po' alle classificazioni d'uomini del nostro tempo. C'è solo una classe che manca, naturalmente, nella Marsigliese, ed è la classe operaia, che non esisteva ancora in quanto tale » ". Un film pagato dalla classe operaia, realizzato con il suo denaro ( quello della sottoscrizione e quello della CGT), interpretato gratuitamente da questa, e che pure non la prende in considerazione, per dedicarsi invece ad una descrizione appena sopportabile di un popolo visto secondo tutte le convenzioni « attuali » della cinematografia di quegli anni (" tra Clair e Pagno) », scrive ancora Chardère) e all'esaltazione del sentimento nazionale contro i pochi cattivi ( gli emigrati) tra i quali in fin dei conti non vanno classificati neanche i rappresentanti della Corte. E' verso costoro infatti che Renoir ha portato la sua attenzione con piu acutezza ed affelto: simpatici, il re cacciatore, quei nobili visti nei loro gesti quotidiani e spogliati dalla pompa delle cerimonie e dalla polvere dei libri di storia. In effetti i brani migliori del film sono proprio questi, per naturale tendenza di Renoir, come per effetto della impostazione ideologica di tutto il film. E in fondo, il « messaggio » del film è proprio in questa benevolenza nazionale, con rarissimi cattivi ( gli emigrati e Maria Antonietta, che però è austriaca) e con la geniale conclusione, facile da trarre, che in fondo in fondo ogni rivoluzione è frullo di una incomprensione, di un malinteso. Le « Internazionali » che riempivano La vie est à nous fino ad urtare gli spettatori non di sinistra, lasciano qui il posto alle insistenti Marsigliesi: il Partito Comunista, la cui influenza è fondamentale nel film, sia altra verso la CG T che attraverso gli stessi scenaristi e realizzatori ( c'è Le Chanois, e la sceneggiatura è stata discussa e ridiscussa con i dirigenti politici), intende presentarsi come un partito nazionale e patriottico, fedele alle tradizioni, aperto alle collaborazioni. Cosi ad esempio, quando uno dei marsigliesi dice che " non tutti i preti sono cattivi », è perché il Partito pratica il dialogo coi cattolici; o quando qualcuno dice « Vogliamo che i ministri patriottici vengano richiamati in carica », il pubblico intende Auriol; e quando si parla di a costo della vita », fatto salire a causa degli aristacratici, siamo di fronte ad una versione annacquata degli slogan sulle « grandi famiglie »... Attualizzare in questa direzione voleva dire edulcorare, castrare. E il film è la risultante di queste contraddizioni e cli questa politica: confuso, fiacco, incerto, bonario, a volte finanche insulso. Non ci soffermeremo sui pregi. che pure esistono ( singoli brani, singoli personaggi), ma che hanno un peso molto relativo nel risultato del film. Presentato in serata cli gala durante il capodanno 1938, di fronte a sette ministri, quindici ex-ministri, venticinque ambasciatori, e vari generali, accademici, segretari di partito, bel mondo, Lei Marsigliese rappresenta meglio di ogni altro film le debolezze e gli equivoci del Fronte Popolare e della politica elci PCF di quegli anni. Per Renoir, è un'esperienza importante e grave. Sinora le sue idee si sono trovate sulla stessa linea di quelle del Partito, e anche in questo film ha messo slancio e adesione sinceri. Ma con il disfacimento elci Fronte, e insomma col fallimento di quell'ideologia e di quella politica, la sua evoluzione seguirà un processo distante e parallelo, con una lucidità di analisi che lo porterà a La Règle, nella coscienza finalmente chiara di una situazione in sfacelo, e nella scelta di u a preciso mondo da descrivere, la borghesia, cui si sente collegato, cui sente di far parte, sia pure criticamente e senza compia. cenze. Le sue illusioni proletarie finiscono con La Marsigliese. Durante la preparazione di questo film, Renoir aveva dirello con molta maggiore sveltezza, La grande illusione, film celeberrimo e certo sopravvalutato a tulio svantaggio della Règle. Quest'opera è troppo nota, e troppo se ne è scritto, perché sia necessario ritornarci, se non per metterne in luce alcuni elementi indicativi del Renoir del '37 come delle ideologie di quell'anno. Anche qui, come nella Marsigliese, un certo unanimismo nazionale: i personaggi di Gahin, Fresnay e Dalio una comune impronta francese, ma sono contraddistinti da una diversa appartenenza di classe: egualmente simpatici, rappresentano il meglio delle rispettive classi. Anche se " la grande illusione » che intendono Renoir e Spaak è quella di - 53
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