giovane critica - n. 14 - inverno 1967

La Grande nei diari degli 1 Che la guerra sia stata imposta al paese da una • coalizione di forze minoritarie, è acquisizione storica che va sempre piu precisandosi a mano· a mano che vengono pubblicate le carte dei protagonisti. Data l'opposizione o l'incertezza di tanta parte degli istituti rappresentativi ai diversi livelli, gli interventisti garantirono la propria scelta presentandosi, agli altri e a se medesimi, come interpreti della piu profonda volontà popolare, tradita dagli organi della rappresentanza delegata 1 • « In quei giorni l'Italia aveva il popolo grande. S'era levato urlando e squassava i magli delle consuetudini infami. Miracolosamente vinse. Ma se non vinceva, bisognava uccidere» (F. Agnoletti, Dal gi.ardino all'Isonzo, Firenze, 1917, p. 66). In odio al neutralismo, i rappresentanti di due generazioni culturali che il 'popolo ' l'avevano o trascurato spregiosameote o 'illuminato', agitano la parola d'ordine dell'antitesi popolo/governo. « Giuro che questo popolo non è mai stato / rappresentato » ( P. J ahier, Con Claudel, in Poesie, 1964, 58). La cosa farà il suo corso, fino a diventare, durante e dopo la guerra, antitesi tra popolo e stato, coprendo a sinistra, in senso populiGuerra e L soldati ufficiali (1915 '17) sta, la scelta fascista dei ceti dominanti. « Noi siamo un popolo unico, ricco di forze magnifiche, popolo eletto oo111ostaote l'obliosità che ci mette nelle mani dei vili » ( F. Agnoletti, 55-6). Ora, se !'a-priori aotioperaio era un dato comune per la cultura d'anteguerra; silenziose, estranee, di fronte alla campagna interventista restano le enormi masse contadine; rare sono al di sotto di Roma le manifestazioni a favore dell'intervento 2 , comunque controllate da quell'apparato governativo in cui solo alla fine, e a volte solo strumentalmente, gli intellettuali poterono riconoscersi ; quasi sempre urbane e particolarmente diffuse nei ceti piccolo-borghesi, studenteschi e impiegatizi, quelle al Nord; l'esperienza concreta della trincea preparava delusioni, a chi, nonostante tutto, tra gli interventisti s'e.ra davvero illuso di parlare e di scegliere a nome di « questo popolo mulo ». Non tutti illudevano se stessi. C'era chi sceglieva - e sceglieva la guerra - maturando la propria scelta nella coscienza del dramma; pili angosciosamente Jahier, il compagno di strada del 'popolo che non sa perché va a morire'. « Non penso che al popolo; gli intellettuali sono convinti ; si batteranno contro la 27

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