giovane critica - n. 10 - inverno 1966

ché, al di là dell'individuo o degli individui, la società italiana non ha maturato il rapporto cultura-organizzazione amministrativa, né quello tra ctùtura e città [ ... ]. Quando si pensa che Firenze, Venezia, Palermo, Bari, Foggia, Catunzaro, Reggio Calabria, Napoli non hanno ancora un'attività permanente degna 'di questo nome! Quando intere regioni come il Veneto, la Toscana, tutto il Centrosud, la Sardegna non hanno teatro, non si può che parlare di zona depressa. Bisogna provvedere con urgenza. Quanto è stato fatto io questi vent'anni è servito cli indicazione e di stimolo: ora bisogna passare alla creazione di strutture che investano l'intero territorio nazionale»'. 1 Diceva il poeta Aimé Césairc, intervistato dopo la rapprescn. tazione alla Fenice di Trngédie du roi Chri.tophe: « Quando dalla fase dcUo rivolta, della protesta, si è passati, dopo la seconda guerra mondiale, aJla Liberazione, sia pure lenta, contraddittoria, spesso guo. stata alle radici, alla costruzione di Stati nazionali in Africa e in altre ronc cx coloniali, ho sentito che solo il teatro può essere_ lo strumento idoneo a comunicare con le masse negre. Il cinema no: almeno per orn. Troppo costoso, difficile. Ci pensa, lei, a un cinema nazionale senegalese, per esempio? Ln televis.ione, no. Il teatro: ecco, credo, il compito del poeta negro cl.i oggi. Qui l'innesto con la tradizione (etnologia, folclore), è più immediato [ ... ) il teatro può contribuire a dare al mio popolo una storia. Andremo. dunque, in Africa. Dove, naturalmente, non esistono attori, registi, scenografi; non esistono, spesso, locali. Mo noi, con In nostra presenza, promuove. remo tutto ciò: almeno, ci sforzeremo di farlo [. .. ]. Bisogna andare per gradi; dopo l'eroe negativo Christophe, io penso a un altro grande personaggio dello mi1s razza, a un eroe positivo. Ma mi intenda bene: non positivo nel senso di certa lelleratu.ra di propaganda. Un eroe positi,•o in senso storico, al centro di una tragedia corale. Lei ovrà già capito chi è: Lumumbn n. 2 Una recente inchiesta condolta dal Cut di Bari, su dati forniti dal Ministero dell'Interno, rivela la seguente situazione dei teatri di proprietà comunale in Italia: teatri comunali esistenti: 461, di cui solo 4 adibiti a teatro, due a teatro e balli, 20 a teatro e varie, 4 o lirica e concerti, 84 o ciocma-teatro, 153 a cinema, 12 a sole da ballo, li a usi diversi (palestre, archivi, depositi), e beo 107 non agibili; 95 di questi teatri sono in capoluoghi di provincia; ma Avellino, Cagliari, Fro~inone, Latino, Matera, Nuoro e Brindisi non hanoo nessun teatro comunale né nel capoluogo né in tutta la provincia; e nei seguenti capoluoghi manco il teatro comunale o è ina• gibilc: Arezzo, Campobasso, Forli, Gorizia, ~lantova, ~lessina. Pescarn. Ragusa, Rovigo, Sondrio, Trapani, Trento, Udine. \'arcse (mancanti) e Agrigento, Alessandria, 1\ncona. Chieti. Como. Cosenza. Cuneo. Cc. 110\'a. Lecce, Livorno, Sassari, iraeusa (inagibili); infine negli altri capoluoghi, j irnnno trasformato il teatro comunale in cinema. e altri 16 lo destinano solo saltunriamcntc a spettacoli di pro..:a o lirica. Rimangono 33 capoluoghi e una trentina di centri minori che dispongono d.i un locale comunale adibito csclush·amcnte a teatro e una sctlantina di centri che hanno la possibilità di present.ire saltuoriamcntc degli spettacoli in locali comunali. 3 Sull'argomento, v. Pio 8 \I.DELLI, Cultura ,lrammatico e scuola. ne / problemi della pedagogia n. 2. marzo-aprile 1960. e gli ,\lii elci ]O Convegno di studio ccScuola e teatro n. indetto (opportunamente) dal Comune cli Modena. 9-10 mano 1963. 4 Del livello c1trnlilativo dei teatranti italiani. A. Arbasino traccio un CJlHUfroesalto (attori, regie. pro\ incialismo dei testi) in una intervisto a L"espresso (2 gennaio 1966). s Non meno se\1ero il bilancio della rivista ip<zrio (n. 222. ottobre 1964): << Mentre i teatri stabili non hanno accantonato l"ambizione cli diventare girevoli, le compagnie cli giro sognano sempre di metter rodici. Cli accordi di ~cambi tra gli Stabili permangono incompleti, complicali come sono da assurdi veli e da orgoglj di parte. In compenso, almeno quattro tra le maggiori commpagnic nominalmente cli giro ]imiteranno la loro allivitò alla sola piazza di Roma, evitando la piazza cli Milano e monopolizzando i pochi teatri della capilnlc tutt'ora agibili. a scapito dei gruppi dal giro piti regol.1re. E si dà il coso di un teatro slabilc che si fo 5emimpresario cli alcuni spettacoli di una compagnia privata. Un altro contributo. è O\'Vio. alla 4{utura organizzazione del teatro italiano',,. E cli rincalzo il Cut di Genova, toccando il nocciolo dello questione: « Se cultura lentraJo vuol dire vrincipolmente produz.ione e consumo di spettacoli. se auspichiamo per questa cultura uno struttura produttivo del tipo d.i quella dei serviri pubblici. e se in questo campo c'è un nesso cui. turale, come noi crediamo, tra produzione e d.istribuzione. allora pensiamo che.- non si possn affermar<" che In cultura teatrale degli attuali TenLri Stobili sia mjgliorc di quella degli altri l<'alri. Anzi. proprio per i compiti che gli Stabili devono s,•olgere, diremmo che in complesso essi sono largamente deficitari. In nitri termini, non è con la beUezza di Vita di Galileo che si dimostra la necessità dei teatri stabili o regionali, altrimenti si potrebbe opporre che con lo bellezza del Crogiuolo si dimo!lra ropportunitò di rendere di giro tulle le compagnie. l..AJ vita di Galileo significa uno pietra rniUarc per la regia italiana, ccc.; però non è vero che sin un'opera fonde. mentale per il teatro italiano. Lo spcltacolo è costato parecchie dc. cine di mi.lioni ed è stato rappresentato solo o Milano e o Roma per un numero di spettatori che, essendo ollimisti, si aggira sulle duecentomila persone: il che significa che in Italia su mille persone solo - 65

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