icatori e orientatori per le masse stesse•. 5

10 Gli ••pelli di questo livello di C'O.srienza sono. ov,•iamentc, molteplici: ,•anno dalle n..,plraiioni ri, cndicati,•e int• nwdinle legntc nl1a situazione di fnbbrira alrnttega:iamcnto verso le organizza• zioni del mo\'imcnto operaio e ,•crso le i-.tituzioni della società cnpitalistira. E' necessario partire da una rilevazione an• cht: spicriola ed elementarmente empiri- <"i, cli questi aspetti: ma questo deve <'--'-t>re il punto d1 partenza per uniUC'arl1 attorno a un"ipotcsi complessiva, che mi~uri rinsieme di q·uesti aspelti in riferimento a un obiettivo (sia in senso antagonistico che in senso «positivo»). t· evidente che la possibilità di compiere c1ucst'uoificazionc in modo non ai.tratto si lega al livello organizzativo raggiunto. 11 Con « diverse situazioni >> ci riferiamo acl aree omogenee per livello di sviluppo. composizione di classe. tipo rii dominazione capitalistica: non certo alle « particolarilà nazionali » cosi come compaiono nelle strategie « policentriche» tipo Pci. 12 Ad es .. l"impossibilità di arrivare alla presa del potere attraverso una collaborazionr alla gestione del potere capitalistico ( cioè la negazione del presupposto fondamentale delle vie democratiche al socialismo) è una di queste « con'leguenze inevitabili >> che scaturiscono dalla scelta degli obieltivi di fondo: ma queslo lascia aperti i problemi di come organizzare una strategia antagonistica che non si fondi su questo illusorio presupposto. 13 La possibilità di profonde diUerenze nel processo di formazione della organizzazione ri\•oluzionaria è esplicita• mente riconosciuta, ad es., in molte recenti enunciazioni dei movimenti rivolu1ionari dell'America latina ( anche se spe1.c.o queste non si fondano suUicientcmente su una concreta analisi della situazione di cla'l-1("). 6Alcuni criteri di lavoro nella situazione alluale 9. A <1ucsto punto, si possono formulare alcune considerazioni, che non nascono - dovrebbe essere ovvio - come « deduzioni » dalle considerazioni di i\Tao. ma da un'analisi della situazione di classe qui e delle ragioni di impotenza dei « gruppetti ». io cui il pensiero di Mao ha un'utile funzione di ordinamento e chiarificazione: a) clcv·c,serci una qualche commisurazione fra livello di elaborazione strategica e livello di contallo organizzato con le masse. Questo non significa certo r•he !"elaborazione strategica debba limitarsi a « registrare » il livello spontaneo •lelle masse: ma che deve avere uno stretto rapporto con esso, per cui è astratta !"elabor3,ionc fondata su un contallo cosi scarso da non permettere neanche una ~oaosccnza effettiva del livello di coscienza 10 delle masse e tanto meno un'inizio di verifica pratica di tale conoscenza. Questa « verifica pratica » consiste nel com• piere in pratica ( e a livelli quantitativamente rilevanti) una qualche tappa di quel processo continuo « dalle masse alle masse )) di cui s'è detto prima: cioè aell"aver saputo raccogliere certi elementi spontanei di spinta delle masse, tradurli in elementi di coerente linea politica e riproporli con successo alle masse stesse. E' chiaro che la misura della riuscita di tale operazione è anzitutto la lotta. b) dal momento che la composizione di classe, il livello di coscienza e di politici21azione «spontaneo)> delle masse, e le forme di contatto e comunicazione possibili con esse, variano in diverse situazioni economico-sociali 11 , è neces- •ario riconoscere la variabilità del tipo di partito che rappresenta la forma pii efficace di organizzazione e direzione delle masse in ogni determinata situazione. Cioè. sono sostanzialmente costanti il metodo di lavoro organizzato con le masse ( quello espresso pili sopra oelJe citazioni di Mao) e, ovviamente, gli obiet1ivi stratPgici di fondo ( con quel tanto di « conseguenze inevitabili >> che comportano) 12 : proprio per questo, varia entro certi limiti la forma di partito pili a\datta a realizzarli; cioè il tipo di avanguardia che in essa si raccoglie, l'incidenza quantitativa che ha nelle masse, il livello politico a cui si stabilisce il rapporto tra di essa e le masse, le forme e il significalo della funzione di direzione che il partito svolge, ecc., e quindi anche il processo di formazione del partito stesso 13 • Il partito è uno strumento per realizzare il tipo di contatto con le masse nece sario a fare la rivoluzione ( e a farla progredire dopo la presa del potere): quindi la sua scelta dev'essere subordinata alla scelta del tipo di contatto con le masse, e non viceversa.

u Ciò non esclude che circostanze oggettive parzialmente « esterne » al lavoro ( ad es. a livello del capitali•mo internazionale) po.. ano fargli compiere un vero e proprio « salto in avanti » : ms la possibilità di utilizzare queste circostanze dipende appunto dall'aver measo serie radici nella situazione operaia, allraverso il lavoro quotidiano della (ase precedente. 10 Su questa base, si possono inoltre formulare alcune sommarie conside- • razioni piti direttamente riferite alla situazione italiana di oggi: a) manca un'avanguardia rivoluzionaria organizzata; non solo perché le organizzazioni ufficiali del movimento operaio si muovono su una linea oppor1 unistica. ma perché la loro stessa capacità di contatto materiale con le masse, di formare queste politicamente e elevarne il livello di coscienza è sempre piti ridotta; b) la lunga carenza di avanguardia ri,•oluzionaria organizzata ha determinato a livello di massa una situazione: 1 °) di frammentazione organizzativa; 2°) di crescente spoliticizzazione e diftidenza verso la politica; 3°) di forti diCformità ne! livello di coscienza, di organizzazione spontanea, di possibilità di cornunicazione; e) 'lualsiasi azione politica che segua la via rivoluzionaria deve quindi partire dalla ricostruzione, ai livelli piti elementari, di forme organizzative capaci di stabilire uno stretto contatto con la « spontaneità » delle masse e di influire ;u di es,e; ,1) tutto ciò significa che un 'organizzazione rivoluzionaria non può formarsi facendo riferimento a un'avanguardia già individuata e definita, ma che deve farla em, rgere dall'attuale confusa situazione di massa, deve trovare il linguaggio e le forme di comunicazione e di organizzazione atti a rompere i limiti della frammentazione e della spoliticizzazione attuale; e) in questa situazione, non è possibile saldarsi direttamente « dall'esterno » alla fortissima spinta di lotta manifestatasi io c1uesti anni, avendo come unici ~trumenti alcune parole d'ordine e la diffusione dall'esterno di materiale propagandistico; è nece sario costruire ex novo pazientemente, io fabbrica, una rete di organizzazione e di politicizzazione, e farla sviluppare sul terreno della lotta (in dai suoi livelli minimi, cioè individuando ogni volta il livello che essa può concretamente affrontare in termini organizzativi. È evidentemente necessario indicare, di volta in volta, un possibile successivo « passo in avanti » ( altrimenti viene a mancare una funzione di guida e di orientamento politico) ma non si possono saltare le tappe, e dare indicazioni di lotta generale quando non si ha nemmeno l'organizzazione capace di fare lotte di reparto e di squadra ". f) in questa prospettiva, emerge anche a grandi linee un terreno di collegamento possibile tra diverse forze a sinistra del movimento operaio ufficiale, che non avvenga su un piano dottrinario e non sia dominato da problemi di « etirhetta » o di « piccola tradizione da difendere » di questo o quel gruppetto. Un lavoro comune di rilevazione empirica della situazione di classe, con l'intento immediato di individuare le rivendicazioni che attualmente ne emergono, e un tentativo di azione organizzata comune per « concentrare» queste aspirazioni delle -7

" I giornali di fabbrica, che ai stanno moltiplic■odo allualmeote in Italia, po!L!ono offrire - almeno in parte - un tcneno piU concreto di elaborazione e di di<eUMiooe di quelli problemi. 8masse in obiettivi organizzativi e rivendicativi precisi, anche se limitati, potrebbe a,·ere un'importanza notevole: nella misura in cui riesca ad incidere realmente acile lotte ( e questo è possibile anche se non si arriva a suscitare un movimento vittorioso attorno a queste idee, purché il movimento che si susciti sia reale, organizzato, e sia capace di raggiungere qualche risultato, anche minimo, con la sua propria forza organizzativa autonoma), questo farebbe fare un passo avanti al tipo di conoscenza della situazione di classe. al rapporto diretto con essa, al 1;\'cllo stesso di coscienza delle masse ( o di loro avanguardie) e quindi alla diseusrione sulla strategia. Gli obiettivi di questo lavoro comune possono essere anche molto limitati e« arretrati » ri;petto alle prospettive piu a lunga scadenza ( possono ad es. essere rivendicazioni parziali sul salario o sui tempi di lavoro, anziché ~ssere rivendicazioni generali di grande portata come le 40 ore o un'ugualizzazione della gerarchia salariale): se si raggiunge però un 'incidenza effettiva nelle lotte il limite politico co•tituito dall"arretratezza " dei contenuti può essere relativamente irrilevante. Ciò significa altre due cose: 1) che questo tipo di azione costituisce solo una condizione materiale indispensabile per un lavoro politico tra le masse. e non copre lutti gli aspetti di questo lavoro: gli altri a,petti ( in primo luogo la formazione politica di una minoranza d'avanguardia) devono svilupparsi parallelamente ad esso fin da ora, senza attendere gli eventuali ri,ultati di una mobilitazione più larga, ma senza pretendere di trarre le conclu,ioni che si potranno trarre olo sulla base di que la; 2) una volta chiarita questa distinzione, e lasciando quindi aperte le diverse possibilità di lavoro politico che si possono sviluppare attorno a questa « base materiale " che si cerca cli co truire. l'arco cli forze che può essere collegato io questo lavoro diviene anche pit', ampio: e può coinvolgere ad es. anche settori del movimento sindacale organizzato, quando siano critici della linea ufficiale c quando si pongano con sufficiente impegno ed apertura il problema di una nuova strategia politica da elaborare, a partire dalle aspirazioni elementari delle masse e dalle contraddizioni oggettive ( per oro senza sbocco politico) che si verificano nella fabbrica e nella società ( pensiamo a settori della Cl L e delle ACL! in cui questi problemi stanno emergendo spesso con più vivacità che nella CCIL). L'impostazione di un lavoro comune, anche nei limiti sopra indicati, presuppone però in ogni caso un minimo di omogeneità: presuppone che ci si impegni effettivamente in uoa seria indagine sulla situazione di massa ( che ooo si limiti a cercare « pretesti di verifica » per ipotesi formulate a priori), e che il lavoro politico piu a lunga scadenza tragga effettivamente da questo contatto con la ~ituaziooe di massa elementi di verifica critica. Queste condizioni di omogeneità noo ci sembrano, per ora, realizzate: ma un impegno io questa direzione può Pssere più fruttuoso che tanti sterili dibattiti su false « strategie globali » inventate da questo o quel gruppo di « intellettuali rivoluzionari » 16 • Vi1torio Rieser

Organizzare la lotta contro la proletarizzazione 1. La rivoluzione cinese che sa trovare la via per continuare, che riporta nella giusta luce e impone di nuovo all'attenzione delle forze rivoluzionarie internazionali i grandi temi di fondo del socialismo, dopo i decenni di progressivo appannamento e involuzione seguiti alla rivoluzione bolscevica ( tanto nella loro faccia stalinista quanto - forse ancor pili insidiosamente - nel suo contraltare « trotzkista »), solleva oggi tra i compagni un entusiasmo politicamente e teoricamente giusto. E' impossibile non sentire una solidarietà completa con coloro a cui ripugnano, come forme d'impotenza e di mistificazione, tanto il benpensantismo piccolo-borghese con cui la stampa « ufficiale » del partito comunista tratta le vicende cinesi (per non parlare di quelle sudamericane o afroamericane), quanto i distinguo e le riserve di partè trotzkista ( pili o meno mascherata). Ugualmente impossibile è non vedere l'importanza, teorica e politica, degli sforzi di ripensamento e di rielaborazione che tale ripugnanza, tradotta in termini positivi, impone alle forze che si pongono in modo concreto il problema della rivoluzione socialista nel paese - o nel gruppo di paesi - in cui si trovano ad agire. E' nel quadro di questa incondizionata solidarietà che vale la pena, dunque, anche di sottolineare alcuni rischi da cui la « nuova sinistra » europea - in particolare quella italiana - deve guardarsi, se vuole assolvere la propria funzione rivoluzionaria, e non rappresentare soltanto un episodio interessante nello zoo sociologico delle « anomie " e dei « comportamenti devianti >> di cui la società borghese è ricca 1 • 2 Per chiarirci le idee su questo argomento, occorre • precisare - a costo di ripetere in forma banale cose risapute - quale sia l'oggetto fondamentale della contestazione socialista di fronte alla società capita• listica, in qualsiasi fase del suo sviluppo. Tale problema è strettamente connesso a quello della possibilità concreta d'una rivoluzione socialista: se, infatti, il primo requisito che questa deve soddisfare è di avere validità internazionale, dovunque e in qualsiasi momento si sviluppi, è allora evidente che la sua possibilità è legata alla possibilità di individuare almeno un elemento costante, pre• sente in ogni momento dello sviluppo capitalistico, la cui eliminazione possa produrre - in via d'ipotesi operativa - un rovesciamento radicale del sistema'. Questo elemento costante, caratteristico della società capitalistica, è indicato da Marx nel processo di accumulazione, che appa• re sul piano sociale come proletarizzazione crescente ( quan- -9

titati,amcntc e qualitati,·amcntc). « Il capitale può accre• ,rcr-i ,oltanto ;.e ,i scambia con la forza-lavoro. soltanto ,r produce la, oro salariato. La forza-lavoro del salariato si può ,cambiare con capitale soltanto a condizione di accrc-ccrc il capitale. di rafforzare il potere di cui è schia- , o r... 7 f 11me11todel capitale è q11i11di aume11to del proletariato. cioè della cla..<feoperaia [ ... ] Se dunque con il rapido aumento del capitale aumentano le entrate dello operaio. nello ,tesso tempo però si approfondisce l'abisso sociale- che -cpara !"operaio dal capitalista. aumenta il po• tcre del capitale ul lavoro. la dipendenza del lavoro dal capitale. Dire che !"operaio ha interesse al rapido aumento del capitale significa soltanto che quanto pi11 rapidamente l'operaio accresce la ricchezza altrui. tanto piti grosse ,ono le briciole che gli sono riservate, tanto pii1 numero-i •ono gli operai che possono essere impiegati e me•-i al mondo. tanto piu può e ere aumentata la massa degli schiavi alle dipendenze ciel capitale»'. Le •pecificazioni concrete di questa legge di fondo dello •viluppo capitalistico non appaiono per altro cosi « chiare » a livello sociale: non a caso ( né soltanto per malafede. come tendono a far credere. nel loro volontarismo facilone e frustrato. alcuni gruppelli che vivacchiano nel poco accogliente ma comunque« garantito » alveo della Grande Sinistra) il valore dimostrativo immediato dei brani di :\larx su tale problema sembra oggi inferiore alla loro funzione di riferimenti rituali. A tale proposito occorre aprire una parentesi. Che le analisi marxiane abbiano avuto all'origine un potere di liberazione del movimento operaio ( o di parte di esso) dalla tutela piccolo bor~he e e dalla logica sellaria che le è connessa ( settaria in •enso proprio. cioè di frantumazione in gruppi cospirativi di « santi », piti o meno ampi e integrati nella rncietà) è chiaro. Altrellanto chiaro è che ancor oggi esse costituiscono la base per la co truzione d'una nuova forza ri, oluzionaria. •ebbene la verifica di ciò non possa essere ricercata esclusivamente sul piano teorico-dedultivo, o su quello delle analisi socio-economiche (( pure», ma richieda il passaggio a forme di sperimentazione pratica a livello organizzativo ( cioè di lotta), esigenza cli cui s'è già parlato recentemente anche su Giovane critica•. \fono acccllabile sembra invece la posizione di co• loro - nel movimento operaio - che parlano d'una diminuzione dcll'eviden:a immediata delle analisi marxiane rispetto ad un non ben precisato «passato»'. Tale posizione va decisamente condannata, soprallullo per i rischi di opportunismo che essa nasconde, e occorre invitare i compagni che la condividono in buona fede, per lo piti condizionati da scoraggiamenti personali connessi alle soffocanti situazioni in cui vi,,ono e all'assenza d'una forza ri,·oluzionaria consistente e combattiva, a rellificarla praticamente. collaborando con la loro azione a creare tale forza. Ciò di cui occorre rendersi conto, in sostanza, è che le analisi marxiane - in quanto analisi - non hanno mai avuto una <( evidenza immediata », se con ciò s'intende una forza mobilitativa propria, rispello alla quale sia indifferente l'esistenza o meno d'una forza eversiva organizzata. Per riprendere termini della domanda posta dallo editoriale delJ"ultimo numero di Giovane critica, si può dire dunque che lo spellro che s'aggira per l'Europa, tanto nell'800 quanto oggi, non è né l'esistenza empirica ( o addirittura la lcllura diffusa) dei testi marxiani e/o marxisti, né l'esistenza empirica ( o la moltiplicazione, che può anche raggiungere ritmi assai elevati) di gruppi che non rappresentano altro - per semplificare - se non (< circoli di lellura » di quegli stessi testi, raccolti intorno a diverse <( interpretazioni », in se stessi conchiusi e ( bene o male) soddisfatti. Esso consiste piuttosto nel fatto - è ridicolo doverlo ribadire, quasi si trallasse di una grossa scoperta - che, per dirlo con i termini di Marx, (( il capitale presuppone il lavoro salariato, il lavoro salariato presuppone il capitale: essi si condizionano a vicenda, essi si generano a vicenda »'; e che in questa relazione necessaria, nell'impossibilità del capitale di eliminare il lavoro salariato, da una parte, e dall'altra di ridurlo definitivamente - anche a livello sociale - a semplice parte del capitale stesso ( ovvero a un insieme i cui compor-

lamenti siano .completamente deducibili dai movimenti di quest'ultimo), si annida una possibilità costante di rendere evidente, e poi di frantumare, la logica della subordinazione e del dispotismo su cui il sistema si fonda. Ciò equivale a dire che lo spettro del comunismo altro non è se non la consapevolezza - sempre presente nella coscienza dei padroni, e determinante in ogni loro decisione - che in ogni momento è possibile il risorgere di una organizzazione rivoluzionaria, che sappia mettere in evidenza, affrontare e invertire il processo di proletarizzazione. 3 Anche dei veli che ostacolano la visione diretta di • questo processo, e che perciò minacciano l'« evidenza immediata » delle proposizioni marxiane, si parla ormai abbondantemente da quasi un secolo ( il primo volume del Capitale usci nel 1867), e sarebbe perciò difficile dire qualcosa di nuovo in proposito: vale però forse la pena di riassumere di nuovo cose risapute, scegliendo tra le molte alcune di quelle che riguardano pili da vicino la situazione in cui ci muoviamo concretamente oggi, in Europa'. A un certo livello del proprio sviluppo, la società capitalistica compie un salto qualitativamente assai importante: il trasferimento allo stato di una serie di funzioni che prima erano ritenute prerogativa dei singoli gruppi capitalistici. Ciò si presenta - con « evidenza immediata » - come diminuzione del potere di tali gruppi e crescita del potere della « collettività ». Alla base di questa interpretazione sta l'assunto che - dato per scontato che l'uomo aspira per natura al benessere e alla libertà - un passo avanti in tal senso sia rappresentato dall'aumento dei consumi e del tempo libero, direttamente connessi a quella « riduzione della fabbrica al suo ruolo legittimo, la produzione di beni a minor costo e io minor tempo»'. In tal modo, il momento della produzione viene sottratto alla sfera politica ( cioè al « controllo collettivo » che quella operazione dovrebbe rafforzare), e presentato come una sorta di « antefatto » della vita sociale propriamente detta. All'interno di tale eterna « preistoria » ( la produzione) non è riconoscibile una vera dinamica sociale: piut. tosto. vi ha luogo una serie di adattamenti funzionali progressivi, volti a cambiare io modo sempre pili produttivo ( per il bene della collettività) singoli quantitativi d'energia, componendoli in un complesso unico e fortemente integrato ( tanto che esso può essere scomposto analiticamente in fattori semplici senza mai incontrare il fenomeno « individuo »; e che, d'altro canto, tali fattori semplici - se isolati e considerati singolarmente - appaiono astratti e privi del senso che deriva loro esclusivamente dall'essere parti di processi produttivi piu complessi). La condizione per sviluppare al massimo tale logica, è lo sviluppo tecnologico. Grazie ad esso è pos ibile: concentrare maggiormente la forza lavoro; integrare a tal punto il suo impiego da farla apparire come parte ( in sé astratta) d'un tratto unico e compiuto in se stesso; incrementare la produttività ai fini della produzione di merci, in c1uantità di gran lunga superiore a quella necessaria alla riproduzione della forza lavoro stessa. Risultato: la legge che regola i rapporti nella sfera produttiva si presenta come un imperativo tecnico; la tecnologia - come anima del momento produttivo - appare anch'essa come variabile pre-sociale. Il circolo ideologico giunge cosi a saldarsi: la sfera produttiva appare - nell'organizzazione e nella gerarchizzazione che le sono proprie - necessaria; di conseguenza - dato il presupposto già enunciato che la cclibertà » e !'ccuguaglianza » sono la ccvera essenza » dell'uomo - risulta confermata l'estraneità di tale sfera, nel pensiero borghese, dalla società propriamente detta•. Ciò che s'è detto, vale per qualsiasi momento e/o settore dello sviluppo capitalistico. Ma vi è un momento specifico, in cui la concezione della sfera produttiva come ccservizio » gioca un ruolo capitale: è quello io cui lo stato avanza l'esigenza di controllare pili strettamente tuie sfera « pre-sociale ». Non, evidentemente, per imporle una diversa organizzazione ( basta analizzare le indu- -11

strie o le aziende agricole nazionalizzate - o a partecipazione statale - per rendersene conto), dato il presupposto. a cui non si rinuncia, dell'esistenza di imperativi tecnologici; ma per « evitare che l'ioOuenza di tali imperativi dichiarati dal loro naturale campo d'azione, intaccando e snaturando il normale evolversi delle relazioni propriamente sociali, ed [ ... ] esaltarne al tempo stesso la funzione squisitamente economica di supporto [ ...] dello edificio sociale stesso »10 • Ciò ampi ia le necessità di coordinamento dei servizi e di aumento dei consumi. All'espansione e alla sicurezza del processo produttivo generale sono necessari margini sempre piu ampi di prevedibilità degli e,,enti, cioè di controllo e di stabilità. Occorre creare migliori condizioni di ,·ita « sociale » in ogni senso, occorrono un comportamento piu omogeneo degli imprenditori e l'eliminazione di disli,·elli che possono ripercuotersi negativamente sui comportamenti dei subordinati. Matura cosi il « salto » verso la programmazione: con la compiacente assistenza di alcuni « esperti » del « movimento operaio » ( il quale. nel frattempo, ha avuto la gentilezza di dividersi io « sostenitori attivi » e « stimolanti polemici » di tale sviluppo), e di alcune frange capitalistiche arretrate, i cui strilli dànno l'impre siooe che si tratti di una operazione c,·ersiva, quella che in regime di « libera iniziativa » appariva come inOuenza dei gruppi capitalistici ( spesso parzialmente in contrasto tra loro) sullo stato, ora appare semplicemente come 3tato. Ma proprio nella misura in cui ciò accade, la sfera della produzione - che sembra essere ridimensionata e ridotta nei propri « confini naturali » - in realtà si espande abbracciando, com,e mai prima, l'intero tessuto sociale 11 • Per la prima ,,olta la proletarizzazione - spogliata dagli aspetti di miseria e degradazione che io altri periodi erano sembrati esserle coessenziali - appare nella sua realtà di subordinazione completa ( e diretta) d'una parte sempre piu ampia della società alle decisioni d'un gruppo ristretto con il quale lo stato non può - tendenzialmente - che identificarsi. 12 - La caratteristica costante della proletarizzazione - in questa luce - è proprio l'assoluta impossibilità dei subordinati di controllo sulle condizioni che stanno alla base della propria vita. Se possedere soltanto la propria forza lavoro non significa sempre vedere ridotte al minimo vitale, e a volta sotto di esso, le proprie possibilità di consumo, significa però sempre - invece - stato d'incertezza, impossibilità di programmare la propria vita a medio e lungo periodo, difficoltà di comprendere a fondo e di inOuenzare le variabili che determinano la propria esistenza, io ogni suo aspetto. Per il proletario, pace o guerra, fame o elettrodomestici, diritto di voto o terrorismo fascista, salute fisica e psichica o malattia, impiego in agricoltura, nell'industria o altrove, occupazione o disoccupazione ( con o senza indennità statale), analfabetismo o scuola obbligatoria, e cosi via, non sono che stati dell'oggi, mai garantiti, sia che egli accetti, o meno, la subordinazione al potere capitalistico nella sfera produttiva. 4. D'altra parte, non si può negare che - quando ci si guarda intorno - le situazioni che coesistono in questa società appaiono invece estremamente eterogenee, anche soltanto fermandosi a livello nazionale. Diversi gradi di sviluppo, differenti condizioni di lavoro, di livelli salariali, di stratificazione gerarchica e di mo• delli organizzativi, di cultura, coesistono all'interno di ciascun settore, e nel passaggio da settore a settore, da regione a regione, da area ad area. Come all'interno della « programmazione "esistono molteplici ed ampi margini di « libertà imprenditoriale » ( di cui la programmazione stessa è garanzia), cosi la definizione generale della proletarizzazione, a cui sopra si è fatto riferimento, non rappre• senta che una schematizzazione dei tratti essenziali comu• ni alle molteplici figure concrete di proletari esistenti nel1:i nostra società. Se il nostro obbiettivo è quello di analizzare e verificare concretamente ( attraverso sforzi organizzativi e partecipazione alla lotta anticapitalistica) le possibilità di tra-

durre quella situazione generale di proletarizzazione in termini di coscienza antagonistica operante sul piano sociale, occorre dunque rendersi conto che sarebbe vano pretendere che la sola enunciazione del problema in termini generali, o degli obbiettivi macro-politici che vi sono connessi, abbia in se stessa la capacità di catalizzare - su posizioni attive di lotta - coloro che nella realtà sono coinvolti dal problema stesso 12 • D'altra parte, questo è chiaramente visibile anche nei contatti con individui già fortemente « politicizzati »: non è raro incontrare compagni la cui conoscenza delle tesi politico-teoriche di « sinistra » e il loro accordo dichiarato con esse, sono completi, e che pure appaiono frustrati dalla difficoltà di tradurre tale posizione in termini adeguati alla situaziom: ( locale o settoriale) in cui vivono. Pochi militanti italiani, francesi, tedeschi, ignorano del tutto - oggi - la tentazione piu o meno velleitaria di « andare in America Latina ». Nella misura in cui tale stato d'animo, invece di tradursi in tentativo di azione politica concreta ( oppure, ovviamente, in una reale emigrazione), diviene mitizzazione delle esperienze fatte altrove, consumo di una letteratura senza alcun tentativo di assorbirne i dati « universali », allora esso non è che uno dei possibili volti della proletarizzazione, controllabile e strumentalizzabile senza eccessive difficoltà - qualora si usino gli accorgimenti adatti - dalle burocrazie del « movimento operaio », che non a caso mantengono in merito un atteggiamento di sostanziale silenzio. Nei compagni che vivono piu seriamente quel dilemma, esso si traduce poi a livello teorico nel cosiddetto problema dell'« esistenza di condizioni rivoluzionarie obbiettive » ( che fa il paio con quello - di cui s'è parlato - della diminuzione di evidenza immediata delle proposizioni marxiane). Potrebbe apparire poco importante entrare in merito a questo problema, se ce lo si trovasse tra i piedi soltanto nella forma in cui se ne servono i burocrati nei loro funambolismi ". Esso diventa piu serio, se può costituire una via di evasione per forze disponibili alla via rivoluzionaria. In via puramente teorica, la migliore risposta potrebbe essere una nota affermazione di Marx, ripr~sa poi da Lenin : « Sarebbe del resto assai comodo fare la storia universale, se si accettasse battaglia soltanto alla condizione di un esito infallibilmente favorevole »". L'idea che Marx sottintende, e che Lenin esplicita nella sua prefazione, è che la « condizione rivoluzionaria » decisiva è costituita proprio dall'esistenza, sul piano sociale, d'una forza politica del proletariato, organizzata a fini eversivi. Ogni dubbio o esitazione di fronte ai compiti che scaturiscono da questa impostazione, come l'idea che altrove sia piu facile fare la rivoluzione, sono segni o d'una scarsa coscienza dei problemi da affrontare, o d'una visione « eroica e trionfale » - prettamente piccolo borghese - del.la rivoluzione, oppure di sostanziale attaccamento alla piccola nicchia che la società borghese - almeno nelle sue fasi democratiche - concede a chiunque si accontenti di fare l'ideologo. Basta leggere le pagine di Debray sui danni provocati nel movimento rivoluzionario latino americano dall'affermazione dei « caratteri peculiari e irripetibili » della rivoluzione cubana, per rendersene conto. 5 Ma neppure la consapevolezza dell'insufficienza del- • le enunciazioni teoriche generali del problema c degli obbiettivi di massima, è sufficiente a dare una risposta alla domanda « che fare? ». Poiché anche rispetto a tale problema è possibile trovare numerose vie di evasione sul piano teorico, provocando e moltiplicando « fratture politiche » che altro non sono - per quanto a volte abbiano il pregio di far sentire molto eroici e leninisti i protagonisti - se non un segno di impotenza, di esitazione ad affrontare con pazienza, umiltà e perseveranza i compiti pratici, i problemi tattici, tecnici, di linguaggio, che un lavoro d'organizzazione ( l'unico attraverso il quale si possa pretendere all'« universalità ») impone. L'impossibilità di scindere prassi e teoria nel compito rivoluzionario, appare ancora una volta chiara - in apparenza paradossalmente - nell'importanza che acqu.i- - 13

-tano ogp:i le ,celte tattiche e tecniche, e nella necessità di ro,c,;ciarc le attuali abitudini, acquisite nell'entusiasmo della « riscoperta » della linea rivoluzionaria: non piti rrcneraliuazioni che precedano ( illusoriamente) la verifi- ~a politica e organizzativa, non piti frustrazioni politiche che -i ma•chcrino da balzi in avanti teorici o che si ri• -olrnno in ,·elleitarie propo te organizzative e in appelli meccanici all'adunata dei re[rattari. on si tratta cli fare 2ro«e ;:coperte ( nel cli,corso stesso che stiamo conducendo. non c"è - consciamente - nulla cli nuovo), ma sem1,licemcnte - per cominciare - cli aper collegare e [inalizzare ciò che già esiste e che già si fa all'obbiettivo di creare ciò che ancora non c'è: l'organizzazione della lotta contro la proletarizzazione. 1 tre livelli su cui occorre operare congiuntamente ,0110 rrià piti o meno presenti - con diversa accentrazione - in cli\'ersi gruppi: l'analisi teorico-politica generale. il la\'oro cli conoscenza delle situazioni concrete ( locali o settoriali) in cui si vuole agire, il tentativo di acquistare e ampliare i collegamenti con tali ituazioni. L'importante è in primo luogo saper rinunciare al settari,mo, e ciò significa oggi per noi saper subordinare i primi due livelli al terzo, guarire eia quello che Debray chiama « il presbiti mo congenito degli intellettuali ». Non significa - invece - pretendere di accantonare tout court - con un atto cli volontarismo organizzativo - le differenze che csi tono sul piano teorico, tra le quali soltanto il raggiungimento d'una certa quantità di esperienze pratiche, di insuccessi e cli successi, permetterà cli scegliere a ragion veduta, e che fino ad allora debbono invece svilupparsi. sulla base d'una assunzione di responsabilità concrete in comune. Non è diHicile essere teoricamente marxisti: in questo senso, molto probabilmente Kautsky e lo stesso Plekhanov erano superiori a Lenin, e certamente molti segretari di partiti comunisti a Caslro. Il difficile, come quest"ultimo ha osservato, è comprendere che proprio il cammino della rivoluzione porterà i popoli al marxismo; oppure, come ha scoperto Malcom X staccandosi dai Black Muslims, che non è l'adesione individuale ad una 14 - dottrina etico-teoretica che crea i movimenti di massa, ma è piuttosto la partecipazione ad essi che forma eticamente e teoricamente individui e gruppi. Il primo pas o da fare qui - in generale - è chiaro: raccogliere, ovunque sia possibile, gruppi di compagni che si impegnino a trovare ed estendere i contatti in situazioni anche - materialmente - assai limitate ( una azienda agricola o industriale, un comune, un comprensorio), svolgendo contemporaneamente un lavoro di conoscenza del campo d'azione, in modo da chiarirsi, altra• verso lo studio e la discussione di problemi concreti con operai. contadini, studenti, i termini specifici in cui la analisi della proletarizzazione può diventare - in esso - uno strumento di agitazione e di organizzazione. Questa fase del lavoro dovrà essere pubblicizzata il meno possibile: solo al termine di essa, infatti, cioè avendo già un minimo di radici, si potrà passare alla fase in cui volantini, giornali di fabbrica, scontri con i burocrati sindacali e politici locali e nazionali o con le forze dell'ordine, eccetera. costituiranno altrettante occasioni di consolidamento e di formazione politica. Piti in là, per ora, sarebbe difficile guardare: ed anche questo tentativo di abbozzare un modello - piti o meno tratto dall'esperien• za torinese dei Quaderni rossi - è assolutamente insoddisfacente. Occorre studiare a Condo i problemi tecnici e tattici e chiedere a tutti i compagni di impegnarsi in tal senso, anche attraverso lo studio delle esperienze rivoluzionarie giit compiute, ma soprattutto attraverso il lavoro di conoscenza concreta delle situazioni in cui si vuole penetrare. Contemporaneamente, le riviste di cui si dispone dovranno continuare - in modo sempre piti coordinato - la discus• sione e il lavoro d'informazione su tutti i temi teorici e politici generali rilevanti ( in primo luogo quelli della lot• ta anti imperialistica), recuperando cosi quello che è il primo dovere della stampa socialista, miseramente ignorato ormai dai giornali e dalle riviste « ufficiali »: trattare apertamente e con esattezza tutti i problemi che riguardano il movimento rivoluzionario internazionale, in modo che i compagni possano valutare, rielaborare e uti-

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