la sconfitta definitiva della sinistra bolscevica ed internazionale 2 • Ma, sia che questa sinistra non sia stata invitata: e si è rilevato con una certa sorpresa l'assenza non solo di Asor Rosa, Ti:onti, Merli, Agazzi ma anche di studiosi meno impegnati come Aldo Romano, - sia che i presenti abbiano scelto, non senza successo, di lasciare che il Convegno ritrovasse il suo luogo naturale, ossia scivolasse a destra, il dibattito non ci fu, e pertanto non vi fu l'occasione di lanciare scomuniche e condanne. A questo punto, va notata pertanto una prima contraddizione o, se si preferisce, un passo sbagliato, da parte di gente che, com'era evidente, voleva assumere, una volta di piu, una posizione centrista. Questo stesso tema del centrismo, con la variante « populismo » proposta da Asor Rosa, si trova infatti al centro della lettura di Gramsci che, tutto sommato, sembrava spiacere di piu, appariva cioè la piu radicale, la piu contestatrice: quella che si esprime essenzialmente nella Rivista storica del socialismo e, occasionalmente, con l'ottimo saggio di S. Sechi, per esempio, su riviste meno specializzate come i Quaderni piacentini. Perché allora non accettare questo Gramsci centrista che sarebbe stato cosi comodo? La spiegazione, ovviamente, non va cercata nell'esigenza di rigore filologico, di cui si dirà comunque essere stata abbastanza trascurata dal Convegno ( con l'eccezione, mal accolta, del Bobbio ), ma senz'altro nel timore di vedersi costretti a contrapporre al Gramsci centrista della sinistra il Gramsci di sinistra del centro, col rischio allora di non poter piu riattaccare la presente linea del Pci alla tradizione gyamsciana. Questa, comunque, non poteva essere cosi ridotta - e nessuno vi ha mai pensato, almeno a sinistra - ad una mera prefigurazione della linea amendoliana del Pci, tanto piu che, in questo caso, Gramsci non avrebbe piu interessato né servito a nessuno. Vi fu dunque il tentativo, a cura di Ragionieri, di aggiornare il leninismo di Gramsci di togliattiana memoria, tanto da rinnovare la famigerata triade hegeliana oppure la cristiana trinità nella figura di un Gramsci, sintesi paradossale ( per non fare nomi contemporanei) di Turati Serrati e Bordiga, - operazione che sarebbe stata impossibile se, fin dall'inizio (ancora!), certe pezze d'appoggio - diciamo - filologiche, non fossero state preposte dal Garin. E qui ancora, bisogna tornare pro,•visoriamcntc a Critica marxista. La fonna:ione di Gramsci e Croce ( ivi, pp. 119. 133) ci offre, infalti, una prima formulazione di ciò che è staio il tema centrale della relazione del Gario u Politica e c,dtura in Gramsci, ossia una vera e semplice difesa d'ufficio della tradizione crociano-gramsciana dello italo-marxismo. « Che senso può avere - si chiede Garin - [ ... ] un discorso sul 'provincialismo', se Gramsci, in Italia, si venne formando in rapporto al pensatore che esprimeva su terreno italiano, io 'linguaggio italiano' molto appropriato, una situazione europea?» In realtà, ma questo è apparso piti chiaro nella citata relazione, si trattava, per Gario, di rispondere ad una duplice accusa lanciata contro Gramsci: sia quella che si esprime negli scrilli di Althusser, che Gario allaccò senza mai nominarlo, e che rimprovera a Gramsci il suo mancato superamento dello storicismo crociano; sia cruella piu diffusa di « provincialismo » che rileva, in Gramsci, un perpetuo cambiamento di Croce con Hcgel ossia di quella che è stata chiamata di recente una « contro-riforma della dialellica >> con una dialellica vera e propria. La definizione di Croce come « momento mondiale odierno della filosofia classica tedesca " rappresenta, come si sa, uno dei presupposti, forse il maggiore, della definizione gyamsciana della filosofia della prassi. Si poteva dunque almeno sperare, da parte del Garin, un minimo di verifica di q1.1estatesi basilare del gramscismo, un minimo di ironia e di distacco, di rigore storiogyafico, anche solo in chiave della storiografia idealistica che è quellR del Garin; ma invece il giudizio gramsciano è stato vreso dal Garin come scontato. E questo, non a caso. Non già che il Garin, nonostante le proprie origini gentilio-crociane, fosse, è ovvio, incapace di tale sforzo di analisi, ma perché, accettando senza verifica la formula gramsciana, non solo aveva evitato di fare i conti sul serio con Gramsci, ma sopratutto tendeva a con- - 49
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