scere da solo; contro tutto e contro l'azione cli sistematica diseducazione di cui si è tutti responsabili. L'elenco delle mie disgrazie di spettatore esigente nell'Italia 1967 è proposto dunque perché vorrei che il mio disagio, che non può non esistere in molti altri sommersi però nello sconforto dalla consuetudine, diventasse il disagio, almeno, di quella minoranza giovane e non deficiente che potrebbe e dovrebbe ricavare dal cinema, oggi nel mondo il piri importante, ricco, nuovo, illimitato mezzo di espressione artistica esistente, quell'arricchimento della sua esperienza culturale che nessuna altra arte può dargli con tanta desta contemporaneità. E' anche, piu egoisticamente, perché sono stanco di dover parlare cli cinema con persone la cui gamma di riferimenti e di conoscenze è paurosamente ristretta, e perché, il mio << amore per il cinema » non ha ragion d'essere se non ha mezzi per comunicarsi ad altri. [ Con chi ridiscutere i « classici » se ne conoscono solo i piu ovvi i e santificati? Per chi analizzare la riscoperta di Phil lutzi? A chi indicare le skakesperiane delizie cli Sylvia Scarlett di Cukor? Con chi discutere cli Vidor ridimensionando Our daily bread ed esaltando Ruby Gentry? Con chi dibattere sull'imporÌanza del nuovo cinema ungherese, il migliore dell'est, contro le esaltazioni di comodo cli quello cèco? E di Emmanuel Goldman, cli Glauber Rocha, di Hiroshi Teshigahara, cli J ean-Marie Stra uh? O perfino, di Olio e Stanlio?] I cinémas d'essai si contano in Italia sulla punta delle dita, Hanno, a Milano, prezzi favolosi ( 1000-2000 lire!!!), presentano solo versioni doppiate. A Roma ve ne è uno, e valgono le stesse considerazioni. Niente altrove. Come tenersi informati sull'evoluzione di questa arte bistrattata? Le possibilità di scelta sono minime o inesistenti. I film distribuiti sono regolarmente i piu commerciali e mediocri. Gli stessi cinémas d'essai non hanno una catena di distribuzione autonoma, o distributori che si incarichino di rifornirli. Debbono scegliere il meno peggio tra i prodotti in circolazione normale. Regolarmente americani, francesi, inglesi al massimo. Ignoriamo tutto del cinema svedese, giapponese, cèco ( meno un film, e certo non il migliore), della fioritura brasiliana di due-tre anni addietro, del nuovo cinema ungherese, americano, canadese, ecc. Costa molto distribuire nei cinémas d'essai film stranieri sottotitolati? No, indubbiamente. A Parigi, a Londra, a Francoforte, esistono esercenti di una o due salette che si sono messi loro stessi a comprare, e sottotitolare, film nuovi di basso costo, con spese minime, e a ripescare dalle case distributrici normali vecchi film accuratamente scelti perché la loro riproposta abbia un senso e la possibilità di un pubblico, capolavori sconosciuti o dimenticati invece dei soliti quattro Eisenstein e Chaplin fritti e rifritti. Molti vi hanno trovalo la loro fortuna. Possibile che in Italia nessuno, nel '67, abbia capito che può anche trattarsi di un affare, se solo sa farsi consigliare e sa azzardare nuove strade e cercarsi un nuovo pubblico! Quel che è ovvio in altri settori commerciali, perché impensabile in questo? Le cineteche. A Milano si danno una dozzina di film per stagione, e senza grandi sforzi cli originalità. E si che la scelta non mancherebbe. A Torino si utilizzano i soldi dei finanziamenti per comprare inutili macchinette preistoriche e si propongono cicli coraggiosissimi invero, cli tutti i film italiani del Risorgimento, compresi Il caimano del Piave, Il conte di Sant'Elmo e la Sepolta viva, oppure, quest'anno tutta l'opera del piu imbecille dei registi americani, Martin Riti. A Roma si tengono in fila, ben conservate in tante cassettine cli latta, e ben etichettate, certo, pellicole a quintali. Per chi? A Londra, a New York, le cineteche dànno dai tre ai sei spettacoli quotidiani. A Parigi, nello stesso giorno, in due sale diverse, tra le 18,30 (ma il giovedì e la domenica c'è una proiezione anche alle 15) e mezzanotte, chi ha voglia e tempo può scegliere tra i classici e i film minori ma rappresentativi, l'America e il Giappone, il muto e il sonoro, il giovanissimo regista irnkeno al primo film e gli sfrenati capolavori dei fratelli Marx, il realismo socialista e la commedia musicale. Per non parlare dei cicli sistematici che dànno la possibilità cli conoscere tutta l'opera cli un autore, o i piu importanti titoli di un genere o cli una scuola, o un'intera o quasi cinematografia nazionale (piu cli 200 film giapponesi, uno o due anni fa, ad esempio). Ma per- -5
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