giovane critica - n. 14 - inverno 1967

dentemente ragione, ma essa è impossibile e non potrà realizzarsi che col tempo - lunghi anni - a prezzo di lotte lunghe e dolorose. E nulla è meno certo della sua riuscita. Tutto è messo in questione. Mi sono notevolmente allontanato da me stesso. Nulla di ciò che precede è da pubblicare, salvo nel caso in cui dovessi scomparire. Vorrei che in quel caso la mia voce fosse udita almeno da qualcuno. Quanto precede non è altro che una spiegazione tra noi - una messa a punto di vedute personali. La gran parte delle considerazioni esposte non è in rapporto con la crisi attuale dell'Urss ( carestia, svalutazione del rublo, misure draconiane tendenti a imporre il lavoro quando non lo si vuole retribuire in maniera tale da consentire al lavoratore di vivere) che deve avere una fi. ne: assai pronta e facile se si compie una virata a destra, cosa che farebbe nascere del resto numerosi pericoli politici; molto piu lenta se si persevera nella via adottata, che è quella della statalizzazione ad oltranza e delle misure di costrizione. Occorreranno, in questo caso, degli anni per tornare al povero tenore di vita del 1925 che sembra oggi - a tutti - paradisiaco. Le difficoltà attuali mi sembrano meno gravi, a dispetto del loro orrore reale, del carattere del sistema che le ha fatte nascere e che arriva a realizzare praticamente il contrario di tutte le promesse della rivoluzione. La forza delle cose mi ha costretto a ritirarmi da ogni azione politica. La mia posizione di ritiro di dissenziente è la seguente. Ecco, in altri termini, ciò che affermerò tranquillamente qui e che voglio si sappia se dovrà costarmi qualche persecuzione. Non vedo alcun errore notevole nelle idee che ho sostenuto nel 1923-28 in seno al Partito. Non ho nulla da ritrattare di tutto ciò che ho scritto successivamente. Tagliato dal movimento operaio e comunista d'Occidente, non avendo letto alcuna opera o documento politico pubblicato all'estero da piu di cinque anni ( salvo alcuni frammenti, e molto di rado), non posso essere piu strettamente solidale con nessun gruppo. Simpatizzo con tutti coloro che vanno contro corrente, cercano di salvare le idee, i principi, lo spirito deLla rivoluzione d'Ottobre. Credo sia necessario, per questo, rivedere tutto cominciando con l'istituire tra compagni deLle piu diverse tendenze una collaborazione realmente fraterna nella discussione e nell'azione. Su tre punti essenziali, superiori a tutte le considerazioni di tattica, resto e resterò, checché possa costarmi, un obiettore, un dissenziente confesso, netto, e che tacerà solo se costretto. 1. Difesa dell'uomo. Rispetto dell'uomo. E' necessario restituirgli dei diritti, una sicurezza, un valore. Senza questo, niente socialismo. Senza questo, tutto è falso, sbagliato, viziato. L'uomo, quale egli sia, fosse l'ultimo degli uomini. « Nemico di classe », figlio o nipote di grande borghese, me ne infischio - non bisogna mai dimenticare che un essere umano è un essere umano. E' quanto si dimentica lutti i giorni, sotto i miei occhi, ovunque, è la cosa piu rivoltante e la piu antisocialista di tutte. E, a questo proposito, senza voler cancellare una riga di quanto ho scritto a diverse riprese, sulla necessità del terrore nelle rivoluzioni in pericolo di morte, devo dire che ritengo un abominio inqualificabile, reazionario, scoraggiante e demoralizzante, l'uso continuo della pena di morte per giustizia amministrativa e segreta. ( In tempo di pace! In uno Stato piu potente di qualsiasi altro!) Il mio punto di vista è quello di Dzerzhinsky all'inizio del 1920; quando la guerra civile sembrava terminata, egli propose immediatamente - e ottenne senza fatica da Lenin - la soppressione della pena di morte politica ( fu ristabilita poco dopo in séguito all'aggressione polacca). E' anche quello dei comunisti che proposero per anni, di ridurre le funzioni delle Commissioni Straordinarie ( Ceka o Ghepeu) all'inchiesta. Il prezzo della vita umana è caduto cosi in basso, questo è cosi tragico, che ogni pena di morte è da condannare in questo regime. Abominevole ugualmente, e ingiustificabile, la repressione per mezzo dell'esilio, della deportazione, della prigionia quasi perpetua di tutti i dissidenti all'interno del movimento operaio - cioè l'applicazione, contro i lavoratori, di misure eccezionali emanate nel fuoco della guerra civile contro i nemici della Rivoluzione. - 67

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