giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

furono l'espressione cli cli,·crse cooclizioni politico-ideologiche su cui si fondavano i diversi ideali letterari: noo ,·eclo a cosa po-sa essere utile far cadere neUa stessa bolgia Caotu e ievo, Carducci e Pisacane per chi li studi mettendoli a confronto con le idee e gli av,·coimcnti che furono parte della loro esperienza e del loro orizzonte ( prcmarxistico) di uomini del Risorgimento. La formula icieologica dello storico di oggi non può rinnegare in un giudizio uni,•oco anche le formule piu avanzate ( ancorché imperfette) cli ieri: rinnegare lo storicismo umanistico noo significa giustificare ai fini di una polemica attuale la condanna globale di tutto un periodo, che porterebbe poi a uo 'altra forma cli storicismo, sia pure ro,·c•ciato, ma altrettanto 'logico' e coerente di queUo idealistico. Tuttavia olo iogenerosamente si può insistere sulle sfasature della parte ottocentesca del volume 2 : in verità la ricerca di Asor Rosa rivela tutta la sua eilicacia se riferita a uo campo d'indagine piu ristretto e capace di subire quello specifico trattamento critico-politico; Scrittori e popolo è la storia deUa letteratura che va dalla guerra '15-'18 ai giorni nostri, quando non è piu lecito per nessun intellettuale sfuggire al giudizio politico ( o etico-politico, che è lo stesso) perché non si può ignorare il significato «scientifico» della parola « popolo » che viene usata, abusata e profanata con una leggerezza ed imperizia oon piu scambiabili con inadeguatezza necessaria o 'nativa'. A questo punto si leggono pagine mi• rabili per rigore e coerenza, quelle dedicate alla lucida analisi del fa cismo, delle sue cause e dei suoi equivoci; A or Rosa vi studia il peccato piccolo-borghese dell'intellettuale italiano e del suo populismo patriottico, dove confluivano nazionalismo, demagogia, imperialismo e razzismo, tutti gli elementi cioè della propaganda e della letteratura sorte intorno alla 'grande occasione' della guerr-i ·15-'18. Non è diHicile riportare alla medesima matrice ideologica tutti gli scrittori che si ispirarono, con appa• rente divergenza di fini e di modi, a questa guerra, anclvt i cosidetti democratici, gli esaltatori della guerra del popolo, gli evangelisti della fraternità della trincea, ma che 84 - 111 fondo si prestavano al gioco dei demagoghi del nazionalismo, cooperando a giustificare, alla loro maniera, i massacri per conto di terzi: questa fu veramente la grande occasione in cui gli intellettuali mostrarono come int<'ndcssero il loro mandato sociale e quale risposta sapes• scro dare alla sfida lanciata dal socialismo - da questo momento in poi l'intellettuale si manterrà coerente alla sua visione di classe della cultura, perpetuando un rapporto popolo-nazione che propagherà, al di là di ogni contrapposizione politica, un'invariata concezione pater• nalistica del popolo, sulla cui natura di subalterno farà le sue prove la nuova rettorica pseudodemocratica. Non a caso la letterah1ra fra le due guerre manterrà questa coerenza politica anche nell'ondeggiare Era fascismo e antifascismo e ci offrirà J"equivoco ricorrente dell'intellettuale « moderno » che punta, è vero, direttamente sul po• polo come protagonista della storia, ma in effetti ne esalta l'arcaica spontaneità di sempre- E qui, coerentemente, Asor Rosa immette in questo quadro la concezione gramsciana di letteratura nazional-popolare, che egli ha però il torto di isolare troppo dal contesto dell'intero discorso 01 GramscC per il quale risulta forzato il richiamo diretto al paternalismo moderato di Gioberti o di Bonghi, senza tener conto almeno di altre componenti, ad es., gli intellettuali della questione meridionale, fra i quali il De Sanctis con la sua influenza ha, come ha notato Timpanaro, un posto a sé. Comunque se una revisione è necessaria per Gramsci piu sfumata e complessa, la ragione è tutta di Asor Rosa quando giudica il gramscismo imposto dal Pci nel dopoguerra e ripercorre il ventennio di errori della direzione togliattiana, il cui compito è stato quello di ,e rubare » scrittori alla borghesia, facendo passare il loro disagio, il loro ribellismo per impegno politico di « compagni di strada ,, ; non a caso il volume si chiude con Cassola e Pasolini, due fra i grandi bluffs della politica culturale del Pci, che sono poi due scrittori scopertamente reazionari nel loro smagato populismo : piccolo-borghese e subalterno il primo, irrazionale e misticheggiante il secondo. Il discorso, dunque, fila in pieno ; anche l'eccesso di

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