giovane critica - n. 11 - primavera 1966

ta a tanta invisibile certezza collettiva »32 • È ancora il caso di notare che· se tutti questi elementi sono giustamente accentuati, ne è taciuta invece la contraddittoria complessità, l'articolata storicità? Molte notazioni del Rondi - " La Resistenza cosi ispirava al neorealismo, con la sua particolare moralità formatrice, il senso di una storia come partecipazione comune nella continuità della tensione e della responsabilità personale »; « la adesione [ dei neorealisti] alla vita, riscoperta in una vergine nitidezza e in un:1 cruda e pur dolcissima incombenza, era spontanea, senza programmi e senza orgogli volontaristici »33 - sono acute e accettabili, epperò sempre acritiche. E l'illusorietà dei suoi propositi - che erano dell'antifascismo - appare chiara quando avverte che quella partecipazione di ogni esistenza a una storia comune « era offerta a tutti, tutti potevano sentirsi necessari: il contadino accanto al signore [ ... ] non debbono essere solo i ' grandi fatti ' o l'emergenza a portare il contadino e il signore ad accorgersi che c'è una comune storia da costruire, un'azione comune a cui non mancare, distanze infinite da spezzare. Si trattava, si tratta, di rendere quella lezione una visione operante nella continuità della propria vita »". In questa prospettiva il pericolo dell'ontologia, dell'ipotesi dei termini, è sempre presente; purtroppo, anche quella forma di « storicismo etico » - già limitata di per se stessa - si perde quando egli afferma essere il neorealismo « l'espressione concreta e ' classicamente ' tragica della condizione umana nelle sue piu attuali proiezioni e prospettive storiche »53 ; e anch~ <' il cinema sulla solitudine umana, sulla distanza delle singole vite, separate da iudifferenza e da odio ( ... ] ( che ci dà) il senso di una mancata coerenza e vicinanza delle vite umane »30 : giudizi questi che condividiamo, convinti che quel cinema rappresenti la crisi dell'artista (dell'uomo) in una società borghese, il quale, sotto la spinta di un grande travaglio collettivo, la guerra, e di un profondo slancio morale, tenta di superare le contraddizioni di classe in una comunione d'amore, in una generosa - ma vaga e solo intuitiva - nostalgia-speranza di una unità perduta da ritrovare, di una « coerenza e vicinanza delle vite umane i, che, al presente, si sentono mancare. Ma, come sempre, Rondi non ci spiega, enuncia soltanto, e le sue conclusi on i, esplicitamente legate a una sorta di esistenzialismo spiritualistico, teorizzano e, cosi veramente, ideologizzano un« neorealismo oggettivo »: il giudizio che non parte da un sapere metafisico [ ... ] o da una norma ideale assoluta, ma pro petti va della realtà, s1t0 'senso' formatosi nella realtà stessa, questo giudizio si impone all'artista come norma dinamicd dello stesso sviluppo reale »; « è il risultato della rinuncia agli accostamenti pregiudiziali alla realtà r---1 una rinuncia al giudizio preconcetto [ ... 1 è - quasi come nel concetto heidcggeriano di 'verità' un 'lasciar essere l'essente per quell'essente che egli è' »37 • Dove l'elemento vitalistico, certo presente nel neorealismo come io tutta la cultura antifascista, è assunto da Rondi come indiscriminato, e incoucludente, metro di comprensione storica. Gli stessi limiti sono alla base del diligente libro di Giuseppe Ferrara, cui però sono aliene certe tentazioni troppo marcatamente teoretizzanti, dimostrandosi egli più attento allo svolgersi dei fatti, mostrati nella loro complessità. Il punto di partenza di Ferrara è che « la 'cultura '. l'episodio determinante del nostro cinema migliore è la Resistenza »'": giudizio esatto, che abbiamo piu volte ribadito. Ci lascia subito perplessi, tuttavia, la visuale per cui la Resistenza fu « una germinazione spontanea, un impeto di ribellione morale che sorgeva per attaccare e respingerll il passato ( ... ]. Di fronte allo scopo prefisso caddero tutte le barriere di classe e di partito, quasi come una fede unanime, superiore, fosse di guida [ ... ]. Fu un secondo Risorgimento i,; i martiri della Resistenza, le tragiche vicende della guerra partigiana sono « gli episodi che piu incidono nella formazione di una nuova coscienza nazionale. Ci fu riscatto immediato, spontaneo »": terminologia questa - abbiamo piu volte osservato - che fa propri sotto un segno positivo tutti gli equivoci e le illusioni dell'interclassismo antifascista. Ma il punto piu debole e inaccettabile della analisi di Ferrara è quello in cui enuncia il rapporto fra cultura dell'immediato dopoguerra e neorealismo. Egli assume, in sostanza, la posizione di Vittorm1 come emblematica di tutto il periodo, come quella piu giusta e nuova. « Elio Vittorini - dice il Ferrara - - 43

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