giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

rola d'ordine del rifiuto del lavoro •. Tronti ipotizza come termine di questo processo un momento in cui la classe operaia risponderà « no » al capitalismo in quello che il capitalismo a livello piu maturo è obbligato a considerare come la part~ essenziale del suo sviluppo, vale a dire la rivendicazione, la richiesta operaia: quel tanto di vita cioè che la classe operaia mette dentro l'organismo della produzione spingendo in avanti lo sviluppo del sistema. Ci sarà un momento, diee Tronti, in cui questo processo sarà spezzato. Sarà il momento in cui, al piu alto livello, la ebsse operaia si dividerà da se stessa in quanto « lavoro » e risolverà il duplice carattere del lavoro espresso nelle merci combattendo contro quella parte di se stessa, che l'ha incatenata al processo di produzione capitalistica e l'ha fatta diventare l'elemento determinante per lo sviluppo stesso del sistema. In quel momento sarà aperto iJ processo rivoluzionario, che porterà la classe operaia alla conquista del potere. Non mi soffermerò a lungo sulle possibili implicazioni di carattere teorico generale, politico, di ricerca storica, che questo rovesciamento della prospettiva comporta, appunto perché esso risulta evidente alla lettura stessa del libro. Vorrei soltanto isolare dentro questo contesto alcuni motivi che a mio giudizio, esigono un chiarimento -da parte di Tronti stesso, e forse richiedono uno sviluppo del suo pensiero attuale al di là dei limiti che il lihro, con i suoi saggi, si era posti. Se noi diamo come scontato il concetto secondo cui la classe operaia rappresenta l'elemento propulsivo e veramente vitale dello sviluppo capitalistico, diventa allora abbastanza ovvia e scontata quella scoperta, per altri versi cosi importante e fondamentale, che consiste nel considerare possibile una storia interna della classe operaia contrapposta alla storia del capitale. Anzi, una storia interna della classe operaia, da cui è possibile ripartire per costruire una storia interna del capitale. E a questo proposito credo necessario sottolineare che la prospettiva di Tronti porta in primo piano un elemento che potremmo definire la soggettività della classe operaia, contrapposta all'oggettività morta degli strumenti di produzione capitalistica. Ma credo necessario sottolineare questo punto per rigettare preliminarmente quelle critiche che sono siate affrettatamente espresse a questo proposito, secondo cui questa affermazione di soggellività comporla una ripresa di pensiero idealistico, da parte di Tronti. ccondo mc questa critica è totalmente infondata e deriva da un banale errore di prospelliva, perché è abbastanza evidente dalla lettura dell'opera nel suo complesso, che non esiste niente di simile dentro l'alleggiamenlo di Tronli. lo vorrei che fosse verificala io concreto !"affermazione che sto per fare: non e 'è una frase in questo libro che non abbia un contenuto estremamente oggellivo. un riferimento ad un fallo, ad un dato. E' secondo me, uno dei libri piu pieni di fatti e meno pieni di parole che abbia lello da molto tempo a questa parie. E una delle prove possibili la troviamo proprio a proposito di questa questione: perché quando Tronli dice « soggellività della classe operaia », egli si riferisce ad un fatto che è io se stesso estremamente oggettivo: si riferisce ad una serie di comportamenti reali che non solo, direi, l'analisi teorica, ma la stessa osservazione di fallo della storia delJa classe operaia e dei suoi movimenti attuali mette in piena luce. D'altra parie non si vede perché dovrebbe essere considerata pi u materialistica una spiegazione delJa storia che si affida all'analisi del livello economico del capitale, piuttosto che ad un'analisi del livello politico raggiunto dalla classe operaia. La verità è che troppo spesso, quando si parla di classe operaia, ci si dimentica di collocare io essa ( nel suo concetto-realtà), quel dato fondamentale che è il suo contenuto politico, quel contenuto politico che qualifica questo concetto a differenza del concetto di « forzalavoro ». Se dunque noi crediamo possibile costruire una storia della classe operaia, distinta dalla storia della società capitalistica, anzi pensiamo possibile partire da questa storia della classe operaia per arrivare a costruire una storia della società capitalistica, allora dovremo credere possibile quello che Tronti afferma, e cioè che esistano dei dislivelli di sviluppo tra classe operaia e società capitali- -.U

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