giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

libertà di parola e di riunjone era garantita anche ai nemici radicali della società, a condizione che non passassero dalle parole ai fatti, dal discorso all'azione. Facendo affidamento sulle effettive limitazioni di fondo imposte dalla sua struttura di classe, la società sembrava praticare la tolleranza generale. Ma la teoria liberista aveva già posto un 'importante condizione alla tolleranza: era quella cli « applicarsi soltanto agli esseri umani nella maturità delle loro facoltà ». John Stuart Mili non parla soltanto dei bambini e dei minorenni: egli ragiona: «La libertà, come un principio. non ha applicazione ad alcuno stato cli cose anteriore al tempo in cui l'umaniti1 è diventata capace ili migliorarsi con la discussione libera ed eguale ». Prima ili allora, gli uomini potevano essere ancora dei barbari, e ccil dispotismo è un modo di governo legittimo trattando con dei barbari. purché il fine sia il loro miglioramento e i mezzi siano giu tificati dall'effettuare realmente quel fine ». Le parole di Mili spesso citate hanno un'implicazione meno fa. miliare eia cui cljpende il loro significato: la connessione interna tra libertà e verità. C'è un senso in cui la verità è il fine della libertà, e la libertà dev'essere definita e limitata dalla verità. Ora in che senso può essere la libertà funzione della verità? Libertà è auto-determinazione, autonomia - questa è quasi una tautologia che risulta da un'intera serie di giudizi sintetici. Essa stabilisce l'abilità di ognuno nel determinare la propria vita: esser in grado di determinare cosa fare e cosa non fare, cosa tollerare e cosa no. Ma il soggetto di questa autonomia non è mai l'inilividuo contingente, privato, per ciò che realmente è o gli accade ili essere: è piuttosto l'individuo come essere umano che è capace di vivere libero con gli altri. E il problema di rendere possibile una tale armonia tra la libertà di ogni individuo con l'altro non è quello di trovare un compromesso tra i competitori, o tra la libertà e la legge, tra gli interessi generali e quelli individuali, il benessere comune e quello privato in una società stabilita, ma quello cli creare la società in cui l'uomo non è piu schiavo delle istituzioni che viziano l'auto-determinazione fin dagli inizi. Jn altre parole. la libertà deve ancora essere creata anche per la piu libera delle società esistenti. E la direzione in cui dev'essere cer64 - cala, e i mutamenti istituzionali e culturali che possono aiutare a conseguire la meta sono, almeno nelle civiltà sviluppate, comprensibili, cioè a dire, essi possono essere identificati e progettati, sulle basi dell'esperienza, dalla ragione umana. Nell'azione reciproca di teoria e pratica, le soluzioni vere e quelle false diventano ilistinguibili - non coll'evidenza della necessità, né come il positivo, soltanto con la certezza ili una possibiljtà ragionata e ragionevole, e con la forza persuasiva del negativo. Poiché il vero positivo è la società del futuro e perciò oltre la definizione e la determinazione. mentre il positivo esistente è ciò che dev'essere superato. Ma l'esperienza e la comprensione della società esistente possono ben essere capaci di identificare ciò che non tende ad una società libera e razionale, ciò che impeilisce e deforma le possibilità della sua creazione. La libertà è liberazione, uno specifico processo storico nella teoria e nella pratica e come tale esso ha le sue parti giuste e quelle sbagliate, la sua verità e la sua falsità. L'incertezza de!Ja possibilità in questa distinzione non toglie l'obiettività storica, ma sono necessarie libertà ili pensiero e di espressione come conilizioni preliminari per trovare la via verso la libertà - è necessaria la tolleranza. Comunque, questa tolleranza non può essere iniliscrimjnata ed eguale nei confronti dei contenuti dell'espressione, né nelle parole né nei fatti; non può proteggere le parole false e i fatti sbagliati che dimostrano che essi contradilicono e vanno contro alle possibilità cli liberazione. Tale tolleranza indiscriminata è giustificata nei dibattiti innocui, nella conversazione, nella discussione accademica; è indispensabile in un'impresa scientifica, nella religione privata. Ma la società non può esser priva di discriminazioni dove la pacificazione dell'esistenza, la libertà e la felicità stesse sono in pericolo: qui, alcune cose non possono venir dette, alcune idee non possono venire espresse, alcune politiche non possono esser proposte, alcuni comportamenti non possono esser permessi senza fare della tolleranza uno strumento per la continuazione della schiavitu. Il pericolo della « tolleranza ilistruttiva » ( Baudelaire ), della ccbenevola neutralità » verso l'arte è stato riconosciu-

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