la k11cralura l,orghcoc, e dcmi,tificalo il si,tema, tendere ad un ·c,pre,sionc che ,1a al di là del sistema stesso sia pure prefigurala nelrideologia socialista vittoriosa del coufronlo colle ideologie l,orghesi. Al critico marxista è couce,so ,olo l"hic et 111111c dell'oggi, gli è negata ogni oeca• sionc alla profezia, " il futuro gli interessa nella misura in cui riesce lui a crearlo nel presente»'; il che significa accettare la hattaglia wl piano della tattica quotidiana e rinunciare ad ogni piano \'Crarnente rivoluzionario con quanto di utopistico esso comporli. Après moi le déluge non può essere il sigillo di nessuna operazione politica. Da un punto di "ista critico questa rinuncia ad ogni 1,rospc11i,·a av\'eniristica -igni!ica l'nccettazioue del punto di vista della cultura borghese come unico prospclliva uccr,,aria: per r\,or Ro a il critico 1100 ha alcuna alterna• ti,a alle ,uc ;,palle e non quella del fallo compiuto, dell'unica realtà pos-ibilc, l"ouuipreseuza e onnipotenza dell:i borghesia e della sua cultura, una cultura che non avrebLe conosciuto mai altro dilemma che quello di una scelta fra piccola e grande borghesia. La società socialista de• ve ancora nascere e quando nascerà lo farà tulla armata e già adulta dalla classe operaia: l'apparente realismo dell"operaismo rivela la sua irrealistica dimensione nella sua concezione di apocaliltica renovatio, nuovo anno mille dell'età capitalistica. Il critico è di necessità lo storico lui• to \'Olio al passato che ha l'unico scopo di demistificare la cultura borghese, la quale « va attentamente studiata e riconosciuta » " proprio perché ci sta di fronte come un oggetto non condiviso » di cui i può operare « la liquidazione dall'interno»'. Un'operazione di questo tipo non si può dire nuorn: ricorda da vicino gli ideali accademici della ,·ccchia storiografia, si tratta di studiare infatti la letteratura borghe e iuxta principia sua, studiarla col distacco con cui si traltano i documenti morti, con la curiosità disinteressata con cui il geologo si cala io un vulcano spento. Il pericolo di una tale interpretazione, dal punto di vista politico, è duplice: sminuisce la carica vitale della borghesia studiandone la storia come un tutto concluso; e proprio perché ritiene finita la cultura borghese, non sente la necessità di contrapporla io alcun con86 - frouto diretto con una cultura proletaria: nel passato era tutto borghesia, nel futuro sarà tutto socialismo. Da questo schema di storiografia manichea discende il programma di " penetrare l'anima e le forme dell'arte borghese» e cli studiare « la risposta - folle, disperata talvolta com• movcnte - del ceto intellettuale borghese alle inesorabili leggi di sviluppo del sistema »: perché si debba fare ciò, a quel pro e con quale utilità 'civile' l'autore non dice, glielo vieta il rigore scientifico. Il suo non è il finalismo illuministico di una polemica rigeneratrice, né quello dell"ideologo che dal passato mira al futuro puntando sulla forza maieutica di una storiografia « interessata »: non c·è alcuna lezione nel passato, l'arte borghese interessa, commuove e piace come un Cenomeuo di preziosa archeologia: perché dunque non abbandonarla al suo destino? perché non lasciare che i morti seppelliscano i morti? Bisognerà postulare un piacere estetico tutto umani• stico per giustificare quest'analisi dall'interno della « fol. le, disperata, commovente» poesia borghese? Ma questi quesiti 'utilitaristici' non vengono alla mente del nostro autore, per lui si dà il fatto inconfutabile che l'arte è stata finora vera arte solo se ha fatto delle scelte coerentemente borghesi. scelte di temi e scelte di stile; l'Arte è l'arte grande-borghese, ogni esperimento diverso, ogni conato di attingere ad un'espressione diversa è stato solo una degradazione, un vile compromesso, un illusorio progresso: tale è la storia del populismo letterario, una superfetazione del velleitarismo borghese. O si studia l'arte borghese ( la sola arte) o si mostra l'errore del populismo: tertium non datur; il caso Brecht non rientra nel quadro, a meno cli non trasformarlo io disperato esponente dell"autunno del capitalismo' o io un miope collaboratore della cultura servilmente mistificata; comunque la necessità di queste due uniche operazioni critiche è dat~ come un limite a priori, un aut-aut ineluttabile. L'unica conclusione possibile, è dunque che entrambe sono inutili ai fini dell'azione politica: la storia dell'arte borghese è la constatazione di un decesso; la storia del populi• smo è si una « battaglia di retroguardia » ma piu ancora una battaglia superflua, già superata io partenza. Se cosi
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