camcnte ben <lelimilnte. Si è vicppiti esteso l'influenza suUn bor. ghesia, sui professionisti, si è conquistato forse qualche commerciante in piia: mo sostanzialmente gli operai, i Jnvorotori sono estranei, ai margini di questo processo. Perché'? Perché nes.-,uno sforzo è stato compiuto di fronte o quel fatto di cultura che tra tulli dovrebbe essere il piti sociale, vole o dire il teatro. Il teatro si produce e si consuma solo in centro. E' un assurdo, nel momento stesso in cui si dichiara di cercare un nuovo pubblico. Il nuovo pubblico abita a Voltri, a Sestri, neUa peri.feria e neUe dclegozioni. Bisogna portare il teatro io quelle zone. E non ci si nasconda dietro l'argomentazione anodina che l'operaio si sposta per andare allo stadio, mentre per lo cultura non muove un posso. E' chiaro che esiste il peso di una tradiz.ione, di un'abitudine di vita, di condizionamenti, contro cui l'ope• ratore di cultura ba il compito di ballersi per rovesciarli: se poi gli operatori culturali agiscono all'interno di un teatro finanziato in mas• simo parte con denaro pubblico, il compito d.iventa un dovere ». I dirige.nti locali del partito si limitano a deplorare il si.lenzio del Duse ma non aggiungono verbo: anzi, confermano la vecch.ia parola d'ordine con l'intervento di Bosevi (che fa parte del Consiglio di amministrazione del Duse ). • Anche se pochi lumi vengono a siffatto politica culturale daUe interviste dai pezzi grossi, StrchJer e Squanina. Il primo indugia sul rapporto con Brecht. Ma non fa parola del monopolio da lui detenuto, tramite i.I Piccolo, del repertorio di Brecht. l::saminando l'opera di diciannove anni del Piccolo non troviamo che cinque opere di Brecht, mentre manca il gruppo che ha maggior forza di contesta. ziooe. Per ora il regista intende limitarsi alla lezioncina propedeutica del Messingkauf, e due riprese: quella di Mahagonny e quello del recital di poesia e canzoni con Milva. I grandi dramm.i sono ancora da venire, in un momento in cui comincia ad esser legitti.mo il dubbio, se, in ogni caso, servirebbero ancora a qualcosa, se non o fare un normale spettacolo, con un pizzico di non conformismo, sparso nel maremogno di Goldoni, Bertolazzi, ccc. Proseguendo con il ritmo seguito finora, per la rappresentazione di quelle opere dovranno passare decenni: vista l'esclusiva che ne ha, se Strehler decide di fermarsi due anni per « un ripensamento critico » (secondo quell'esoterismo con cui ricopre l'opera brechtiana), tutti in Italia devono ripensare con lui. Basta pulare di paternalismo? Insomma, la lezione di Brecht diventa valida solo in quanto fornisce i presupposti metodologici di una nuova drammaturgin che affronti con rigore i nuovi problemi storici delJn vita che ci sta intorno. Da parte sua, Squarzina fornisce una testimonianza preziosa, vissuta dall'interno, di integrazione al si. stema. Siccome lo Stabile è un ente pubblico e quindi bisogno tener conto di tutte le forze neUe scelte, se non gli permettono di fare Genet • vorrà dire soltanto che non posso fare Genet •· Ma • come •~golo e come ~•ponente· di categoria, penso che io e alcuni miei colleghi non staremo un minuto di piu in un teatro stabile se ci sentissimo vittime di una coercizione centra.le o anche d.i un diktat burocratico locale ». Ecco, occorre spiegare a Squanina che ci si integra in un sistema (addomesticando le strutture del servizio pubblico) anche senza In presenza di unn coercizione centrale o di un intervento d.ircllo della burocrazia locale. Capita che tale integrazione si adatti al ruolo di certi intclletluali. D'accordo: si tratta di con~ lidare la conquista del pubblico, di evitare che sia fallace e aleatoria come quando noi « rincorressimo i nostri sfizi personali ». Sfizi per. sonal.i? Si tratta cli ben altro che dare Genet o, anche. Emmeti! D'n.ltronde, che altro significa, se non uno sfizio personale, prodotto con il patronato del sistema, la presentazione di una drammaturgia stantio (diciamo pure: reazionario) come quello dota di recente al Politeama genovese con la regia di Squarzina e allestimento del Teatro stabile: la sgangherata teatralità di Arriva l'uomo del ghiacci-O di O'Neill? - 73
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