rigore nei confronti degli autori contemporanei è riscattato dalla plausibilità del quadro d'insieme ': fra i tanti fili della intricata trama della letteratura novecentesca questo del populisJllo è il vero filo rosso che meglio ci orienta per capire la natura e i limiti della nostra cultura « nazionale », che ebbe tutte le remore della provincia proprio perché volle essere nazionale, cioè assurdamente fedele ad una prassi politica arretrata e incapace di rinnovare la sua arte vecchia e immobile. Si è già messo in rilievo il significato politico del metro critico di Asor Rosa a cui l'autore ha genialmente sacrificato perfino utili riferimenti storici o filologici •; ma non basta, bisogna aggiungere che la politicità di que• sto canone esclude, a detta dell'autore, ogni versione ideologica, qualsiasi « visione del mondo »: « riteniamo - scrive Asor Rosa - di non aver in nessun modo fornito in complesso un ennesimo esempio di critica ideologica. Alle ideologie del populismo non abbiamo infatti da contrapporre un tipo diverso di ideologia »'. Critica politica dunque che esclude ogni critica ideologica; marxismo che esclude ogni concezione del mondo - cosi si configura la premessa teorica alla concezione critica di Asor Rosa. Ma è proprio vero, ci domandiamo, che Scrittori e popolo è la riprova di quest'analisi aideologica del populismo? Quale sarebbe dunque il contributo 'pratico' di questo volume se non suggerisce nessuna alternativa, se esclude ogni via di sbocco al di là del populismo stesso? Non credo che la chiave per capire il valore non lettera.rio di questa ricerca, il movente che la giustifica, sia questo canone oggettivo, « scientifico » di un marxismo aideologico che significherebbe, al limite, la giustificazione arivoluzionaria della « critica di parte operaia ». E invece Scrittori e popolo è un libro necessario proprio in quanto libro negativo che sottintende un'affermazione di principio ( una ideologia) ben chiara; la critica al populismo è resa possibile da una taciuta alternativa che contrappone la concezione socialista a quella mistificata e filistea della borghesia; alla teoria che esalta il popolo con tutto ciò che comporta l'impiego di questa parola equivoca • si oppone tacitamente - come polo opposto e necessario - una visione politicamente piu corretta, che segna i compiti dell'operaio moderno, escludendo ogni ricatto paternalistico come ogni atteggiamento subalterno - il che vuol dire che questo piu corretto atteggiamento politico si pone come la mediazione ideologica che rende possibile la prefigurazione intellettuale del socialismo. Ma Asor Rosa ooo vuol sentire parlare di intellettuali, di ideologie, di « valori »: il suo ideale è un marxismo-pura scienza, che constata un cerio processo storico-politico ( il froomeno del populismo, nel caso nostro), e lo studia dall'interno guardandosi bene dall'« imporre » una qualsiasi concezione del mondo estranea al fenomeno io studio che rifletta in qualche maniera l'ideologia dello storico: da ciò deriverebbe la conseguenza che studiare il concetto di popolo dal punto di vista superiore dell'operaio, varrebbe dire porsi io un atteggiamento non scientifico, giudicare secondo le « passioni » dell'individuo e ooo secondo le leggi immanenti al processo in questione, fare opera di storiografia moralistica e non di scienza, imporre dei « valori » dati su un 'operazione di pura oggettivazione: cre• do infatti che Asor Rosa non ci abbia dato un'opera di pura scienza, ma un'opera di impegno storico e politico, che i « valori » sottintesi alla sua indagine non siano « fanfare domenicali»', ma il metro su cui è stata misurata l'operazione intorno al populismo e che insomma la critica di Asor Rosa proprio io quanto condizionata da quei valori ha potuto calarsi nella storia e di veotare « scienza ». Se questo (smentito) marxismo scieotizzante non nuoce in concreto allo storico nel momento in cui politicizza la storia, rappresenta invece un vero limite di questa ricerca, la sua contraddizione interna in quanto impedisce alla critica di agire al di fuori del circolo di una dimostrazione 'disinteressata', e tradisce cosi il fine ultimo di ogni operazione critico-politica, che pure, giustamente, Asor Rosa rivendica all'intellettuale della classe operaia. Ma Asor Rosa non vuole uscire dall'impasse storico della letteratura populistica e dell'arte grande-borghese; secondo lui è dissennato pensare che la critica che parte dal punto piu avanzato possa rompere il circuito chiuso del- - 85
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