giovane critica - n. 14 - inverno 1967

un tentativo di visione storica della realtà di quegli anni, sia pure dietro gli esempi del passato o dietro allegorie non sempre riuscite. Ma si tratta ancora, con l'eccezione di Rolland su cui avremo modo di tornare ampiamente, di pretesti di assai fievole avanguardismo, che puntano su messaggi vaghi e indecisi. Le Demier Empereur, di Bloch, ad esempio, vuole essere la protesta dell'individuo, dello « umano », contro la massa e le sue opprimenti realtà. Il dittatore è insomma un idealista che vuol rappresentare « l'acciaio fine dell'individuo nello scontro con masse brutali, quelle degli interessi, quella della folla. L'urto di questo strumento leggero, cosi puro, contro quei rugosi ostacoli, un tentativo di rivincita attraverso l'amicizia e l'amore, e poi ( quando la morte ha colpito troppo vicino) attraverso la rinuncia e l'evasione, è questa la sostanza dell'opera » 1 • Quest'umanesimo floscio e di ambiguità estrema, non può certo essere considerato, nonostante la voga successiva di Bloch, uno dei bonzi della cultura del Fronte Popolare e fedelissimo alleato comunista, come qualcosa di nuovo o di rivoluzionario. I termini dell'impegno sono ancora evanescenti e si sfilacciano sfumanti in proteste che non sanno bene contro chi indirizzarsi: il militarismo, ma nelle vesti sempre troppo esclamative alla Barbusse; la piccola borghesia e i suoi malcostumi e i suoi pregiudizi; la società di massa. Tutte le denuncie la cui fiacchezza poteva spaventare nessuno. C'era stato, è vero, ancora un tentativo di inserimento e cambiamento nel mondo teatrale, da parte dei giovani autori raggruppati in una eterogenea e fittissima coorte come Equipée des Jeunes Auteurs, attraverso la quale Lenormand sperava di poter imporre un repertorio nuovo, grazie alla conquista di qualche posizione di potere. Ma quando i 23 soci iniziali divennero un centinaio, quando lo stato rifiutò il suo aiuto, quando le prime rappresentazioni vennero infine organizzate, auspice Jean Tedesco, al Vieux-Colombier, nel 1925, la scarna miseria del repertorio proposto dai giovani autori ( Stève Passeur, Gabriel Marcel, J. J. _Bernard, Roger-Marx) ad un pubblico che avrebbe forse perdonato anche la provocazione ma non la noia unita alla mancanza di originalità, dimostrò tutti i limiti dell'iniziativa, davvero corporativi, di lotta contro una generazone piu vecchia, per la conquista di posizioni di forza onde « farsi avanti » nel mondo teatrale, ma senza proposte autentiche di ricambio, e senza differire poi molto da quanto si voleva distruggere. Il teatro ufficiale, anzi, seppe giovarsi della esperienza per consolidare ancora meglio le sue forze e aprire le porte al nuovo solo con estreme cautele, condizionando altresi gli istinti piu sinceri di rivolta di certi giovani autori meno sprovvisti di talento 2 • Eppure, sono questi gli anni dei dadà e dei surrealisti, e seppure il loro intervento nel mondo del teatro - un mondo chiuso allora come sempre - non è stato diretto, con la sola grande eccezione di Artaud e con quella di Vitree, qualcosa di questa rivolta piu autentica e distruttiva sarebbe riuscita a filtrare anche nei giovani autori teatrali. A distanza, l'unica opera che rivela una certa influenza dei surrealisti, ma piu ancora quella del comune maestro Jarry e del geniale père Ubu, è Le Père Juillet di Moussinac e Paul Vaillant-Couturier '. Il futuro· direttore dell'Humanité e leader culturale del Pcf, morto appena in tempo perché la sua memoria fosse eccessivamente contaminata dai disastri staliniani, e certo piu ancora di lui Moussinac, si sono sbizzarriti in questo testo, tutto considerato lineare e preciso, in un grottesco omaggio ad Uhu che è anche un attacco aggressivo, sfrenato e festoso alla borghesia, rappresentata da una girandola di parenti J uillet, l'uno piu madornale dell'altro. In questa ridda di frasi fatte, di luoghi comuni, di battute idiote e di giochi di parole - in cui non è difficile intravvedere l'apporto del Mathusalem di Yvan Goll ( dato a Parigi nel 1924, mentre Père Juillet è del 1926) e insieme un'eco del Dizionario flaubertiano e un anticipo dell'assurdo joneschiano - nessuno è risparmiato: il prete e il generale, l'accademico e il finanziere, il giudice e la bigotta. Il disordine è portato dalla esplosione inattesa di odio della parente povera, il cui figlioletto Ultimo, alle buone proposte dei parenti, dichiara che da grande farà il beccamorto, al termine di un pranzo famigliare smodato che - 49

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