a prcuo cli quel ,,iJenzio in cui negli ultimi anni si è chiu-o. La ~ua polemica con la Sicilia, e con mc quando ci incontr,\.11110. era piuttosto aspra. L"ultima \'Olta che ci siamo , i,ti mi ha detto che considcra\'a il mio stare 111 'ìicilia come una specie cli esibizionismo: tanto gli pareva incredibile la possibilità cli una \'ita intelligente, di una , ita co,cientc. dentro una realtà che immaginava prosciugata. definiti, amen te e di pcratamcntc rcfrallaria. E aggiunse che con la icilia ormai altro rapporto non senti, a che quello del ricordo cli certi odori e sapori: nessun sentimento, nes,una idea lo legavano piu alla sua terra. la il fallo che ne parlasse con tanto sdegno, e persino con di,prc1.. l0, era il segno cl!'! suo segreto attaccamento. Io sapc,·o che il suo sdegno era passione, amore. E lui sape, a che io sapevo; e pit1, dunque, se ne irritava. Questo metle, a nei nostri rapporti un che di falso, di imbarazzante. egli ultimi anni ci siamo perciò incontrati poche mite; e la nostra corrispondenza, prima frequente, si era quasi ciel tulio spenta, anche se la mia ammirazione, il mio affetto, restavano immutati. E credo che il suo sentimento e il suo giudizio nei miei riguardi, anche se con una punta cli insofferenza per la mia ostinata « sici, lianità » di vita e cli libri, fossero cli affetto e cli stima. Espressione della sua inconfessata passione per la Sicilia si cle\"Cconsiderare quel suo deciso, addirittura scandaloso in un paese dove il conformismo si respira anche a li,·ello degli intellettuali, rifiuto del Gattopardo: rifiuto che molti. senza capirne le ragioni vere e profonde, gli hanno rimproverato fino al discredito, ma che in effetti veniva non dal Vittorini « uomo di lettere » ma dall'uomo siciliano che nel Gattopardo intravedeva gli alibi cli una classe di cui, in sede sJorica, ben si conoscevano le colpe. In un certo senso, il rifiuto del Gattopardo è stato !"ultimo gesto del Vittorini protagonista. Protagonista, dico, di un periodo della nostra storia culturale che si può far partire dal 1940, anno della pubbljcazione di Conversa:ione in Sicilia, e che si svolge attraverso l'intensa stagione del traduttore e lettore di scrittori americani, della fondazione e direzione del Politecnico, della direzione 4della collana einaudiana dei « gettoni », della polemica con Toglialli sul Politecnico. Questa polemica, anzi, si può seL1Z'altro considerare come il fallo piti importante che la cultura italiana abbia vissuto dal dopoguerra ad oggi: e a tal punto che ancora, con brucianti effetti, se ne dibattono i termini dentro il partito comunista e fuori. Polemica che oppose il politico intellettuale all'intellettuale to11t court: cd è stato quest'ultimo ad avere, alla distanza, l'ultima e giusta parola. E coloro che, comunisti, oggi esprimono severo dissenso dalla condanna pronunciata a Mosca contro due scrittori, dovrebbero non parlare piu degli « errori » ciel Politecnico e riconoscere che veni 'anru fa Vittorini aveva avuto il coraggio di dire nettamente quelle cose che oggi ambiguamente loro cominciano a dire. In quanto al Vittorini narratore, credo converrebbe rileggerlo senza tener conto delle sue preferenze ed esclusioni. La sua avversione al Garofano rosso, per esempio, non potrà non apparire ingiusta: e forse questo libro, certamente meno ,e importante » di Conversazione in Sicilia, finirà con l'apparire il piti bello che Vittorini abbia scritto. Ma tutta la sua opera attende una piu precisa lettura e valutazione, specialmente da parte della generazione giovane, oggi tutta - in~picgabilmente - presa da Cesare Pavese. E credo che la profezia di Pavese, nel confronto tra la sua opera e quella cli Vittorini - ,e Io lo batterò nella durata » - appunto nella durata si rivelerà alquanto fallace. Leonardo Sciascia
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