giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

. 1 Qualche precisazione. Dobbiamo prima di tutto • rifarci a una constatazione elementare. Col tra• monto di Lukacs e di Gramsci è dileguata anche lR certezza di essere all'interno di un divenire, di possedere la storia nelle sue prospettive totalizzanti. E' stata una lunga agonia. Lo sbocco non poteva essere diverso d11 questo. Tirato giu Marx dalla soffitta dove era stato riposto dai tempi dei fronti popolari, ci si è resi conto che la « democrazia » non evolveva, che i caratteri della società capitalistica erano stati « fissati » una volta per sempre (nei Manoscritti del '44 o nel Capitale, _o in entrambi), e che di li si doveva partire per cercare una via d'uscita, un possibile rovesciamento del sistema di cui la classe operaia (anch'essa riscoperta nella sua autonomia) rappresentava la potenziale « negazione », l'opposizione irriducibile. Gli anni dell'involuzione socialdemocratica di tutto il movimento operaio sono stati anche quelli di una tentata separazione dalle responsabilità del Partito ( e dal suo tenace ottimismo prospettivistico prigioniero di una « linea » sempre piu invischiata all'in• terno delle istituzioni dello stato borghese) della forza contestatrice della classe. E delle « ipotesi » sulla classe. « Niente risulta già dimostrato. Di nuovo, tutto rimane ancora da fare. Per farlo, bisognerà a lungo tener l'occhio sul punto piu oscuro di tutto il processo, fino a quando non saremo arrivati a vedere chiaramente che cosa è successo dentro la classe operaia dopo Marx " editoriale (Mario Tronti, Operai e Capitale, Einaudi, p. 263). Ma il « marxista dimezzato » ( per servirmi cli un 'espressione di Minucci usata a proposito di Tronti), cosi come è apparso alla ribalta negli anni sessanta, in diretta contestazione con la fraseologia democratica e populista del movimento operaio organizzato, armato di parole « vergini » come classe operaia e rivoluzione, operava già in una dimensione esterna al « terreno dell'iniziativa politica », in « una scissione tra teoria e prassi » che sottraeva jJ suo discorso a ogni immediata verifica, « sino al punto di postulare una rivoluzione tutta teorica », del tutto estranea ai processi in atto nella realtà. Negli anni della ra• zionalizzazione capitalistica, dunque, del perfezionamento e dell'irrigidirsi del capitale, che estendeva minaccioso il suo dominio dalla fabbrica alla società tutta ( io una, sia pure ancora embrionale, tendenza a conciliare « nella sfera dei comuni » le proprie contraddizioni), all'interno della sinistra italiana si « sbloccava » una tendenza che, sgombrato il discorso politico dalle mistificazioni correnti sulle identificazioni del Partito con la classe, risaliva alle « origini » ( ai testi dei fondatori del marxismo), ritrovando, immediatamente, un collegamento strutturale con la rivoluzione, proprio quando ogni possibilità di rivoluzione sembrava estinguersi nella realtà delle cose. Il punto di vista storicistico, che aveva innestato il marxismo sulla tradizione del pensiero democratico, inviluppan• dosi in una visione chiusa, nazionale, della lotta di clas- -1

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