giovane critica - n. 11 - primavera 1966

a creare una società giusta, composta non di sudditi ma di « persone »." L'isolamento e la solitudine sono spezzati, r uomo riconosce nell'altro un compagno di sventure, lo vede partecipe della medesima moralità. I nemici: gli egoisti e gli ingiusti, saranno presto travolti da questa ondata di amore. Ecco allora come, complice l'equivoco antifascista, si attua il tentativo, da parte di tanti intellettuali, di supe• rare le proprie origini di classe ( egoismo, individualismo) io un contatto intuitivo con gli altri, nel segno dell'« amore » e della « fratellanza ». Insomma, si resta sempre oell'àmbito di una posizione borghese, che non viene messa io discussione come tale, ma solo nei suoi aspetti « peggiori ». Lo stesso discorso va fatto per ciò che riguarda lo impegno dei registi neorealisti, il loro incontro con la spinta popolare. Il limite di fondo è che il « popolo » è quello dell'antifascismo, entità etnografica, luogo di inveramento dei valori della cultura borghese, colta nei suoi aspetti piti tradizionali: la « pazienza », lo spirito di sacrificio, l'eterna speranza. Dal « popolo » veniva allora una conferma alla crisi sentimentale e alle illusorie e mitiche speranze dei nostri artisti, cosi come era stato supporto necessario alla fiducia progressista e ai programmi da New Dea! dell'antifascismo. Per questo ci attira - pur nella diversità del significato che viene ad assumere - b tesi che vede nel neorealismo una sorta di neo-romanticismo: « È un neoromanticismo alimentato dalle nuove esigenze della socialità - dice il Sansone - c perciò reca con sé, come ogni movimento ricco di fede e di impegno, l'eterno richiamo alla verità, il diniego dello individualismo e della solitudine, il rigetto dell'arte come privilegio di ceti, di categorie o di singole anime, un anelito nuovo alla sanità delle forme e degli ideali, una vampa di fede nell'ufficio della pur liberissima poesia e della letteratura »12 • A ciò aggiungeremmo la componente riformista-illuministica, nodale in tutto l'antifascismo, che si esprime nel filone cosiddetto di « denuncia »: « Occorre una grande audacia » scrive Lattuada nel 1945 : « Siamo stracciati? Mostriamo a tutti i nostri stracci. Siamo sconfitti? Guardiamo i no tri disastri. Quanto dobbiamo alla mafia? alla bigotteria ipocrita? al conformismo, all'irresponsabilità, alla cattiva educazione? Paghiamo tutti i nostri debiti con un feroce amore di onestà. Questa confessione illuminerà le nostre pazzesche virlti segrete, il nostro credere nella vita, la nostra superiore fraternità cristiana »". f: chiaro che quando si denuncia qualcosa, si presuppone sempre un ente, un potere neutrale cui ci si rivolge perché le malattie vengano sanate: si fa strada, insomma, una certa com•inzionc - dipendente da quella che vedeva nel fascismo solo « dittatura », « corrompimcnto dello Stato di diritto » - per cui i centri di potere sono « lo Stato », come organo amministrativo, e non invece nei luoghi di produzione economica: teoria questa tipicamente democratico-borghese 14 , che ebbe largo séguito nell'immediato dopoguerra, purtroppo, come abbiamo già visto, anche io gran parte del movimento operaio. « In questo senso è esatto dire che proprio nella misura in cui indicò quale responsabile lo Stato, il neorealismo lo riconobbe e gli si sottomise, usando un linguaggio niente affatto sovvertitore, ma profondamente legalitario: lo stesso di giuristi come Piero Calamandrei, come Leonardo Severi, come lo Jemolo di Italia tormentata; lo stesso delle pagine de Il ponte, che pubblicò in un editoriale dal titolo Questa società la storia di Caterina Rigoglioso, poi narrata da lei stessa nel breve film di Zavattioi e Maselli [ ... ]. La polemica antifascista, in altri termini, si illuse di avere uno sfondo piti ampio di quel che in realtà esistesse quando s'offri alla minoranza della borghesia l'opportunità di una libera manifestazione autocritica: da questa autocritica, da questo atteggiamento riflessivo e non aggressivo, e dalla non rinunciabile ten• siooe di un 'altra polemica, queUa laica, forma il moralismo come essenziale strumento logico del cinema neoreal ista » 15 • L'esigenza di fissare i termini storico-ideologici, entro i quali agisce il movimento neorealista, è un bisogno attuale di chiarezza: di chi, per anni, qùei termini ha sentito stravolti e mistificati. Fare questo discorso non - 37

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