giovane critica - n. 14 - inverno 1967

,, Lamento" di uno spettatore cinematografico Un lungo soggiorno fuori dell'Italia mi ha dato abitudini cinematografiche diverse. Parlo da spettatore, piu che da critico. 11 rientro è scioccante, le impressioni balorde. Come di chi, abituatosi ad una società di una certa istruzione, si ritrovi tra analfabeti. Come di un lettore, che, abituatosi a gustare i libri nella loro versione originale e ad avere amplissimi margini di scelta, sia per quanto riguarda i classici che per i contemporanei e le ulti. missime sortite, si ritrovi a dover scegliere tra insulsi fu. metti e pessime traduzioni di pochi e mediocri titoli. Con l'occhio presuntuoso dell'alfabeta, e se ne infastidisca chi vuole, mi limiterò ad indicare alcuni dati di fatto che l'abitudine impedisce di cogliere in tutta la loro madornale assurdità a chi non ha altri termini di paragone. Ripeto: parlo da spettatore esigente e non da critico. I critici, loro, si riforniscono da un festival all'altro di testi ed immagini nuove, e le retrospettive li mettono in grado - sia pure a sbalzi - di impadronirsi anche di una cultura passata. Che siano poi rari coloro che sanno approfittarne realmente, questo è un altro discorso. Non lo è invece che essi sentano cosi poco la necessità di parlare con interlocutori che abbiano una certa conoscenza 4di causa. Trascurando ( a volte: fregandosene) tutto il settore immenso della diffusione della loro cultura e delle loro conoscenze, sono condannati a raccontare e riferire, mai a discutere. Spesso se ne compiacciono, e in questo caso il loro atteggiamento è quello di una ristretta casta aristocratica le cui premesse destinano al fallimento ogni loro proposta culturale, ogni loro battaglia artistica, per forza di cose. Per chi invece sente il disagio di una situazione cosi stramba, e ne vede l'enormità, il fatto di avere la possibilità di vedere, lui, di sapere, non è minimamente $Oddisf acente: finché non si cambierà, sia pure parzialmente, questo stato di cose, egli non può non sentirsi disarmato e menomato, poiché non può sperare di avere alcuna seria influenza sull'evoluzione e le scelte di un pubblico, o anche dei nuovi autori che possano sorgere, dal suo settore piu giovane e cosciente. Non si tratta di additare responsabilità, di catonizzare veementi lanciandosi contro questo o contro quello. Si tratta appena di elencare quanto vi è di piu apparentemente normale, per mostrarne la sostanziale anormalità. Si tratta appena di ricordare che, oggi, coi quattrini della nuova legge sul cinema, con il centro sinistra, moltissime cose potrebbero essere fatte. Dover essere noi a dire alla socialdemocrazia italiana quali sono i suoi doveri e interessi minimi è di per sé costernante e paradossale, ed è un compito di cui ci si sobbarca molto a controvoglia, sgradevole, che ben po' ripugna. Ma poiché i soldi che essa amministra sono anche quelli del pubblico .meno beatamente cretino, che almeno questo pubblico si svegli ed esiga rendiconti precisi. Che non vi sia almeno piu chi, godendo dei mezzi e delle possibilità di agire di cui attualmente gode con l'ipocrisia incarnata e la falsa coscienza sistematica che gli sono congenite, continua a lagnarsi dei produttori e dei distributori, dell'ignoranza del pubblico e della sua sordità, del suo « cattivo gusto » e del suo rifugiarsi nel cinema considerandolo come puro divertimento consolatorio - tutte lamentele da epoche scelbiane, ma oggi anacronistiche. Se non si fa niente per stimolarlo e fa. vorirlo, l'« amore per il cinema » che si invidia, a parole, per esempio ai giovani francesi, non può certo ne-

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