giovane critica - n. 10 - inverno 1966

quando in periodo di elezioni il Fronte sembro avere qualche vaghissimo progetto di nazionalizzare il cinema, perché allora le tesi di Goebbds risultano controproducenti. Un 'altro caratteristica della produzione francese del tempo è rappresentata dalla grande massa di arti.;ti e tecnici emigrati. In questo campo, la scelta è chiara: si lasciano lavorare in tutta tranquillità i Siodmak, gli Ophuls, i Litvak, che non dànno alcun fastidio, mentre Pabst, Long, Weill, Brecht, Lorre, devono chiudere lo loro esperienza francese negativamente. Cfr. o questo proposito l'orticolo di J. PAPILLARD, La France aux Fra11çais, in Cinéma-Tographe (la rivista di Franju e Langlois), n. 2, giugno 1937, violento attacco contro questa politica. •• J. RENOIR, Le cinéma et /es 40 heure, - La production françai!e veut vivre, il ne /aut pas l'assa.ssin.er, in Regard$, 29 ottobre 1936. Le piu interessanti dichiarazioni di Renoir in quel periodo sono però contenute io un articolo mai citato, scritto su• bilo dopo la realizzazione de La vie est à now e pubblicato per insistenza di Jeanson su La Flèche ( 30 moggio 1936). Egli vede la situazione del cinema francese come una situazione di classe: « I registi di film sono figli di borghesi, portano in questa car• riera i problemi della loro classe decadente. Il pubblico delle sole di primo visione che decide molto spesso del successo iniziale del film, è anch'esso borghese. È solo dopo che esso ha sanzionato il successo di un film che le sale di quartiere si precipitano p~r averlo. Di mo,lo che il cinema, arte essenzialmente popolare, è fabbricato e diretto da gente che, lo vediamo di anno in anno, si allontana srmpre di piu dal popolo. li fossato che si scava tra la Parigi dei beaux quartiers e la Parigi che lavora, tra l'Etoile da una parte e la Bastiglia dall'altra, diventa ogni giorno piu profondo. Presto sarà insuperabile e la capitale della Francia sarà divisa in due città nemiche. Senzo pili attendere, occorre restitui• re il cinema francese al popolo francese. Bisogna strapparlo ai mercanti della regia, ai commercianti imbroglioni. alle vedettes artefatte 11. 7 Nel '36, o meglio nel periodo che va dalla pub- • blicazione del programma di rivendicazioni del « Rassemblement populaire » a gennaio fino alla decisione del non intervento in Spagna nel gennaio del '37 (la guerra civile è iniziata a metà luglio), le speranze sono accese, e l'ondata di entusiasmo è viva. E' questo l'anno dei progetti piu audaci, delle realizzazioni piu vaste, dell'adesione piu larga. Nel teatro, con l'intervento diretto dello Stato e dei Sindacati ( il primo piu ridotto) in favore del teatro popolare e la realizzazione del 14 juillet di Rolland a spese dello Stato; nel campo del tempo libero e degli sport con la diffusione dei campeggi, degli ostelli della gioventu, delle organizzazioni di « esploratori n, dei doposcuola, della aviazione popolare, ecc. Pierre Cot, Lagrange e Zay ( quest'ultimo finirà fucilato dai tedeschi) legano il loro nome a queste iniziative in ebollizione. Nel campo del cinema con una rete di film, importanti o minori, in cui comunque è avvertibile l'influsso del Fronte, oltre che con le attività cli Ciné-Liberté e l'intervento dello stato sul piano legale e, in minima misura, su quello stesso della produzione. E' l'anno in cui vengono condolli a termine o iniziati Jenny, La Belle Equipe, Les Bas-Fonds, La Grande llfosion, Guele d'a,. mour, Hélène, Golem, ecc. ecc. E' l'anno in cui si annuncia, mai realizzata, una superproduzione su Saure, con Harry Baur e Pierre Renoir. Tutte opere in cui la buona volontà dei critici del tempo vede ideologia frontista dappertullo. E' anche l'anno di Tempi Moderni, cli Furi.a e di Sono innocente (Lang) di La BU-Onaterra (Franklin), Redes (Zinnemann e Strand), Vita futura (Menzies e Wells), del Sentiero del Pino solitario (Hathaway), La moglie riconquistata (Cromwell), The black legion (Mayo), e cioè dell'ondata di {ilm progressisti che arriva dall' America del New Dea! e talvolta anche dall'Inghilterra••. Les Bas-fonds nasce, come la maggior parte dei film di Rcnoir, su un'occasione. Da buon« artigiano» quale egli si dichiara, Renoir è sempre staio sensibile agli interessi della produzione, e ha saputo scegliere nei vari momenti tra quelli presentatigli il progello piu adallo al suo temperamento, o su cui avrebbe potuto comunque portare una sua riflessione, dare un suo tono particolare. Rifiuta La belle équipe, perché ha già fatto M. Lange, e lo passa a Duvivier, che anche lui ha nel '36 qualche simpatia frontista dimostrata dal Golem, in cui l'entusiasta Sadoul vede - per il contenuto metaforico del soggetto - un film democratico e antidittatoriale. Per sé sceglie, tra le idee che gli lancia Kamenka, i Bas-fonds di Gorkij. Non è estranea alla scelta, di tulla evidenza, la sensazione che il film può dir qualcosa di immediato e presente, ed è questa, oltre alle ragio- - 45

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