giovane critica - n. 11 - primavera 1966

• a Anche il cinema italiano [. ..] dovrà sintomaticamentc abbandonare, insjcme oi temi, )'impeto dello sua denuncio .o. BRUNOSECRE e RAFFAELLOMATARAZZO,op. cit., p. 310. 1 MARIO SANSONE,op. cii., p. 521. • La genera:ione degli anni difficili, a cura di ALBERTONr, ANTONINI e PALMIERI, Bori 1962, p. 158. • MARIO SANSONE,op. cii., p. 519. 10 E. GARIN, op. cii., pp. 254,255. La considerazione della • nculrali1à • della cuhura sollo il fascismo è svoha dal Sansone, ed è alla base del libro di G. FERRARA, Il nuovo cinema italiano, dove si legge: « Crocc•Lolerzo, con Omodeo, Dc Ruggiero, Russo, cosliluivaoo un punto fermo, uno sicurez_;a di ideali in me::o al gran clamore e le inulili magniloquenze. La cultura era come se ignorasse il regime, e certamente lo avversava, proseguendo una si rada sua, anche se riparalo e un po' catacombale• ( p. 12). 11 E. GARIN, op. cit., p. 254. 12 ~I. ANTONINt, a: lnlroduzione • a La genera:ione ..., cii. p. 14. ., La genera:ione ..., cii., pp. 79,80. " In Politica e cultura, Torino 1955, p. 197. 15 Idem, p. 198. 11 Co$0 è stato il Politecnico, in Nuovi Arsomenti, n. 1, marzoaprile 1953, p. 19-l. 11 Ora riporlala in Cos'è staio il Politecnico, cii., p. 195. U E. GARIN, op. cit., p. 252. E ancora: • Solo nllraverso una effettiva 4 storicizzazione ' deHa cultura 4 fascista ' si potevo avviare un discorso nuovo, rigoroso, non moralistico e non divulgativo, non limitato o introdurre nuove nozioni senza cambiare )a s~- stanza [. .. ] » ( pp. 262,263). 19 BRUNO SECRE e R. MATARAZZO,op. cii., pp. 307,308. 2° FRANCO FORTINI, Precisa:ioni, in Jl eri/ica dei poteri, Mj. lano 1965, pp. 60,65. 3. Una cosa va immediatamente chiarita: non ci po• niamo di &onte alla Resistenza come osservatori disinteressati, per studiare e analizzare - sul tranquillo piano di una malintesa « autonomia » della ricerca storica - l'oggetto problematico. Il punto di partenza da cui scaturisce la nostra ricerca è l'esigenza di un esame dei rapporti che intercorrono &a l'antifascismo ( e il suo sbocco resistenziale) da una parte, e il movimento operaio, la prospettiva di una trasformazione in senso socialista della società, dall'altro. L'attualità di un discorso del genere: è evidente che un giudizio su quelle trascorse vicende è strettamente legato con le prospettive politiche attuali, tanto è vero che alcuni contrasti - e non di scarso peso - all'interno delle organizzazioni del movimento operaio, derivano proprio da un diverso giudizio sulla Resistenza, ovvero sulla possibilità di parlarne in termini di « attualità » o meno. Porsi quindi in un certo àmbito critico rispetto alla Resistenza è anche cercare e individuare una linea particolare nello sviluppo sociale del nostro Paese, una« discendenza » che ci sorregga, un « donde » su cui poter costruire. Ancora: tanto piu attuale è questa esigenza, quanto piu il neocapitalismo impone ( e, per altro verso, demistifica) tulla una serie di ripensamenti e di nuove considerazioni sul nostro passato antifascista 1 • Se guardiamo a come il momento resistenziale è entrato nella struttura politica della Repubblica italiana, possiamo indicare alcuni periodi diversi tra loro. Tra il '4,5 e il '48 la Resi lenza è l'elemento principale di quella spinta rinnovatrice di cui parlavamo nel punto precedente: base del nuovo Stato, punto di partenza di ogni programma e di ogni iniziativa. Dopo il 18 aprile '48 e l'involuzione della società italiana, mentre la ricostruzione del Paese viene apertamente af(idata alle forze piu conservatrici, la Resistenza è quasi messa al bando, diventa un segno di sovversione: si direbbe che, passata la « grande paura », In nostra borghesia voglia respingere da sé e rifiutare anche quel tanto di dinamica << progressista » e democratica che aveva espresso nell'antifascismo. Sulla vocazione conservatrice delJa borghesia, conseguente alla sua sostanza di classe, non c'era alcuna illusione: le sue scelte - quelle dei partiti che la rappresentavano - furono logiche. Tuttavia da parte dei partiti della sinistra, e del Pci in particolare, si cominciò a parlare di « tradimento » delJa Resistenza, e quindi ad assumersene tulli i valori, e la loro continuità. La Resistenza divenne cosi retaggio della sinistra, in ciò aiutata dalle posizioni della classe dominante che riflellevano il clima della « guerra facile ». Questo periodo è molto importante, perché dette l'illusione ( o la con/ erma) alla sinistra che le parole d'ordine, l'« ideologia » dell'antifascismo fossero cosa propria, appartenessero al patrimo- - 25

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