giovane critica - n. 14 - inverno 1967

documenti Il "chroniqueur,, della rivoluzione Ci è possibile vedere oggi i limiti di Victor Serge, nel suo umanitarismo di derivazione anarchica. Però, dobbiamo constatare anche come sia in parte a questo che egli deve di essere sopravvissuto come rivoluzionario attraverso le esperienze piu dense di mezzo secolo, e attraverso la disfatta della rivoluzione russa. Esso, in/ atti, gli ha evi,. .tato da una parte gli entusiasmi troppo generici e misti,. cheggianti, dall'altra il predominio di una visione teorica dottrinaria sull'analisi della evoluzione concreta della realtà. Cosi, ad esempio, non vi è stata per Serge il tipo di disillusione obbligata di coloro che avevano legato al destino della rivoluzione sovietica quello della Rivoluzione. Altre ne aveva viste, e il bolscevismo ne risultava una delle fasi, piu avanzata e possente, quella cui 'immediatamente legò --abbandonando dopo attenta analisi, ma con un f orte senso dei tempi, le sue precedenti impostazioni unar- ·chiche - il suo stessa destino. Questa distinzione gli ha permesso ad esempio di non fare la fine degli autori di quei saggi raccolti con un titolo che a Serge doveva apparire assurdo, come lo è oggi per noi: Il dio che è fallito. Fallita una sua esperienza, è fallito il comunismo? Serge rifiutava quest'impostazione nel modo piu deciso, cosi come aveva rifiutato, prima, di divinizzare l'esperienza sovietica. Le sue Memorie di un rivoluzionario, libro fondamentale per chi, nella seconda metà degli anni cinquanta, e in clima di guerra fredda, si trovava in Italia a dover scegliere, a sinistra, tra stalinisti e radicali, e libro fondomentale in assoluta per chiunque voglia accostarsi da dentro alla storia della sinistra rivoluzionaria in Europa tra l'inizio del secolo e la seconda guerra mondiale, hanno conservato in assoluto tutta il loro valore pedagogico e di testimonianza. A Serge in/ atti, di cui sta per essere pubblicata ora da Einaudi la bellissima cronaca dell'Anno Prima della Rivoluzione Sovietica ( su cui vedi la recensione di Pierre Braué all'edizione francese, in Giovane critica n. 11, 1966), va riconosciuta anche questo merito fondamentale: essere stato egli il testimone migliore, perché prof ondamente partecipe pur senza avere i primissimi ruoli, e perché alieno da ogni atteggiamento esaltatorio o denigratorio, di questa storia. Non solo, dunque, con le Memorie, che restano comunque il sua miglior scritto, ma con tutta la sua opera, di corrispondente, polemista, storica, chroniqueur, come a volte si definiva, e politico. Opera ricca anche di romanzi e poesie, perché Serge era scrittore interessante, benché non eccelsa: le sue poesie e i suoi romanzi risentono di una scuola ottocentesca, ( nonostante l'infliissa di Pilnjak, di Das Passas) e spessa populistica, si che oggi è passibile rileggerli piu che altra per il loro contenuta storico, come altre testimonianze. Cosi è ad esempio per il sua Caso Toulaev, l'unico romanza - 61

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