tombe. la cui e,plorazione nel regno dei morti gli riserva o~curr g-ioic e raffinati trasalirnenti, 1na nessun ,nessag~ gio per i ,·i,·i che attendono una sah·azione ". Ci:- , oluta la mediazione del marxismo scientifico per giungere a conclu,ioni ( tull'altro che «scientifiche») simili a quelle ,o,lenute dall'intellighcntia neocapitali tic:i e neopo,i1i, i,lira: lo ,tc,,o gusto estetico ccpassatistico », lo ,tc,,o ideale ,toriografico aideologico ( sul tipo di quello di R. Romeo. che Asor Ro·a cita con prezioso conoen,o) che ,olio la ma•chera dell'oggcllività riesce in concreto :id c,,,cre 110 alleato del fatalismo economico borghc-~--ocialdemocralico. Jnfa11i è questa pas ione di scientificità che e,clude ogni proposito di andare oltre ogni poetica horghc,e. e non ,•twle che si prepari una lelleratura del futuro: all'intellelluale della classe operaia di oggi è permesso di cc;,tudiare la nascita della classe operaia [ ... ] e diffondere volantini dinnanzi alle fabbriche »", ma non far,i scrillore, questo è uno dei privilegi che la borghesia cu,lodisce e porla con sé nella tomba; per chi ,ia conscio di questa ituazione non rimane che o diventare scrillore borghese o tacere: « Non so come - seri• , e. disperato. Asor Rosa - a chi traila parole in forma lelleraria non si geli la lingua in bocca, ogni qual volta arri, a ad es ere capace d'intendere la condizione nella qua• le il mondo si trova »; allo scrittore non rimane niente da fare, è condannato all.impotenza non solo creativa, ma anche politica: la sua utilità è foori del suo mestiere, è nella classe operaia e nelle lolle politiche d'opposizione, in cui rautore ,·edc, con troppa fiducia, la « possibilità alluale di una globale strategia anticapitalislica »1 •. La conclusione è dunque un invito al disimpegno della cultura e una sua giustificazione, che il lellerato italiano, decadente o populista, accoglierà di buon grado trovandosi sollomano un nuovo motivo per giustificare il ritoruo al ccregno delle madri », al tepore delle mistificazioni borghesi. Queste le conclusioni estreme a cui porla il discorso di Asor Rosa; vorrei precisare il discorso sull'arte borghese, perché quello sul populismo lascia ben altri spiragli non solo allo storico della letteratura del Novecento. 88 - ma allo ,tesso politico che voglia utilizzare anche la cui. tura nella ragionata lotta della classe operaia contro il fronte capitalistico. Asor Rosa invece non riconosce alla letteratura e alla cultura alcuna possibile autonomia, alcuna •fcra d'azione: la poesia appartiene al passato, oon lia nel presente nessuna ragione di esistere, non apre le porle del fui uro. preude e non dà, pura sovrastrullura non può esistere ( ammesso che ritorni ad esistere) se non dopo una nuova sistemazione economico politica. Si deve ricono cere che questo drastico rifiuto della cultura ha una sua ragione come estrema polemica contro le illusioni umauislichc, contro i valori in sé della cultura e della arte ( che sono poi i valori dell'universalismo borghese), ma rimane il dubbio se, ai fini dell'azione rivoluzionaria, sia utile ( oltre che legittimo) buttar via il bambino in• sieme all'acqua sporca; se le domande ccsupreme » per un intellettuale sono: "a che la mia critica lelleraria? la mia storiografia? la mia sociologia? »" non si vede perché l'ideale del critico politico debba risiedere in una interpretazione scientifica del marxismo, nella conseguente fine di ogni ideologia 17 , nella rinuncia - insomma - a portare la cultura foori del suo campo di parole mistiCicale sul terreno di uno scontro ( complessamente impe• gnato sui vari fronti) con quelle forze che solo una cul• tura politicizzata può mettere a nudo. Carlo A. Madriguaoi 1 ,\. ASOR RosA, Scrittori e popolo. Saggio sulla letteratura populista in Italia, Roma, Samonà e Savelli, 1965. Di questo volume è uscito una seconda edizione economica io due tomi che porta il sotto1i1olo modificato e piu appropriato: /I populi,mo nella letteratura italiana contemporanea; alcune citazioni saranno tratte dalla Pre/a:ione alla ,econda edi:ione, datata aprile 1966. 2 Tutto il primo capitolo ( le preme55e: da Gioberti a Oriani) soffre di uno sforzo di compendiosità a volte ellittica: a buoni spunti si avvicendano accenni troppo veloci o ovvi riferimenti alle posizioni politiche di autori ( come Pascoli) che non davano adito ad alcuna riscoperta.
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