giovane critica - n. 11 - primavera 1966

pone, a -ul l'olitecnico una domanda che mettcv:i in crisi tulio il p.1-•alo. e che re,t:i ,·alida ancor oggi »••; si trntta dcll"a[fcr111a,io11e di Vittorini sul fatto della cultura come !!rande. unico sconfitto dcll:i guerra. e quindi della nccc--ilà di una cultura che protegga l'uomo e 11011 ,; li111i1ia consolarlo. Abbi:imo cercato, da parie nostra, d, porre in luce le debolezze profonde di quelle argo1m•111azioni che non :ipporla,·ano alcuna rottura e tanto meno ccmcltc,ano » in crisi tulio il pa00 ato. Invece Ferrarn. :-cr11a :,ofCerntar.:-:ia una disarnina critica, storici- •lica. accctla in blocco quelle propo,tc, dichiarando auzi che ccil cinema italiano sembra rispondere prontamente, ,pontancamcnle, a quc,1·appello u cito dalla Resistenza, alla nece--ità chiarificatrice che urgeva »41 : di questo pas- •o. non può non concludere che « il nuovo cinema [ ... l i.ca, alcando senza rc0idui il passato, /•• popolo, acqui- '-1:indo co,i. per un.intima for,a di rollura, !:i sua stupenda cccczion:ilità »": giudizio questo affollo insumc icnte. che accoglie in pieno lulla la mitologia resistenziale e di cui abbiamo già indicato il carallerc mistificante. In questi presupposti il Ferrara inserisce una sud ipotesi: del neorealismo come « studio di un vero mondu di re/a:ioni. L"uomo era stato visto fino ad allora da un lato olo. e il ,·olo lirico del poeta si era poggiato soprattutto sulla esteticità del suo battito. La guerra [ ... ] i ,alori morali che ne erano seguiti, escludevano che si potc- 0c continuare nello ste•so sc11 o: che si continua .! ad analizzare l"uomo dal suo pu11to interiore ( ... ]. Il neorealismo chiude definitivamente gli ultimi conati romantici. L"uomo nuovo si dovrà studiare come nucleo di relazioni vi,·enti, come un •centro' da cui si dipartono infinite radici. L'artista cli questa seconda metà di secolo andrà in cerca dei rapporti Ira uomo e uomo, tra uomo e ocietà, tra uomo e cose [ ... ] »". Al di là della perentorietà dei giudizi, e del tono irruento - ma un po' superficiale - che rivelano una sincera adesione del Ferrara alle sue tesi, va notata, anzitutto, una concezione ancora idealistica dell'arte e della cultura, che ci spiega bene il consenso del critico alle posizioni di Vit44 - . .,.. torini, e rassoluta insufficienza del quadro storico entro cui vengono situate le analisi e le prospellive. e cioè il Ferrara accoglie - come ci sembra evidente - la tensione morale e conoscitiva dell'antifascismo, la cccoralità >> delle ue esperienze, in cui si sentono profo11damente ),: relazioni tra l'uomo e l'altro uomo, manca in lui del tulio la consapevolezza dell'interclassismo antifascista quale equivoco portatore di questi valori, soggello alle concrclc e storicamente determinate contraddizioni di classe che proprio quella tensione morale finiva per nasco11dere: donde il suo carallcrc di disarmata, pur se genero a illu orietà. Le carenze dcll'a11alisi del Ferrara si manifestano evidenti proprio nelle sue pagine su Rossellini, il Tegisla che egli sembra amare di piu. Quel che vogliamo rile- \'arc è l'alleggiameolo del critico di fronte alla crisi del regista di Roma, città aperta: qui il Ferrara si ferma a delle semplici enunciazioni, che non spiegano nulla proprio perché non vogliono mettere io discussione già il Rossellini « grande », e, con lui, i valori determinati che rappresentavano il suo mondo e pressivo. Rossellini ha già conosciuto materialmente il mondo in cui vive: « adesso vuol gettare lo sguardo sul rapporto spirituale L...). Ma è un'illusione che lo porla all'abbandono, non SC' Cino a che punto iocon cio, della sua parte piu vitale e moderna, del • qualcosa ' che aveva fatto di Roma, città aperta il primo [ilm di una nuova stagione cinematografica: la conoscenza storica. Egli la respinge considerandola inutile, per un altro tipo di conoscenza [ ... ]: quella teologica >>; ecco cosi che la volontà di influenzare gli altri, presente nel primo Rossellini, cambia il senso: « la qualità del suo attivismo non sarà piu storica, ma solo teologica»". Ferrara continua l'esposizione delle ccmancanze », prendendo lo spunto dai due film A more ( 1948) e Stromboli ( 1950) giustamente ritenuti simbolici di una crisi: manca ormai il « palpito temporale », « la determinazione spaziale ed cinica », il paesaggio è ridotto a semplice « sfondo scenografico >>; in Stromboli i personaggi sono « vecchi, inventati io ogni [ibra, tutti costruiti su se stessi, privi di quelle re•

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==