nella medesima incapacità di afferrare il nesso prima sottolineato: la interazione tra contenuti e forme dell'azione politica. Il partito, nella attuale sua forma, non è piu la istituzione naturale di espressione e di coagulazione dell'antagonismo di classe; esso è però sempre un elemento di « rappresentanza » ( o di mistificazione della rappresentazione); e la prova è, nell'attuale accelerata svolta :t destra dei partiti operai, il rafforzamento della loro pratica autoritaria, cui si assiste. In tale situazione il discorso «spontaneista» ( si riconosce la imprecisione dell'aggettivo), quale ad esempio appare nelle recenti posizioni di Classe Operaia ( unificazione a sinistra), teoricamente ricavato dalle ultime analisi di Tronti in Operai e Capitale ( peraltro di alto livello) rischia di approdare alle stesse conclusioni dell'entrismo piu acritico, non percependo la reale mediazione-distorsione dell'antagonismo di classe che attualmente operano i partiti. Le conseguenze sono : 1) i partiti della s1mstra, da strumenti fondatori della coscienza antagonistica e gestori di tale antagonismo vanno trasformandosi in istituti di canalizzazione delle spinte di classe verso obbiettivi compatibili col funzionamento del sistema; 2) tale situazione, col sorgere e svilupparsi di fenomeni di opposizione politica ( non per sé quanto per la crisi di cui la loro esistenza è testimonianza) priva i partiti di sinistra della funzione esclusiva di mediazione e di filtrazione delle spinte eversive ( pur non annullando, come si è detto, la effettività della loro capacità di rappresentanza). Il discorso si sposta allora sul problema della organizzazione poiché i partiti divengono variabili dipendenti all'interno di una situazione piu ampia e complessa, la organizzazione del movimento di classe, che non è piu totalmente mediata dai partiti. Emerge di conseguenza la questione di fondo su cui deve misurarsi qualsiasi opposizione: come pensare e praticare l'organizzazione, partendo dal presupposto che i partiti di classe attualmente dati sono anch'essi. da ricomprendere tra gli strumenti oggettivamente in crisi. Può sembrare un paradosso sostenere la primarieta della organizzazione nel momento in cui si sottopone & critica radicale lo strumento-partito. Ma paradosso non è; piuttosto un altro motivo per rafforzare la consapevolezza della radicalità della crisi che stiamo attraversando. Ma non può essere altri meni i, se il rapporto tra teoria e organizzazione è un rapporto dialettico. D'altra parte le esperienze finora compiute, dentro e fuori i partiti, stanno a convalidare questa tesi; e non si può evitare di collegare la loro sterilità a un vizio di origine. Ogni modo di organizzazione operaia, per essere rivoluzionario, deve scaturire dalla comprensione scientifica del rapporto esistente tra classe operaia e società globale; anzi, l'unico modo è la articolazione di questa pratica sulla principale, o piu acuta, forma di conflittualità esistente, in un dato periodo storico, tra società capitalistica e classe operaia. Da qui derivano molte conseguenze; prima fra tutte l'esigenza di una conoscenza teorica della società e delle sue contraddizioni, in ogni fase determinata. Non si può riconoscere che lo stato attuale dell'analisi soddisfi questo requisito; non possediamo una teoria dell'imperialismo odierno. Per questa ragione non siamo in grado di proporre una organizzazione di lotta di classe veramente internazionalista; le cassette per il Vietnam sono il risultato di questa inadeguatezza. In una situazione di crisi politica nessuna risposta può essere soltanto teorica; deve essere « teorica per » qualcosa d'altro. Condizione soddisfatta da un 'analisi in cui il rapporto teoria-pratica è vincolante e nella quale l'attributo di utilità rivoluzionaria deriva automaticamente dal grado di scientificità dell'analisi stessa. Deve essere però qualcosa di piu: il rapporto teoria-prassi deve essere mantenuto non solo logicamente ma pure « cronologica• mente », come contemporaneità dei due momenti. Quindi, tra le scelte attualmente a disposizione, vanno rifiutate sia il rifugio nella teoria sia la pratica che, sotto le vesti dell'operazionismo, fa passare l'accettazione acritica dello stato delle cose e degli attuali strumenti. - 25
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