giovane critica - n. 14 - inverno 1967

ché illudersi? Esiste un paragone possibile tra Corona e Malraux, tra Alberti e Langlois? I cineclub. Escludendo le vite dei santi al cineforum, gli unici cineclub che resistono solo quelli universitari, quattro o cinque soltanto dei quali funzionano egregiamente. Ma in generale questi centri, che pure dovrebbero e potrebbero rappresentare oggi la strada migliore per cliifondere il gusto e l'interesse per il cinema, sono cosi poco coraggiosi, coi loro programmi tutti preveclibiJi, cosi raramente spregiudicati. Questo d'altronde porterebbe a parlare cli, o ad attaccare, la mala pianta dei « professori » del cinema, che hanno cocliiicato una volta per tutte in una insopprimibile noia accademica, modi e forme di quest'arte, ruotando sterilmente attorno a vecchie idee e vecchi esempi. Fatti apposta, si direbbe, per allontanare dal cinema chi vi si rivolgesse con interesse nuovo, attuale, vivace, aperto, a cercarvi risposte contemporanee. D'altro canto essi, i professori, sanno bene che non stimolando quest'interesse moderno difendono le loro posizioni di potere, basate per lo piu sull'ignoranza del prossimo. Sanno bene che i loro classici, rivisitati e comparati con i film da loro Liquidati con due righe nelle voluminose ed inutili storie del cinema, ne risultano sminuiti o annientati. L'abisso tra i film che si « leggono » e non si vedono, e quelli che si « consumano » diventa sempre piu invalicabile. La mancanza di attenzione cinematografica, il continuo cercarvi altro, secondo le proprie idee e prevenzioni, è d'altra parte retaggio neorealistico e contenutistico cli cui tutta l'intellighenzia italiana risente in modo decisivo. Si va al cinema per giudicare le trame, e tanto varrebbe che certa gente rimanesse a casa, sorda come è all'intelligenza· e all'approfondimento delle forme proprie di quest'arte. Ciò li porta, d'altronde, a quelle esasperanti deformazioni in cui rientra il particolare masochismo dell'intellettuale-cli-sinistra-in-crisi, per cui, ad esempio, film come Alphaville o il recente Morgan, poveri esempi cli povertà cinematografica e ideologica mascherata dalla loro compiaciuta confusione qualunquistica, li mandano in solluchero perché sproloquiano di temi « seri » e a loro intelligibili. E si tratta magari delle stesse persone che si 6guardano bene dal cadere nelle trappole di casi letterari corrispondenti, di cui anzi si indignano. Il doppiaggio. Quest'uso infame e avvilente ha fatto esclamare a Godard, con felicissima espressione, che in Italia « non si è ancora inventato il cinema parlato ». Si riferiva, è ovvio, all'uso malsano di doppiare - colmo tipicamente nostrano, inconcepibile altrove - gli stessi film italiani - con l'impressione di falso che ne deriva, c che arriva a sminuire un poco perfino opere come I pugni in tasca. Questa mala abitucline è talmente raclicala ( e certo ha degli aspetti di comodità indiscutibile quando i tratta di far recitare attori stranieri in film nostri o ochette dall'accento emiliano o ciociaro) da venir gabellata per segno di progresso. Ad una analisi attenta, si può arrivare a dire che codesto uso è poi una delle remore maggiori allo sviluppo di un « nuovo cinema » giovane italiano: ve li immaginate dei registi italiani che lavorano sul serio con la camera portatile a sonoro incorporato dei Leacock o degli Eustache? Per quanto riguarda i film « costruiti ", vi immaginate poi quali sarebbero le vostre reazioni a teatro ad uno spettacolo con un Gielgud « doppiato " dalla voce cli uno speaker di tv inglese, o anche doppiato da se stesso: lui sulla scena che agisce e muove le labbra, e la sua voce registrata su disco in precedenza, che esce da altoparlanti piu o meno stereofonici? Ma quello che altrove ci sembrerebbe insopportabile, è digerito tranquillamente al cinema ... Non si tratta, per i film stranieri, di arrivare alle situazioni eccelse e invidfahili ( benché a volte provocate dallo stato di miseria dell'industria locale) di certi paesi dove tutti i film stranieri sono presentati in versioni originali sottotitolate, ma almeno ad una soluzione intermedia per cui vi siano sale per pubblici piu esigenti in ogni città importante dove si presentino film in v.o. Tra l'altro, sarebbe un bel risparmio di soldi per i distributori di film ( i sottotitoli sono presto fatti e costano pochissimo), e un bello stimolo alla distribuzione in circuiti di essai di film che possano provvisoriamente aspirare solo a quelli - piccoli film di scarse doti commerciali, ma di profondo interesse, come sono ormai moltissime giova-

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