ni produzioui dell'est e dell'ovest e dei paesi « minori ». Si obbietta: il pubblico italiano non è preparato, non li accetterebbe. Ma cosi come per il sistema del doppiaggio dei film italiani si è fatto un enorme passo indietro rispetto alla cinematografia fascista degli anni quaranta, cosi per quelli stranieri va ricordato che il pubblico italiano non aveva trovato niente da ridire nei due-tre anni tra il 1944 e il '47 quando il metodo era generale, e se si è impigrito, diseducato, se è andato indietro invece di andare avanti, non è solo colpa sua. Si può fare un parallelo con quanto avviene su un altro piano commerciale, con il sistema di alimentari che assuefanno il palato ai peggiori veleni: la frode del doppiaggio ha fatto perdere al pubblico il gusto per la genuinità e l'autenticità artistica. Fesso e contento? Forse si, ma non si venga però a parlare di una situazione « sana » o « normale ». Checché ne dicano gli interessati esaltatori del doppiaggio, questa barbarie dovuta alla spocchiosa incoltura italocentrica, ogni film straniero visto in Italia è un falso, una sofisticazione, il cui grado è corrispondente al suo valore artistico, e in certi casi a potenza maggiore. Come ad es. per il recente Modesty Blaise, in cui il dialogo ha una tale importanza che nessuno in Italia può dire di aver visto il film di Losey, discutibile quanto si vuole, ma un'altra cosa, certo meno interessante, quasi una sua volgarissima caricatura. Il pubblico italiano non può giudicare delle capacità i1:1terpretative di Greta Garbo o Katherine Hepburn o Humphrey Bogart o Shirley MacLaine o Jeanne Moreau o Montgomery Clift o Marilyn Monroe, perché la loro voce è una parte fonda mentale delle loro doti espressive, e nessun italiano in Italia l'ha mai sentita. Dirò di piu: se i critici italiani fossero onesti dovrebbero rifiutarsi a rigor di logica di recensire film dop• piati. Un aneddotto. Al festival di Venezia di due anni fa alcuni critici amici, francesi e altri, protestarono con l'ufficio stampa del festival perché il film di Visconh non aveva sottotitoli d'alcun tipo e loro, giustamente, ritenevano di non essere tenuti a sapere l'italiano per forza, e di non poter obiettivamente recensire un film di cui avrebbero perso tutto il dialogo. Fu loro risposto che non si era « mai pensato » alla possibilità di chiedere alle case di produzione italiane che mandano i loro film a Venezia di chiedere l'invio di una copia sottotitolata, e che gli autori dei film presentati non avevano evidentemente mai preso in considerazione il problema ... Dei cinegiornali stranieri non si può dire siano ma• gnifici, ma almeno presentano materiali sui fatti salienti della settimana. In Italia: marcia indietro persino rispetto a J acopetti e alla In com ( e nel piano della propaganda, a «Carosello»). La SEDI e il CIAC sono cacca pubblicitaria disgustosamente propinata a masse abbrutite che non pensano neanche che è loro sacrosanto diritto spaccare le sedie sulla testa degli esercenti che gliela propinano. Esiste una legge sui cinegiornali. Si, grazie, lo sapevo. Ed esiste una commissione apposita di cui, se non erro, fanno parte anche noti critici... Questa panoramica dovrebbe ancora prendere io considerazione una logica conseguenza di questi fatti: l'assenza di riviste cinematografiche potabili, cioè vivaci, chiare, dal linguaggio preciso e circostanziato, con un apparato di indispensabile documentazione fotografica. Le poche che sopravvivono possono essere considerate come pubblicazioni, buone o meno, di tipo universitario estraneo ad ogni possibilità di intervento sulla formazione del pubblico giovane, perse in loro chilometriche elaborazionì ( spesso importantissime, non lo nego, riviste del genere ci vogliono, ma non bastano). Altro passo indietro, e non dei minori, rispetto ad esempio, al Cinema nuovo vecchia formula. Dunque, che ve ne abbia convinti o no, la situazione è quella di un pubblico terribilmente analfabeta, terribilmente disinteressato al cinema. E non vi sono schiere d'avanguardia rappresentate altrove dai giovani e giovanissimi cinéphiles il cui « amore per il cinema » nasce dalle sollecitazioni dei cineclub di liceo o universitari, dei cinémas d'essai, dei programmi televisivi (io Francia ogni settimana si dà un « classico » in versione originale, e l'indice di visione è molto alto, specialmente tra i giovani), e vi sono inoltre splendide trasmissioni quindicinali sull'opera di un regista, analizzata da critici seri, cor- -7
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