ovunque quelli pretesi dalla società governata da essa. La loro sfera si estende a tutte le attività dal normale sfruttamento, dalla povertà, dall'insicurezza, alle vittime della guerra, alle azioni di polizia, agli aiuti militari, ecc., in cui la società è impegnata - e non soltanto alle vittime entro le proprie frontiere. Queste considerazioni non possono mai giustificare che si esigano sacrifici numerosi e numerose vittime per conto di una società migliore del futuro, ma permettono di valutare i costi che implica la perpetuazione di una società esistente contro il rischio di promuovere delle alternative che offrano una possibilità ragionevole di pacificazione e liberazione. Certamente, non ci si può aspettare che nessun governo allevi la propria sovversione, ma in una democrazia tale diritto è confrrito al popolo ( cioè alla maggioranza del popolo). Ciò significa che le strade per cui potrebbe svilupparsi una maggioranza sovversiva non devono essere bloccate, e se sono bloccate dalla repressione organizzata e dall'indottrinamento, la loro riapertura può richiedere manifestamente dei mezzi non democratici. Essi includerebbero il ritiro della tolleranza di parola e di riunione a.i gruppi e a.i movimenti che promuovono politiche aggressive, armamenti, sciovinismo, discriminazione sul terreno della razza e della religione, o che si oppongono all'estensione dei servizi pubblici, della sicurezza sociale, delle cure mediche, ecc. Inoltre, la restaurazione della libertà di pensiero può aver necessità di nuove e rigide restrizioni nell'insegnamento e nelle istituzioni dell'educazione che, coi loro propri metodi e concetti, servono a chiudere la mente entro l'universo stabilito del discorso e del comportamento - in conseguenza di ciò precludendo a priori una valutazione razionale delle alternative. E al grado in cui la libertà di pensiero implica la lotta contro l'inumanità, la restaurazione di tale libertà implicherebbe anche l'intolleranza verso la ricerca scientifica nell'interesse di « deterrenti » mortali, dell'anormale sopportazione umana in condizioni inumane, ecc. Discuterò ora il problema di a chi spetti decidere sulla distinzione tra liberazione e repressione, insegnamenti e metodi umani e inumani; ho già detto che questa distinzione non è argomento di preferenze di valore ma di criteri razionali. Mentre il rovesciamento della tendenza della politica scolastica potrebbe, in teoria almeno, esser imposto dagli studenti e dagli insegnanti medesimi, ed esser cosi autoimposto, il ritiro sistematico della tolleranza nei confronti delle opinioni e dei movimenti regressivi e repressivi potrebbe soltanto esser considerato come il risultato di una pressio• ne su larga scala che risulterebbe un sollevamento. J n altre parole, presupporrebbe ciò che ancora dev'essere compiuto: il rovesciamento della tendenza. Comunque, la resistenza in occasioni particolari, il boicottaggio, la non-partecipazione a livello locale e del piccolo gruppo possono forse preparare il terreno. Jl carattere sovversivo della restaurazione della libertà appare assai chiaramente in quella dimensione della società dove la falsa tolleranza e la libera impresa fanno forse il danno piu serio e durevole, cioé, negli affari e nella pubblicità. Contro l'insistenza enfatica del portavoce delle ragioni del lavoro, sostengo che il guasto pianificato, la collusione tra il comando dei sindacati e gli imprenditori, la pubblicità deformata non sono semplicemente imposte dall'alto alla gran massa impotente, ma sono tollerate da essa - e dal consumatore al dettaglio. Comunque, sarebbe ridicolo parlare di un possibile ritiro della tolleranza nei confronti di queste pratiche e delle ideologie promosse da esse. Perché esse si riferiscono alla base su cui la società affluente repressiva si fonda e riproduce se stessa e le sue difese vitali - la loro rimozione sarebbe quella rivoluzione totale che questa società di fatto avversa. Discutere della tolleranza in tale società significa riesaminare le conseguenze della violenza e la distinzione tradi• zionale tra azione violenta e azione non-violenta. La discussione non dovrebbe, fin dall'inizio, esser oscurata da ideologie che servono a perpetuare la violenza. Anche nei centri avanzati di civiltà, la violenza prevale attualmente: è praticata dalla polizia, nelle prigioni e negli istituti per malati di mente, nella lotta contro le minoranze razziali; è portata, dai difensori della Hbertà metropolitana, fino nei paesi arretrati. Questa violenza in realtà genera violenza. Ma trattenersi dalla violenza di fronte alla violenza immensamente superiore è una cosa, rinunciare a priori a rispondere colla violenza alla violenza, nel campo etico o in quel- - 69
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