giovane critica - n. 14 - inverno 1967

capitalistica ( quel 'senso di classe' cosi diUicilc dn acquisire per J"uomo di sinistre di origine non proletario). cosi In malattia contribui potentemente a richiamare Leopardi sul rapporto uomo natura. li torto dei cattolici alla Tommaseo, dei positivisti a11a Sergi. de~li idealisti alla Croce non stn nell'aver affermato un rapporto tra · ,·ita strozzala' e pessimismo, ma nel non aver riconosciuto che re~pcricnza clella deformità e della malattia non rimase a[fotto in Leopardi un motivo di lamento individuale, un fatto privato e meramente biogrnrieo. e nemmeno un puro tema di poesia intimistica, ma di,•cnnc un formidabile strumento conoscitivo,,. • Dopo ciò che si è detto sulralta qualità della elaborazione di Timpanaro, non è possibile ipolizzare che l'ipercorrezione antiromantica in questione sia intenzionale: cioè generata da quello sciagurato equivoco « storicisla » secondo il quale è utile, per contrapporsi a un errore, elaborarne un altro opposto e simmelrico. e quindi supposto fecondo. s NATALINO SAPECNO. Compendio di storia della letteratura italiana. Firenze 1954. ••ol. III p. 79. • In Ritratto di /lfan:oni e altri saggi, Bari 1961, p. 138. 7 A dire il vero Timpanaro si pone il problema della collocazione di Stendbal, e lo la ( a pagina 5 dell'/nlrodu:ione) nei ter• mini seguenti: « Uno solo dei grandi rappresentanti della cultura europea poté dichiararsi romantico solo in quanto rivendicava )a attualità e la popolarità della letteratura, senza con ciò incrinare la propria fedeltà ai prediletti idéologu.es, senza rinunciare alla lucida razionalità e al sensismo: Stendhal. Anch'egli, è vero, va• gheggiò il Medioevo, ma il suo Medioevo, com'è noto. era l'epoca dell'' energia', delle forti passioni sensistieamente intese, non della religione ». Questo brano però dimostra solo una cosa: Timpanaro a,•verte la non concepibilità della personalità stendhaliana all·interno del suo schema, e quindi la pone come eccezione. A parte i molti r-ilie,•i che si possono fare in proposito, vorrei rilevare un vizio logico: com'è possibile ipotizzare uno Stendhal che praticamente è illuminista e romantico, se l'accoslamento Cra i due lcrmini è frutto di imprecisione? Per cui l'interrogativo rimane: se la distinzione fra le due categorie deve essere netta, in quale far rientrare lo scriuore francese? 1 Si ,•cela, fra gli altri esempi che si possono fare, l'intenerita ironia con cui è tratteggiato il Lenskij dell'Oneghin. E, per quanto riguarda Ja diffusa propensione romantica per i o: fattacci •• questo breve dialogo in u, donna di picche: « - Paul - gridò la contessa da dietro il paravento: - man• dami qualche romanzo nuovo, soltanto per favore non di quelli d'ora. - Che vuol dire, grarul'maman? - Cioè un romanzo dove il protagonista non strangoli né il padre, né la madre, e dove non ci siano annegati. Ho una paura tremenda degli annegati •· 18 - Impotenza ed estraniazione in Godard Pubblichiamo, perché ci sembra di notevole interes.!e, il ria.ssu11to. steso dallo stesso Autore, dell'intervento di Roberto Ciammanco al seminario dedicato a Codard dalla Biblioteca « Umberto /Jarbaro ». Sull'opera del cont.roverso regista francese pubblicheremo nel prossimo num.ero un lungo saggio di Pio Baldelli. Le nostre discussioni sono sempre viziate dallo spet• tro della distinzione tra forma e contenuto. Piu che di un criterio metodologico sul quale si potrebbe discutere accademicamente a non finire, si tratta di una delle so• lite scappatoie per « mettere a punto » quello che si vuole, per individuare centri, problemi fondamentali che oggettivamente non sono piu tali. Direi che questo pseudo-metodo è applicato anche all'opera di Godard che, grazie all'intercambiabilità di tutti i giudizi critici privati del loro contesto, vien fatta passare per una meditazione sui valori che, per definizio. ne, si indeboliscono e perdono i loro contorni ma re• stano sempre tali nella loro struttura e, soprattutto, nella loro destinazione. Nell'àmbito di una cultura quantitativa, tutta intessuta di prestigiose evasioni e di ricatti stilistico-formali, il concetto stesso di problema si deforma per diventare « quello che serve ad esorcizzare il bisogno di avere problemi ». La fase dell'evasione è già del tutto superata e siamo entrati in quella dell'identità: le strutture psico• logiche, come quelle sociali, non consentono nessuna « fu. ga verso l'altro » ma presuppongono l'inesistenza di qualsiasi alternativa vera. Di alternative finte la macchina dell'industria culturale e della burocrazia psicologica ne sa o(Erire infinite.

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