giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

La critica politica di Asor Rosa n quanto operazione politico-critica la ricerca di Asor Rosa 1 ha una sua inequivocabile forza ed I utilità: una sistemazione cosi larga e coerente di analisi - nella linea delle posizioni di una sinistra marx1sllca - sulla natura paternalistica della nostra letteratura « democratica n è quanto si attendeva da tempo, specie da chi come l'autore era noto per precedenti invoglianti interventi e per la sua posizione all'interno del gruppo di Classe operaia. L'interesse aumenta se si considera il pregio saliente di questa opera, e cioè la perfetta saldatura fra l'atteggiamento politico dell'autore e gli strumenti critici adoperati, saldatura che sola permette insieme a nuove prospettive e nuove valutazioni l'introduzione di una concezione 'pratica' della critica letteraria, ed anzi della storiografia tout court. Credo infatti che il migliore elogio all'opera di Asor Rosa si faccia riconoscendole piu che una validità di sistemazione definitoria una prospettiva che si libera dalle angustie libresche di ogni reinterpretazione estetica o 'ipotesi sulla poesia' per legarsi attivamente al corso stesso degli avvenimenti, alle vicende politiche e ideologiche della lotta in atto. In questo senso Scrittori e popolo è un libro di storia e di polemica - diagnosi della mente politica della borghesia democratica della Nuova Italia nella sua storia e nei suoi odierni e non estemporanei atteggiamenti. Il popolo - dimostra l'autore - si è specchiato nella concezione borghese secondo le sue due facce tradizionali, come oggetto di pie meditazioni intorno alla cristiana sopportazione o come idolo di esemplare sanità fisica e morale. riserva delle intatte forze naturali non corrotte dalla civiltà; e intorno a questo tema Asor Rosa traccia con mano (erma una storia della mitologia populistica degli ultimi centocinquant'aani che non conosce scarti né sostanziali deviazioni: tutti gli scrittori ( cattolici o laici, reazionari o progressisti) che hanno esaltato il popolo, lo hanno fatto nella maniera tradizionale; la loro concezione di popolo è il limite ideologico oltre il quale essi non potevano anelare se non mettendo in crisi il loro intero sistema di idee e di 'convenienze'. C'è in questo senso una profonda - anche se non sempre cosciente - solidarietà negli intellettuali borghesi che lo storico deve portare alla luce. Uno dei fini di questa ricerca è appunto di far toccar con mano come sotto l'apparente varietà della nostra letteratura otto-novecentesca si profili una monotonia di fondo che accomuna, al cli là delle guerricciole a colpi di penna, insospettate parentele anche fra artisti che si è soliti considerare nemici irriducibili. Giusta e pregnante questa angolazione politica, mi sembra tuttavia che Asor Rosa abbia caricato le tinte fino a falsare il quadro d'insieme: è utile parlare in termia i cli populismo anche letterario purché si facciano alcune elementari distinzioni: la proiezione polemica verso gli odierni populisti camuffati da progressisti non può annullare lo dimensione temporale ciel concetto di « po• polo »; anche le date contano: altro è il « popolo n dei borghesi prequarantotteschi ed altro quello imposto dal socialismo scientifico, ad esempio; una storia del populismo italiano deve essere una storia dei populismi che - 83

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