giovane critica - n. 14 - inverno 1967

cui tono discendeva nel bozzetto realistico ( gli episodi dei singoli ritorni) o addirittura a quello della pochade: il risveglio notturno dei ministri inglese, francese e tedesco, per l'annuncio della Resurrezione, e le loro reazioni « tipiche », per cui il ministro francese non può dunque non essere a letto con una ballerinetta, il tedesco, oppresso da un'enorme moglie dominatrice, l'inglese impassibile con un ambiguo servo altrettanto impassibile accanto al letto ... Questi scompensi non sarebbero stati cosi gravi, nei limiti di una prima iniziativa, se il significato del testo non fosse cosi scoraggiante, per evidenti paure cli lanciarsi troppo presto nel terreno scoperto delle indicazioni rivoluzionarie o comunque provocatorie. E non manca di rilevarlo, in un coro di raro consenso, la stampa tutta. Per Pierre Veber 15 si tratta non di un'opera di propaganda co. me temuto, ma di « una allegoria filosofica sul tema: I mor• ti della grande guerra hanno dei diritti su di noi: hanno ottenuto questo riconoscimento? No». Ed è tutto qui. Per Robert Kemp 18 destra e sinistra non possono trovar nulla da ridire sulla tesi che i vivi, i rimasti, non sono degni dei morti, che oltretutto sono qui « solo mezzo-risuscitati >1, non protestano, non si agitano, accettano tranquillamente l'imposizione di tornare a morire. Per Gabriel Boissy 17 ccl'opera è forse rivoluzionaria, ma in un modo che met• terà sempre d'accordo tutti i Francesi di estrema destra o di estrema sinistra [ ... ) ». Per il distintissimo Emile Mas " che scrive su giornali ultraconservatori, è « una pièce leale, in cui le conseguenze della guerra sono presentate obbiettivamente con lodevole imparzialità [ ... ] in cui non vi è nulla che possa ferire i sentimenti piu delicati [ ... ] niente di sovversivo; anzi, si può rimproverare all'autore una certa indulgenza, e troppa discrezione nella satira del. le situazioni create dalla guerra e nelle loro conseguenze talvolta inevitabili ». Per Pierre Audiat 10 è anzi riportabile ad « uno spirito da ex-combattente internazionale ». Come dar torto dunque al critico dell'Humanité ••, che pur invitando i lavoratori a vedere lo spettacolo e a sot• tolineare lo spettacolo con applausi o fischi a seconda che siano di scena i politici-capitalisti, o i militari e i proletari, ha buon gioco ad affermare: « Il tema non ha nulla di comunista, diciamolo immediatamente. E' già molto se lo spettatore arriva a dubitare che la responsabilità della guerra sta sulle spalle del regime capitalista. E' l' · egoismo umano ' in generale a venir messo in causa, anche con un certo spirito 'ex-combattente'. Ci sono perfino, nelle scene della Società delle Nazioni, dei sedicenti rap• presentanti operai, che un partito rivoluzionario si terrebbe ben lontani [ ... ] ». Per paura di un inizio troppo duro, Moussinac ha dunque finito con accontentare la destra e scontentare la sinistra. Per un teatro che si voleva « rivoluzionario » l'equivoco è imperdonabile. Evitando lo scandalo, Moussi• nac ha evitato solo il male minore: questa curiosa messe di lodi non scevra di un 'ironia spesso assai dura, ha già il marchio, per un osservatore attento quale Moussinac non era, della fine dell'iniziativa - che. in quella situazione e in quegli anni, doveva essere travolgente o non essere, riuscire ad imporsi immediatamente ad un pubb)j. co nuovo e, magari salvaguardando per il << rispetto » del gran risultato che la critica borghese non aveva lesinato, ad esempio, a Piscator, ottenere un certo sostegno da parte del miglior pubblico intellettuale borghese, oppure vedersi destinata a vivacchiare in una ricerca di pubblico che, fino al 1936, risulterà parzialmente mitica. TI Treno blindato 14/69 di lvanov 21 , venne messo in scena a Mosca da Stanislavskij, al Teatro d'Arte, nel 1927. Il regista aveva chiesto a lvanov, scrittore autodidatto e confuso, ma allora pieno di una vitalità simpatica ed entusiasta ( il libro è del 1922), un adattamento teatrale del romanzo, onde poter avere un testo degno da mettere in scena per il decennale della Rivoluzione. La regia non fu probabilmente memorabile ( Ripellino nel suo Trucco e l'anima non la cita nemmeno), ma è probabile che sulla serie di animati bozzetti avventurosi offertigli dal testo Stanislavskij ricamasse con una certa freddezza, pronto a dare quel che ci attendeva: un grande spettacolo pieno di movimento e di botti, di declamazioni eroiche e di macchiette a tutto tondo. Simile in questo ad un azzardato western celebrativo, la versione teatrale del Treno blindato - 55

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