sturba la linea politica del partito tocca l'accusa, secondo il repertorio staliniano, di estremismo, e via di questo passo, mossa dal politico che non verifica gli argomenti ma ingiunge, minaccia, irride, toglie la parola. Eppure, poste certe premesse ( la politica delle alleanze fra classe operaia e ceti medi, in cui la classe operaia si pone come rappresentanza degli interessi nazionali e garantisce la realizzazione di certe riforme senza discutere la questione del potere) derivano certe conseguenze in pratica e in teoria: la salvaguardia dell'equo profitto; la programmazione democratica; il cosiddetto appoggio critico al piano Pieraccini; la prospettiva di una nuova maggioranza parlamentare; la proposta del partito unico dei lavoratori dalla socialdemocrazia ai comunisti ; il grave rischio di ingabbiare i sindacati nella politica governativa dei redditi e della programmazione, ecc. E, dunque, derivano anche certe conseguenze di politica culturale, compresa la proposta dei Cln del teatro. Portiamo una prova di massimo rilievo: la posizione del movimento operaio di fronte al problema del teatro politico o teatro popolare. 10 Nella summa teatrale del numero de Il Contemporaneo citato non aggiungono niente, nel senso della politica culturale, i successivi interventi, pur pregevoli. G. Dc Bosio fa un discorso tecnico proponendo ammodernamenti funzionali, ma seoza rilievi di fondo. Nota il ritardo che ha il teatro italiano sulla stessa linea di inie• grazione neocapitalistica, e immagina che si tratti di una malattia d'infanzia: u penso e voglio sperare, una malattia d'assestamento ». B. Dort, di cui Rina$CÌta riporta uno stralcio della relazione tenuta a Firenze al convegno degli Stabili, fornisce una documentazione lucida della situazione del teatro francese; tuttavia, giunto alla stretta, fa un discorso un poco reticente, trasformando in « pericoli :o quanto ormai rappresenta la realtà del teatro francese, che quelld linea di integrazione ha portato lino in fondo. Solo G. Scabia (l'autore di Zip Lap Lip) argomenta energicamente: « Tutti sonno in quale modo i Teatri stabili sono condizionati: dal potere politico, dai linanziatori, dal pubblico degli abbonati, dalle scelte personali dei direttori. E tutti sanno che oggi i teatri stabili fanno da piloti della situazione teatrale. Il pericolo sta proprio nello loro potenza e nel loro condizionamento. Se non accettano proposte nuove, se si fermano alla routine dello spettacolo ben finito e godibile, senza entrare nei problemi contemporcanei, rischiano di tra formarsi in autentici centri di rallentamento e di reazione)). Purtuttavia la rivista evita di dar rilic, 10 a questi clementi, che non vengono messi a confronto e dibaltito diretto con gli altri discorsi, come sarebbe si alo necessario. 11 fa110 è che tale linea di politica culluralc ( il Cln dei teatri) si fa prendere con le mani nel sacco anche dagli avversari di classe, oppure si vede respingere, come un,ipotesi generica, dagli stessi a cui tende volcnlerosamcnte la mano. Da una parte il conservatore Raul Radice, il quale osserva: << Al mantenimento del teatro, in Italia, non prov,•ecle soltanto lo Stato. Pron•cdono, con una certa larghezza, i Comuni: e polrebbero domani prov,•cdcre le ar.uministrazioni provinciali; già in qualche luogo provvede la Regione. Il problema cosi si moltiplica. Non per nulla le sociclà liberali si erano sempre date pensiero di escludere lo Stato eia simili faccende. E magari avranno avuto torto. l\fa pretendere di accollare il teatro al potere e che poi il potere se ne slia in disparte, è una utopia. A una libertà di tal genere si oppongono tnille motivi. a cornineinrc dall,automatismo ( quello si reale) dclPautocensura. Con il potere, insomma, anche quando si tratti di un potere discretis• simo, sempre, in ogni caso, bisogna fare i conti (finanziari, e di altro genere)». Dall'altra parte, sul quolidiano di punta del cattolicesimo italiano, L'avvenire d'Italia. 24 ottobre '65, O. Bertani replicava giustamente: « E c'è la questione del Cln all'inlcrno dei teatri stabili. dove ogni voce deve poter trovare il suo suono. Io non vedo, poiché si tratta di parole io cui si crede, come un regista le possa onestamente pronunciare indifiercntemente. E se, in astratto, posso ideare un teatro cosi aperto e completo, duttile e sensibile, in concreto de, 10 esser certo che ciò che si porta avanti non possa trasformarsi in un annullamento di lince divisorie, e in uu pariteticismo non corrispondente alla realtà vera del Paese [. ..]. Una proposta come quella di Schacherl, come ossen•ava ancora Raimondi, ribadisce una situazione di vent'anni fa; favorirebbe una conservazione di temi e cli linguaggio, escluderebbe altre voci, muterebbe dislocazioni politiche, prima che culturali ». Al medesimo Convegno fiorentino, il relatore G. l\L Guglielmino av-vcrtiva la minaccia di una « riprivatizzazione » sul piano operativo degli istituti statali pubblici, i quali, in posizione di facile monopolio, ripelerebhero scherni e abusi dell'imprenditoria privata; e respingeva l'idea di un teatro tranquillo, con le sovvenzioni in funzione di tranquillanti. 5. Per un teatro popolare: per « tutti » o per « una parte »? Che vuol dire oggi teatro popolare? Intendiamoci sul termine. Noi stiamo attribuendo ormai a questa espressione troppi significati. Per alcuni teatro popolare significa: teatro in ambienti colossali, - 53
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