giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

fosse Scrittori e popolo sarebbe un libro acuto ma inutile, un'opera di singolare gratuità scientifica, l'analisi i11 vitro di un fenomeno patologico che non arreca nessuna utilità agli stucli medici. Per Asor Rosa la letteratura populistica è la summa di tutti i mali, inganno politico e pochezza artistica sono le sue caratteristiche essenziali: fra una letteratura, borghese Cino in fondo, che non vedr. 111di là del suo destino e ogni altra letteratura che cerca una qualche via d'uscita, Asor Rosa non ha esitazioni di scelta, anzi lamenta che In provincializzazione della nostra letteratura è dovuta al desiderio di instaurare una « letteratura di domani », una letteratura non-borghese nientemeno che, nell'inseguire questa chimera, ha in realtà perso « l'occasione di creare una seria, consapevole, critica 'letteratura del mondo contemporaneo' »' 0 • Dunque il populismo sarebbe da rigettare non solo perché fu lo imbroglio che fu, ma anche perché avrebbe disperso energie che la cultura borghese poteva utilizzare ai suoi propri fini, nell'attuazione della sua arte. Ma la cosa non è poi paradossale come può sembrare: la verità è che il populismo è un fenomeno ben piu importante e autonomo di quanto Asor Rosa voglia farci credere quando istituisce quel confronto schiacciante con l'arte borghese: e ce lo prova proprio Scrittori e popolo, colla sua storia di fatti e di idee che hanno pesato sul destino dei nostri contemporanei piu di ogni disperazione borghese. Gli errori del populismo sono gli errori che piu scottano, che piu sentiamo attuali e non solo perché il populismo vivit, immo in senatum venit, ma anche perché è attraverso i suoi equivoci che ci ha insegnato qualcosa, ci ammonisce e ci orienta. In effetti Scrittori e popolo ha una sua vitalità profonda, un'ispiraziont! autentica, che non è di constatazione ma di contestazione tanto piu attuale quanto piu si considera la situazione politica dell'Italia dei nostri giorni, situazione che non rende certo superflui libri << di retroguardia » come questo e per la quale non vedo, con l'ottimismo di Asor Rosa, un prossimo chiarimento 11 • Per parte sua Asor Rosa invece sacrifica la forza d'urto demistificatorio di queste pagine al suo ideale di scienza e alla sua visione immobilistic11 della letteratura borglie e, il cui canto di morte lo aHascina; ma come può essere che il ri,,oluzionario Asor Rosa subi ca il fascino del cupi o dissolvi di tale poesia? Si tratta solo di questione di « gusto "? E se cosi è, come può giustificarsi un tale « gusto »? La giustificazione è nella convinzione che il critico possa entrare nell'arte che studia e in qualche modo appropriarsi delle sue ragioni e dei suoi modi, cioè della sua ideologia ( che si pone « come grande riepilogo del passato. il punto fermo o la parabola conclusiva del mondo ») pur non condividendola sul piano politico; in questa maniera tuttavia si ribadisce da una parte l'inutilità politica di studiare il passato in quanto passato, mentre dall'altro canto questa identificazione del critico con la non condivisa poesia borghese finisce con l'avere una finalità pratica agli occhi del lettore di oggi diventando un programma letterario che ci riporta alla poesia del decadentismo europeo: la letteratura borghese è superata come Case politico-ideologica, ma IP. sue proposte sul piano dell'arte rimangono attuali almeno nel senso che sono le uniche, a quanto dice Asor Rosa; il che vuol dire che viene accettata l'universalizuizione della poesia grande-borghese, che è palesemente una mistificazione piu coerente e solida ma anche piu pericolosamente suasiva di quella populistica. Certo è che il gusto di Asor Rosa sembra escludere ogni forma di realismo, di letteratura razionale, « normale », ogni arte che affermi un messaggio positivo, che sia critica nei riguardi del passato e tenda al futuro, un'arte «utile» insomma che si accompagni all'azione politica. Ma questa possibilità non esiste per l'autore; per lui non è pensabile nessuna arie non borghese o antiborghese perché la cultura - di fatalità sempre borghese - non può indicare alcuna alternativa al sistema; ecco perché bisogna avversare ogni « letteratura di domani "• che vuol dire giustificare come valida anche oggi solo la poesia di ieri, quella poesia cioé che fu l'espressione della borghesia al tramonto ( « da Proust a Musil ») ed è simboleggiata dallo Angelus novus di Klee che « ha il viso rivolto al passato » mentre la tempesta « lo spinge irresistibilmente al futuro »". Il critico è l'archeologo di queste splendide - 87

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