giovane critica - n. 11 - primavera 1966

I pugni in tasca Caro Mughioi, ho visto I pugm in tasca, di Marco Bellocchio. Non voglio parlarti però del film ( che mi ha fatto una grande impressione), ma soltanto delle mie reazioni immediate alla tragica storia di quella famiglia di provincia. Ma partiamo dal principio, dall'atmosfera natalizia entro la quale si situa la mia visione del film. I! centro di Milano era ingombro di gente « nuova » ( nel senso in cui Serge Mallet, in un saggio apparso su Problemi del socialismo, chiama « nuova » la classe ope• raia dell'era tecnologica). Mentre mi dirigevo al Ritz, davanti alla sala dove proiettavano l'ultima storia di J ames Bood, Tlmnderball, avevo notato un aHlusso allegro e feroce di « fanatici » dell'agente 007. Eppure, assistendo al film di Bellocchio, non ebbi l'impressione di uno « stacco », di una « regressione ». Tra la realtà cittadina e quell'altra realtà del film esisteva un nesso non troppo segreto: l'una e l'altra appartenevano alla fenomenologia del Sistema. In quella famiglia di ammalati - con un solo fratello « sano », ma pure lui degenerato moralmente, indirettamente - Bellocchio ha saputo cogliere alcuni tratti tipici, nell'assoluta individualizzazione, di una « condizione umana », di una famiglia in sfacelo io un angolo perduto di provincia. La madre cieca - un peso, un ingombro non soltanto economico - e quattro fratelli, di cui uno solo in possesso di una propria vita, indipendente dal « casino di sentimenti » familiari, ma pure legato da interessi vari alla famiglia, impossibilitato a staccarsene completamente, totalmente; all'estremo opposto un fratello demente che serve piu che altro di contorno, Leone. Al centro del dramma stanno Sandro, epilettico, lucido nella propria pazzia, conscio della propria e altrui degenerazione, e la sorella Giulia, un po' vuota t: infantile, stretta a lui in un equivoco, ambivalente sodalizio. Come ho detto non mi interessa qui - anche se mi tenterebbe fare una critica del film ( ricercare le ragioni dell'autenticità de / pugni in tasca rispetto all'ioauteoticità di Vaghe stelle dell'orsa, per esempio). For e Bellocchio ha caricato di mali una famiglia della media borghesia italiana, di stretta educazione cattolica, soltanto per simbolizzare ( fisicamente, immediatamente) la fine storica (la putrefazione) di tutto un mondo di valori. Anche se poi il suo [i(m è il meno ideologicamente compromesso che possa darsi. Non un solo filo di speranza, nessun spiraglio po itivo. Quel mondo finisce soltanto. Una spietata visione pessimistica, insomma, di un borghese, il quale dal mondo futuro comunista ( Marco Bellocchio è il fratello di Piergiorgio, il direttore di Quaderni piacentini) certo non aspetta « risarcimenti » dei dolori patiti in questo mondo ... ( Quasi secondo le indicazioni estetiche di un Alberto Asor Rosa.) Vorrei soffermarmi sul punto in cui Sandro ammazza la madre ( dopo aver pensato di « far fuori » tutta la famiglia, compreso se stesso, escluso il fratello sano, uscendo di strada con la macchina, io una visita collettiva al cimitero: da notare che guida senza patente - all'esame di guida è stato bocciato - e che il fratello gli ha aHidato egualmente la macchina, non del tutto « inconsciamente >l complice in quel piano, che Io stesso Sandro gli ha confidato tempo prima). Sandro esplica in ogni suo atteggiamento tutto un cerimoniale da nevrotico, che non sto a descrivere. Ammazza dunque la madre, facendola cadere da una scarpata. Ella è cieca, il figlio l'ha portata sull'orlo di un precipizio senza che lei Io sapesse, poi l'ha sospinta nel vuoto. La « liberazione » dalla madre (in senso economico ma anche psicologico) è sentita egualmente con gioia da tutti i fratelli, e tutti la hanno uccisa, anche se uno solo ha commesso materialmente l'omicidio. Mentre il cadavere è ancora io casa, io una stanza al piano superiore, sotto, in cucina, il fratello « normale » fa delle avances alla fidanzata. Sandro, sopra, fa sgombrare la camera della morta dai presenti, suore, donnette, ecc., e resta solo con la sorella. Qui con freddo, calcolato cinismo appoggia i piedi sulla bara, confessa a Giulia di essere stato lui a uccidere la madre, e la sorella non dimostra altra reazione che quella -5

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