giovane critica - n. 14 - inverno 1967

politico sempre meno probabile, da questa chiusura nel cerchio stretto della condizione quotidiana, nell'uguale misura della guerra potevano uscire - virili o morbide - lr 'virtu necessarie' di Jahier, la rassegnazione umile alla ombra del potere, la ' semplice devozione della testa china ' di Stanghellini. Ma anche - indizio di scettica tranquilla estraneità - ciò che racconta Rossato. Sceso dalla trincea in paese, vede alti ufficiali e un prete uscir di chiesa: Cadorna, padre Semeria, si mormora attorno. Era il ringraziamento per la ' X0 vittoria '; vi avevao partecipato anche loro, ma non ne sapevan nulla. E un soldato: « Bene - dice - Ma sacrato lddio ! Queste vittorie non finiscono mai! » ( 177). Tuttavia, se non in senso positivo, idee sulla patria e la guerra, non mancano neanche tra i soldati. All'inizio de L'Elmo di Scipio, « Viva la Patria », si grida. « Al rombo del cannon », risponde uno che alza la gamba sconciamente cacciando un colposecco dalle brache infangate [ ... ] » ( Rossa lo, 14). Per la cronaca, il suddetto soldato non percorse sup'ino le :viti della ra.ssegnazione. Divenne carabiniere, ' aeroplano ', come dicevano i soldati, che li odiavano; e, facendo fare agli altri quella guerra che lui stesso non aveva voluto fare, esercitò il mestiere con intransigenza e senso del dovere. Soluzione individuale. C'era anche quella. In generale, è da vedere quanto e quanto a lungo ' bestemmie ' e ' capo chino ', atteggiamento rinunciatario e sfogo verbale velleitario poterono coesistere. 6 « Fanno di tutto per avvilirci e umiliarci; una • buca stretta senza potersi muovere, senza poter levare la testa ; il fuoco concepito come la razzia contro le cimici, nessuno sa quello che succede, e tutti stanno qui come se fossero stati creati sul posto ( ... ] Vogliono sopprimere col fuoco ogni elemento di pensiero, e ci riescono " (Alvaro, 134). «Trincee; luridi cunicoli, budella che erano sporche di sterco e di fango e che puzzavano di fradicio e, di cloruro di calcio buttato dai soldati dell'infermeria sopra i cumuli di cadaveri. Arrivava una granata da 305; e la trincea si spappolava; la terra si ricuciva, vivi v1 rimanevano sotterrati: ma, intanto che si aspettava di morire, si rosicchiava la galletta raccolta nelle tasche dei Cerili ; si beveva acqua putrida che scolava dalle alture ruscellando attraverso i morti in decomposizione ( ... ]" ( L. Bartolini, Il ritorno sul Carso, Milano, 1934, 58). Il senso d'irrimediabile passività che si prova stando qui ad aspettare i colpi del nemico, fiacca i nervi piu di qualunque fatica, piu d'ogni pericolo allo scoperto » ( Stuparich, 292). « Non potendoci ributtare e conoscendo le nostre condizioni disperate, vogliono abbrutirci [ ... ] siamo davanti all'immobilità, fino a quando vien l'ordine di andare all'attacco» (Salsa, 71). « Nella strage giornaliera, senza impeti, nella lotta sorda e sfibrante in cui si consuma irreparabilmente il nostro battaglione, sentiamo lo spirito agonizzare in una inesorabile, terribile, paurosa inerzia. I Comandi vogliono sapere qual'è il morale delle truppe e bisogna rispondere che è ottimo ed i soldati son qui, abbrutiti dal fango, rattrappiti dal freddo, stanchi di guazzare nell'acqua putrida e inquinata, smaniosi di distendere le ossa che sembrano marcire come tutte le cose intorno a noi " ( Muccini, 149). Voci di uomini assai diversi, per temperamento, convinzioni politico-militari, destino successivo: in tutti, anche nell'uomo di guerra Muccini, la sconsacrazione della bella gesta; la trincea come sordida, fangosa protagonista della realtà•; il logorio, lo sfinimento dei corpi e delle volontà; la distruzione dell'individualità, tema principe di Vent'anni, dolorante, demistificatrice risposta alle prefigurazioni degli egoisti 7 • Ma anche, nell'apparente dissoluzione di ogni energia, l'incubazione d'una latente necessità di violenza e di sfogo, che attende l'occasione per esplodere. « Ho osservato parecchi dei miei compagni, alle feritoie, stringere il fucile e puntare gli occhi, col desiderio, espresso nelle mani e sulla faccia come un furore, di poter tirare contro qualcuno che avanzi, d'uccidere, pur d'aver la sensazione d'agire, pur di liberarsi di questa tremenda passività forzosa » ( Stuparich, 292). Soluzione deviante? Non si può escluderlo. Anche - 33

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