giovane critica - n. 11 - primavera 1966

Non vogliamo celare la « specificità » del fatto cinematografico dietro ipotesi generali, ci rendiamo conto che va indagato il complesso sistema di relazioni che intercorrono tra concezioni del mondo e scelte stilistiche, proposte ideologiche comuni e personalità diverse dei singoli artisti. Ma alla condizione di intendere il neorealismo come un livello particolare, una regione « autonoma » di espressione di quel deteminato momento politico-culturale che sopra abbiamo delineato: siamo anche noi convinti che « una lettura 'dentro il testo', ossia una lettura ' stilistica ' dovrebbe condurre, se condotta con tutto il rigore [ ... ] ai medesimi risultati di una critica che parta 'dal di fuori' [ ... ] »'. Chi limita il discorso ad una analisi « interna » - nell'accezione pili ristretta - al fenomeno esaminato, finisce per non comprendere i motivi di fondo che lo hanno generato. È il caso, tra i tanti, di Franco Venturini, in un lungo e accurato articolo sulle << origini del neorealismo »2 • L'autore lamenta giustamente la carenza, nell'indagine critica sul neorealismo, di « un 'adeguata consapevolezza della natura propriamente storica del problema »; per tentare una definizione critica del neorealismo italiano, la carta pili probabile è quella di « un 'indagine condotta sul terreno della cronologia e volta a localizzare la genetica del fenomeno nella storia del cinema italiano »; è necessario quindi « individuare nella storia recente e remota del cinema italiano le radici del fenomeno e partendo da queste radici [ ... ] abbozzare la linea di sviluppo, la storia della tendenza neoralista. Assunto quindi strettamente storico ». A queste legittime proposizioni il seguito dello scritto non risponde e comprendiamo in quale senso riduttivo il Venturini usi il termine di « storia »: la sua analisi si limita ad esporre ( descrivere) una serie di ascendenze linguistiche o « culturali » che, insieme, concorrerebbero alla configurazione della tendenza neorealista. Questi momenti, secondo il critico sono: « la tradizione :regionalistica; il calligrafismo; l'influenza del realismo francese; Camerini e Blasetti ; Luchino Visconti ; il documentarismo ». Certamente vi sarà chi lamenta la mancanza, in questa rassegna, del cinema ( e della letteratura) americano, o di quello sovietico: ma ciò che colpisce, anzi tutto, è la debolezza d.i una impostazione « storicistica » che si ferma ad una superficiale constatazione, senza toccare minamente il centro, la sostanza dei problemi. Non saremo certo noi a negare l'importanza del naturalismo francese, ad es. in Visconti, o dell'esperienza documentaristica in Rosellini, o dei film di Eisenstein o Pudovkin nella maturazione iDtellettualc del gruppo di Cinema: ma se ci fermiamo qui, la DOStra conoscenza del neorealismo e dei singoli registi, DODprogredirà di un passo. Il problema è quello di comprendere che anche le scelte « stilistiche » riOettono non soltanto un « gusto », una particolare inclinazione sul piano del linguaggio, ma qualcosa di pili profondo: che è il rapporto etico ( pratico-operativo) che l'artista - come ogni uomo - instaura con la realtà, e che lo spinge a certe scelte « formali » - e non altre - per esprimersi adeguatamente. La medesima coDsiderazione va fatta ragionando sulla legittimità del termine « neorealismo »: la contestazione - come abbiamo già visto - nasce quando si neghi la possibilità di un movimento artistico unitario, e si proponga la monografia, argomentando sulla diversità dello stile, e degli esiti, di Rossellini rispetto a De Sica, o a Germi. Ora, se per rispondere ci limitassimo ad esporr<! i motivi che secondo noi rendono simili gli stili di quei registi, o li apparentano per un comune atteggiamento nei confronti del montaggio, rimarremmo sul piano del nostro interlocutore. Quando invece affermiamo che la unità e la possibilità del neorealismo dipendono dai suoi strettissimi legami con l'antifascismo e la Resistenza, è tutta un 'altra impostazione che proponiamo, convinti che ogni movimento culturale e/ o artistico, se richiede una qualifica unitaria, lo fa soltanto perché alla sua origine esiste un comune giudizio sulla realtà e perché, in modo implicito o esplicito, lega le sue proposte conoscitive l' poetiche ad una finalità ( mediazione) pratica. In questo contesto va chiarito il rapporto neorealismo-antifascismo, uno degli assunti della presente ricerca, avendo ben chiaro che la mediazione-/ inalità del neorealismo fu il movimento antifascista e che quindi la concretezza di - 33

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