giovane critica - n. 10 - inverno 1966

uniformato ai bisogni e alla ideologia delle classi subalterne, un teatro che nella sua propaggine piii conseguente sarà rivolurionario. La comprensione di questo nesso e la partecipazione attiva al suo svolgimento sono un compito che tocca senza distinzione tutti gli intellettuali militanti nel teatro. A quelli poi che si muovono nell'àmbito del marxismo compete un ruolo di notevole responsabilità. Essi devono fare in modo che la classe operaia non perda questo autobus e che vi salga nel modo giusto. La classe operaia deve trovare qui il suo vantaggio, che è quello di capire e di costringere il pubblico borghese ad ascoltare quello che ad essa serve di capire ». Trovate qui in nuce la materia degli equivoci successivi: l'ipotesi di un centro-sinistra lacerato tra reazione e progresso; l'autobus degli Stabili come la stanza dei bottoni; le classi subalterne chiamate « a partecipare » per cambiare la sostanza del rapporto teatrale, « comunque si attui » la loro partecipazione. Ma come potrebbero cambiare la sostanza del rapporto teatrale, se tale partecipazione non si attua nell'unica direzione feconda, ossia nella contestazione? I dati reali precisano che la programmazione, la politica di piano, risponde ad un congegno organico del neocapitalismo e non ad una sua disfunzione o esistenza precaria. Il teatro rivoluzionario dovrebbe scaturire da tale mezzadria, nei quadri governati dai gruppi egemoni di potere? Niente vieta che la classe operaia salga su questo autobus ma, se non ha altri veicoli ( prospettive), invece che costringere il pubblico borghese, essa subisce la strumentalizzazione e l'offerta dei nuovi consumi. Si reclama, nell'articolo, una politica amministrativa « con una forte intuizione di piano » P la richiesta di congrue provvidenze governative, a Roma in particolare. Ma come pensare che questa rete di teatri grandi e piccoli gestita dal comune di Roma, ossia da una amministrazione reazionaria, offra alla classe operaia, e anche gratuitamente, quegli strumenti che dovrebbero costringere il pubblico borghese ad ascoltare quello che ad essa serve dì capire: ossia un teatro rivoluzionario? Altri passi avanti, in questa direzione, vengono compiuti nel convegno indetto dalla « Dante Alighieri » a Palazzo Fornese a Roma nel maggio 1964. Il Convegno si svolge nella richiesta di una improrogabile programm,- zione per il teatro ciel futuro. li cronista del quotidiano comunista, A. Lazzari, allacca l'antifona: « Il convegno si è svolto sollo il segno di questa parola, che ha suscitato in alcuni interventi perplessità e timori. Timori di dirigismo, di imposizioni dall'alto, nocive alla libera creatività. lo realtà nella concezione dei maggiori sostenitori Ji tale programmazione teatrale ( ne hanno parlato con serena fiducia e con chiaro impegno democratico sia Paolo Grassi, all'inizio del Convegno, in Campidoglio; sia Bruno Schacherl, alla seduta conclusiva), non v'è assolutamente nulla che autorizzi simili pessimistiche conclusioni. Programmazione, ma da tradurre in realtà con la piii larg.1 collaborazione nello spirito della piii aperta democrazia. Ecco: il convegno, nell'andamento delle sue discussioui, ha mostrato come nel mondo del teatro ci si possa anche comportare non come spesso avviene oggi, e cioè come in una giungla. Ha mostralo come sia possibile stabilire una piauaforma comune per arrivare ad un teatro nazionale italiano, vivo ovunque, al centro e alla periferia della nazione, senza isole privilegiate, ma con un tessuto connellivo che leghi unitariamente, in un tulio liberamente armonico, istituti e private iniziative ». Aria fritta concentrata nel vuoto: ma anche regolari deduzioni dalla politica delle alleanze eterogenee, delle conquiste democraticoborghesi come traguardo della classe operaia, della programmazione a cui manca solo la partecipazione degli oppositori per essere giusta, del dialogo inteso come abdicazione ideologica, dell'ignoranza di quanto si muove nella vita politica, economica e sociale promossa dal neocapitalismo e dal mutamento tecnologico applicato all'industria. L'idea puerile che nel mondo del teatro ci sia un terreno neutro dove i incontrano i galantuomini ... Tale politica culturale per il teatro viene messa a fuoco nel corso dell'anno 1965. Se ne incarica B. Schacherl che, al Seminario Teatrale organizzato dallo Studio di Arti Sceniche di A. Fersen ( maggio 1965), svolge una relazione: Il pubblico. Egli parte dall'idea che l'Italia sin Jn paese « ad nito potenziale democratico ». Specifica che co- - 69

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==