giovane critica - n. 15/16 - primavera/estate 1967

porto fra partito e classe: 1n constatozione che, Cino oli oro, « scar• sissimi erano stoti gli stimoli, le sollecitazioni. le richieste dal basso», e ciò perché « era prevalsa la paura di sviluppare lo spirito critico delle masse.». Non si punto,•a duoque sulla spontaneità delle masse nel fare cultura, né ci si accontentavo dei prodotti dello cuhuro « suboltcrna »: sotto questo aspetto, anzi, la funzione degli inte11cttuali focevo ancora tutt'uno, ne11a distinzione dei tempi e dei compiti, con la funzione del partito di c1asse, come coscienza organizzata, ecc. Ma il rapporto, perlomeno. era impostato su ba~. sinceramente democratiche. 21 Va però detto che questo tipo di critica ero contraddetto nel lascicolo successivo ( L'Ur,• tra il XX e il XXl Congreuo del Pcu, di Lucio Libertini) da un tipo di critica opposto, « da destra n. 22 Il tempo aveva lavorato a (avore di Nenni, e gli equivoci di Venezia, anziché eMere sciolti in una prospettiva nuova, avevano aperto la strada a una visione socialdemocratica della realtà, che el di là del verbalismo tattico, cercava un adeguamento alle linee di svi1uppo de1la economia e della società italiana in termini neocapitalistici: era questo « il nuovo» del nennismo, un'azione di rinnovamento delle funzioni e dei compiti della socialdemocrazia in direzione del riformismo dei monopoli e della sua gestione politica, statale. " In Mondo Operaio n. ll/12, 1958, pp. 50-59. " I compagni della sinistra milanese del Psi avevano anticipato. rispetto alle vicende nazionali che dovevano portare di li a poco prima del Congresso di Napoli agli schieramenti in correnti organizzate, la rottura nel Psi. Per essi, io quella fase, la destra del Psi ero già divenuto un avversario di classe. Le conseguenze personali, per chi scrive, furono l'uscita dall'Avanti! e le dimissioni de /\fondo Operaio ra,segnate ovviamente al direttore Panzieri alla vigi1ia de11a fine di tale direzione. Panzieri, a sua volta, insofferente ormai dei limiti non so1o partitici, ma di una corrente che si poneva già, con i difetti tradizionali, come partito, lasciava Roma per Torino. Mi sia consentito di ricordare quel periodo che, dopn l'esperienza dell'occupazione delle terre in Sicilia, riportava Panzieri a contatto con la realtà di classe, nella classe, alla Fiat di Torino. Fu una decisione meditata e sofferta, della quale si <liscusse a lungo a casa mia, a MiJano. A me pareva una necessità assoluta, anche se i punti di vista sugli impegni pratici immediati ( non sulle prospetth•e generali) io qualche mirura divergevano, lo ritenevo, infatti, che al livello di base ci fosse ancora da fare per una ripresa rivoluzionaria anche nei partiti, e che si dovessero collegare le fone, per piccole e localizzate che fossero, che per tale ripresa crono disponibili con 1a cla55e in movimento, già sponta• neamente sensibile ai mutamenti intervenuti nella realtà in seguito ttll'impetuoso sviluppo capitalista degli uhimi anni. Panzieri 1Jveva ormai preMoché interamente « bruciato » resperienza partitica, e quella di corrente si presentava, nei suoi termini generali, nelle vecchie forme di ambiguità connesse principalmenle con i rapporti con un Pci es.sei pili lento nc11o sua ricerca. Il dissenso non ~atHI. tutt'altro. le possibili1à di un lavoro comune per il quale ci si sforzò <li valerci della straordinarie acutezza d'analisi di Panzieri di cui <li )i a poco i Quaderni roui dovevano dare, specielment~ nei suoi con1ribu1i diretti. uno valida e feconda testimonianza. Ma, detto questo, non ho detto ancora tutto: Panzieri era un uomo allegro. leale, aperto agli altri in misura tale rhe solo il rigori' dell'impegno socialiste, rivoluzionario, sempre presente, trnttcne,•a entro giusti limiti. La quali1à che di lui piU rimpiango, anche per• i•hé rara, era il suo modo d"csscrc uguale in pubhlico e in privalo. ( RACISTE REPOUSSANT l'AMOUR O"UNE FEMME DE COULEUR - 105

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